di Matteo Melchiorre
Concludiamo il nostro ciclo di strenne 2014-15 con il nostro amico Matteo Melchiorre che ci presenta un episodio tratto da una cronaca medievale bellunese: dove il diarista, Clemente Miari, fa un viaggio da Belluno a Venezia e a Padova, tra gli ultimi giorni del 1405 e i primi del 1406. Anche in questo caso, vista la lunghezza del saggio, ne presentiamo qui di seguito le prime pagine; per il testo integrale, cliccare qui.
Nota. Nell’ambito di un progetto di ricerca del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari e con l’appoggio e lo stimolo del Comitato per l’edizione delle fonti relative alla storia della Terraferma veneta, sto preparando l’edizione di una cronaca latina, nota come Chronicon bellunense e compilata da Clemente Miari, un canonico di Belluno, tra il 1383 e il 1412. Cogliendo l’invito di storiAmestre, ne propongo un episodio in certo modo “natalizio”; se non altro in termini di calendario. (m.m.)
1. Nel 1383, quando aveva poco più di vent’anni, un canonico della cattedrale di Belluno, di nome Clemente Miari, prese in mano un registro cartaceo che si trovava in casa propria. Vide che le prime dieci carte erano occupate da un inventario di terreni della sua famiglia, che le successive trenta, scritte solo in parte, riportavano le riscossioni effettive da quelle medesime terre e che tutte le altre carte, circa un centinaio, erano vuote.
Clemente Miari giudicò che quel registro ormai in disuso potesse fare al suo caso. Cominciò ad annotarvi, prima ritagliandosi lo spazio tra le riscossioni di orzo, galline, capretti, eccetera e poi più comodamente su intere facciate, alcuni episodi riguardanti la sua città, la sua famiglia e se stesso.
Man mano questa consuetudine con la scrittura si fece più frequente e le annotazioni divennero più lunghe, continuative e articolate. In tal modo, nel giro di quasi trent’anni, spingendo le sue registrazioni fino al 1412, Clemente Miari compose il Chronicon bellunense. È una scrittura di genere ibrido, nel quale si riscontrano non solo le caratteristiche della cronaca ma anche (e forse più) quelle del diario, delle ricordanze e delle memorie di famiglia1.
2. Clemente Miari era nato intorno al 1360. La sua era una famiglia in vista del patriziato bellunese, un ceto dirigente assai irrequieto e diviso in due fazioni, guelfi e ghibellini, più spesso in lotta che in pace tra loro. I Miari erano ghibellini, sebbene questo termine avesse perduto la vecchia connotazione (filo-imperiale) dei secoli precedenti.
A circa 20 anni, nel 1380, Clemente venne nominato canonico della cattedrale di Belluno. Era una posizione ben remunerata e prestigiosa in seno al mondo ecclesiastico locale. Tra il 1382 e il 1385, quindi, si trasferì a Padova, dove si laureò in diritto canonico. Compiuti gli studi tornò a Belluno, dove visse fino alla morte, avvenuta forse nel 14132.
3. Il Chronicon di Clemente Miari, in latino tardo trecentesco, è una fonte straordinaria per almeno tre ragioni. In primo luogo l’arco cronologico che esso copre, 1383-1412, corrisponde a una fase decisiva per la storia degli equilibri politici dell’Italia settentrionale. Nell’effervescenza politico-militare di quegli anni si susseguono nell’area veneta e prealpina il dominio di Leopoldo d’Austria (1383), del signore di Padova Francesco il Vecchio da Carrara (1386), del duca di Milano Gian Galeazzo Visconti (1388) e infine della Repubblica di Venezia (1404). Clemente Miari era molto attento a questi sviluppi politici, ma non si limitava a decifrarli attraverso quanto accadeva sotto ai suoi occhi, a Belluno. Cercava di informarsi anche su quanto avveniva altrove: nella vicina Feltre, a Treviso, a Padova, a Venezia, in Friuli, a Milano, a Pisa.
Il Chronicon bellunense, in secondo luogo, è una fonte non comune poiché il suo autore era un osservatore curioso e puntuale nonché persona dotata di un certo talento narrativo (sebbene rudimentale nella forma). Ciò si avverte in particolar modo quando Miari racconta il proprio orizzonte quotidiano. Ogni evento di Belluno, dal più piccolo al più grande, rientra nel suo sguardo: liti di piazza, fatti criminali, solennità religiose, matrimoni e funerali, incidenti, rivolgimenti climatici, cambi di dominio, diatribe tra ecclesiastici, abitudini collettive. La vita quotidiana in una città del medioevo, in breve, in queste pagine scorre copiosa e ricca, con una freschezza singolare.
Il fascino del Chronicon, in terzo luogo, sta in buona parte nel fatto che Clemente Miari parla molto di sé e della sua famiglia: viaggi, lutti, speranze, attriti familiari, aspettative personali, incontri, infortuni, incarichi ecclesiastici, superstizioni, letture, scelte di abbigliamento. In breve: il Chronicon è una fonte viva, rara nella sua incisività e capace di restituire con sorprendente forza, oltre agli episodi politici e alle vicissitudini collettive, la vita quotidiana di un uomo vissuto tra il XIV e il XV secolo.
4. In quanti modi si può leggere una cronaca medievale? Tantissimi, come sa chi le frequenti. Alcuni sono approcci strettamente filologici e altri più attenti alle questioni istituzionali, alcuni motivati da esigenze di storia locale e altri di storia comparata, alcuni basati su un criterio “sociologico” e altri su una chiave “antropologica”. Una cronaca come quella di Clemente Miari può essere accessibile in ciascuno di questi modi, e in altri ancora scientificamente ineccepibili.
Tuttavia, poiché Miari si muove continuamente tra il collettivo e l’individuale, tra il grande e il piccolo episodio, tra l’ordinario e lo straordinario, il lettore del Chronicon può essere indotto a farsi semplice spettatore, a seguire ben disposto non tanto il cronista, quanto il narratore. Vuol dire – la matita da commenti a margine lasciata nell’astuccio – calarsi in un “presente-passato” e muoversi in esso avendo quasi l’impressione di vederlo con gli occhi. Per il medioevo, le fonti in grado di consentire un simile e realistico contatto col quotidiano sono peraltro molto rare.
Può essere comprovato da vari esempi quanto Clemente Miari riesca a essere narrativo, pur “ingessato” com’è nella struttura ripetitiva di una cronaca-diario. Tra i molti possibili ve n’è uno capace di prendere per mano anche il più distaccato dei lettori. È quasi un racconto a sé stante, con un principio, uno sviluppo e una fine. Si tratta del resoconto di un viaggio invernale che portò Clemente Miari a Venezia (e a Padova) durante il Natale 1405-1406.
Pare che vi sia un buon racconto quando una vicenda individuale si trova a svolgersi in momenti topici della storia. In situazioni simili anche le vicende individuali s’intensificano. Molti grandi romanzi si giocano su questo (Il conte di Montecristo, I miserabili, Confessioni di un Italiano, Il mulino del Po, Cristo si è fermato a Eboli, I piccoli maestri, Il gattopardo…). Il Natale 1405-1406, per la storia della Terraferma veneta, era un momento più che topico. Clemente Miari, insomma, per redigere un buon racconto, si trovò nel posto giusto al momento giusto.
Per continuare a leggere, cliccare qui.
- L’edizione critica che sto preparando è basata sul testo autografo (che per decenni si è considerato perduto): Padova, Biblioteca del Seminario, ms. 627. Ne fece uso nel XVIII secolo Giambattista Verci nella sua Storia della Marca Trevigiana e Veronese. Una prima traduzione in italiano, nel 1841, venne realizzata dal canonico Matteo Miari. Fu tuttavia dopo gli elogi al testo dello storico bellunese Francesco Pellegrini, nel 1871, che il conte Damiano Miari ne commissionò una nuova traduzione a monsignor Giovanni De Donà, che la diede alle stampe nel 1873. [↩]
- Sulle date di vita e morte di Clemente Miari non ho ancora trovato indicazioni esplicite. Ricavo quelle riportate nel testo dal profilo di Miari compilato di recente da John E. Law per il Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 74, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2010 (disponibile online). [↩]
Franca dice
Grazie! Ancora una piacevole lettura, Franca.
Giannarosa Vivian dice
Mi stavo chiedendo quale regalo avrei ricevuto dalla Befana quest’anno… nessuna calza appesa al caminetto. Apro il computer, ed eccolo qui! Grazie.