di Jules Vallès, a cura di Enrico Zanette
Ricordiamo il 18 marzo, giorno del 1871 in cui cominciò la storia della Comune di Parigi. Per l’occasione il nostro amico e socio Enrico Zanette ha scelto e tradotto alcune pagine del romanzo di Jules Vallès, Le bachelier (1879-1881, secondo volume della trilogia a sfondo autobiografico completata da L’enfant e L’insurgé).
Voglio bene a quelli che soffrono, fa parte della mia natura, è così – e malgrado il mio modo di fare sanguigno e indolente, ricordo, penso, il mio cervello lavora. Leggo libri che parlano della miseria.
La fede politica, il fuoco repubblicano si sono impossessati di una buona parte del mio cuore. Siamo un nucleo di repubblicani avanzati. Non andiamo d’accordo su tutto, ma siamo tutti per la Rivoluzione. «93, IL PUNTO CULMINANTE DELLA STORIA; LA CONVENZIONE, CHE ILIADE; I NOSTRI PADRI, CHE GIGANTI!».
Quando dico che siamo d’accordo, intendo che abbiamo rischiato di venire alle mani più di una volta: un giorno ho dato a Robespierre del sorvegliante di collegio e a Jean-Jacques della pigna.
«Pigna» mi ha quasi messo contro tutto il gruppo. Mi passavano la pesantezza di Robespierre, pronti a ritornarci su e a discuterne più tardi, ma dare della pigna a Rousseau era veramente troppo. Cosa volevo dire? Quando si pronunciano certe parole bisogna spiegarle… Cosa significava dunque pigna? Eh santo Dio, non sono mica un medico, ma ho sempre sentito dare della pigna, anche da mia madre, a gente che non si comportava con franchezza e coraggio – che aveva un’aria ipocrita, falsa!
«Quindi, Jean-Jacques era un falso?». Me la sono cavata a fatica, ho dovuto fare le mie scuse e ritirare il mio pigna. L’ho fatto a malincuore, solo per fare pace. Non ride mai sto Rousseau, è manierato, lamentoso; scrive delle cose che non sembrano venire da dentro di sé; si rivolge ai Romani, come facevamo noi nelle versioni a scuola. Puzza di collegio. Una pigna, sì, è proprio così! Sto con Voltaire. Preferisco Voltaire a Rousseau.
«Voltaire?» grida Matoussaint. E mi tira in faccia i versi di Hugo: «quella scimmia di genio!»1. Lascio passare la bufera e mantengo la mia opinione, aggravando ulteriormente la situazione; il Voltaire che mi piace non è il Voltaire dei grandi libri, è il Voltaire dei racconti, è il Voltaire allegro, che dà un buffetto a Dio e sorride al diavolo mentre se ne va ironizzando su tutto…
«ALLORA SEI UNO SCETTICO??» Dice Matoussaint, scostandosi di due passi e incrociando le braccia mentre mi fissa negli occhi. Ho ritirato il pigna dato a Rousseau, incasso lo scettico.
«E tu pensi di essere un rivoluzionario!…»
«Io non penso di essere un bel niente. Penso solo che Rousseau mi annoia. E anche Voltaire, quando si mette a pontificare, e non mi piace venire annoiato; se per essere rivoluzionari prima di tutto ci si deve rompere, do le dimissioni. Mi sono rotto già abbastanza dai miei genitori».
«Quindi fai la rivoluzione per divertirti?» riprende Matoussaint, dando un’occhiata a tutto il gruppo, per mostrare come sono caduto in basso. Rimango senza parole e balbetto malamente qualche spiegazione. Il mio stesso imbarazzo mi salva. Matoussaint, che ha paura che alla fine io trovi qualcosa da obiettare, mi dice che si rende conto «che sono andato più lontano di quanto volessi, che non sono io quello che tratterebbe la Rivoluzione come uno scherzo e che porterebbe la bandiera dei nostri padri come un giocattolo…».
«Il problema, come vedi, è che hai la mania di contraddire che a volte ti prende, cazzo!». E se la ride con l’aria da vincitore magnanimo.
Molti credono che non provi entusiasmo per niente. Nessun entusiasmo! Ma che dite? Quando esce La Voix du peuple, vado tutto tremante a staccarla dalla cordicella a cui è appesa alle finestre dell’osteria; do il mio soldo e me ne vado via felice come se avessi appena comprato un fucile. Lo stile di Proudhon è incendiario, fa scintille come il sole attraverso le finestre, e mi sembra di vedere fiammeggiare tra le righe una baionetta.
Nessun entusiasmo? Ah! che si tiri su un pezzo di pavé e vedrete se non rispondo presente all’appello dei barricadieri, e se non vado schierarmi, muto e pallido, sotto la bandiera con scritto: Morire combattendo!
Nessun entusiasmo! Ma a volte mi chiedo se non sono invece proprio come un religioso al contrario, se non sono in realtà un fraticello della rivolta, un piccolo schiavo perinde ac cadaver2 della Rivoluzione.
Perché mi prende sempre questo brivido di fronte ai primi segni di rivolta? Perché questa sete di battaglia e persino questa sete di martirio? Subirei il supplizio e morirei come un eroe al ritornello della Marsigliese… All’hotel Lisbonne3 credono che io non abbia fede! Ce l’hanno con me perché non credo alle glorie del passato e ai libri. – Ho paura di crederci ancora troppo! Mi sembra che la mia passione si confonda con il romanticismo delle letture esaltanti che mostrano le insurrezioni piene di poesia e grandezza e che promettono ai cadaveri dei repubblicani un’orazione funebre scandita a colpi di cannone.
So veramente perché desidero la battaglia e a cosa porterà la vittoria? Non troppo. Ma sento profondamente che il mio posto è dalla parte di chi griderà: Viva la Repubblica democratica e sociale! Da quella parte ci saranno tutti i figli suppliziati ingiustamente dal padre, tutti gli alunni feriti dal loro maestro a colpi di umiliazioni, tutti gli insegnanti aggrediti dal preside, tutti gli affamati dalle ingiustizie!…
Noi, da questa parte. Dall’altra, quelli che vivono del passato, della tradizione, della routine, i Legnagna, i Turfin, i patentati, i grassi parassiti! Sono già abbastanza le cattiverie che ho visto, le stupidaggini a cui ho assistito, le tristezze che mi sono passate vicino, per sapere che il mondo è mal fatto, e glielo dirò, fin dal primo giorno, a colpi di fucile… Nessun entusiasmo per il comando, no! Ma la febbre per il bene e l’amore per la lotta!
Nota. Traduzione condotta su Jules Vallès, Le bachelier, édition de Jean-Louis Lalanne, préface de Michel Tournier, Gallimard, Paris 2008, pp. 75-79 (sono le prime pagine del cap. VI, La politique).
- È un verso del poema Regard jeté dans une mansarde, poi inserito nella raccolta Rayons et ombres, pubblicata nel 1840. [↩]
- Il celebre motto dei gesuiti. [↩]
- L’hotel Lisbonne è la locanda dove Vallès – ovvero la sua trasfigurazione letteraria Jacques Vingtras – e compagni abitavano, in stanzini ritagliati nella soffitta. [↩]