di Pasquale De Curtis
L’amico Pasquale De Curtis ci ha scritto una lettera a proposito delle notizie di guerra questi ultimi giorni, accompagnata da tre brani tratti da un’intervista a Carlo Cassola del 1977. Pubblicandola, ricordiamo Cassola, di cui quest’anno cade il centenario della nascita, e pensiamo agli auguri che in questi giorni vengono scambiati in tanta parte dell’Europa e del mondo. Ci associamo a questo rito augurando che una volta tanto a primavera i re non vadano alla guerra, e che noi sudditi sappiamo impedirlo.
Cari di storiAmestre,
commentando le notizie di questi giorni quasi tutti ricordano la guerra fredda, i primi anni dell’«era atomica», anche i missili di Cuba… Per prima cosa, a me sono venuti in mente le voci di quelli che Marco Toscano, sul vostro sito, indicava come autori e autrici di «avvisi per i posteri» dopo il massacro della prima guerra mondiale.
Non si riesce a capire se viviamo nel 2017 o nel 1917, quando nessuno era in grado di prevedere quando la guerra sarebbe finita: quando tutti sarebbero stati sazi di sangue? Un anno dopo i combattimenti cessarono e tutti gli Stati si accordarono per decidere chi avesse vinto e chi avesse perso, senza rendersi conto che alla fine aveva vinto la Guerra e che i tabù, come l’uso del gas e l’uccisione di civili in Europa (nelle guerre coloniali non erano mai stati considerati tali), una volta infranti non si ricostituiscono se non a prezzo di un’autoeducazione che non ci fu, tra gli altri motivi anche per come il grande massacro venne ricordato e celebrato fino a oggi.
In questi giorni si legge di una “superbomba”, anzi della “madre di tutte le bombe”, di cui vengono decantate le proprietà come nelle etichette negli scaffali di un supermercato (peso di 9.800 chili, “capace di sprigionare fino a 11 tonnellate di esplosivo e di distruggere tutto nel raggio di centinaia di metri”), e viene da domandarsi se queste cose non siano state scritte nel 1917, al colmo di un’idolatria per il gigantismo tecnologico e di un fascino per gli effetti spaventosi di armi distruttive come non mai nella storia.
Sarà che il 1917 è l’anno di nascita di Carlo Cassola, leggendo queste notizie mi sono poi venuti in mente i pezzi da lui scritti negli ultimi anni di vita, quando non si stancò di ripetere che il 6 agosto 1945 con la prima bomba atomica era iniziata una nuova era nella Storia davanti alle quali Giustizia e Libertà (le parole che amava) non avevano più senso davanti al pericolo che la tecnologia ponesse fine all’Umanità. Non era il primo a protestare. Lui stesso ricorda che nel 1955 Einstein e Bertrand Russell avevano scritto nel loro celebre appello: “O l’umanità distruggerà gli armamenti, o gli armamenti distruggeranno l’umanità”.
Quando Cassola scriveva, il mondo era diviso in due blocchi dominati da Stati Uniti e Unione Sovietica; oggi la situazione è diversa, ma da allora questo monito non cessa di essere attuale visto che gli arsenali non hanno fatto altro che crescere.
Salutandovi, allego tre brani da un’intervista che Cassola rilasciò nel 1977.
Pasquale De Curtis
Gli armamenti vanno distrutti tutti, di Carlo Cassola
Leggo sul giornale che un pezzo grosso cinese ha detto che la guerra tra le due superpotenze è inevitabile, e che pertanto la Cina si deve preparare alla guerra. Prepararsi a che cosa? All’idea di essere sterminata? Giacché nessuno in Cina sfuggirebbe al suo destino se davvero scoppiasse la guerra tra le due superpotenze. La guerra tra le due superpotenze vorrebbe dire la fine del mondo, e anche la Cina fa parte del mondo. Il giornale dava la notizia come se quel pezzo grosso cinese avesse fatto una previsione assolutamente innocua, che so, su chi avrebbe vinto i 110 metri a ostacoli nelle prossime Olimpiadi del 1980. Non si dicevano le cose a cui ho accennato io, cioè che quel pezzo grosso cinese mancava totalmente di logica: la conclusione faceva infatti a pugni con la premessa.
E non si diceva che anche la Cina, essendo uno Stato sovrano armato, contribuisce ad accrescere la tensione nel mondo. Giacché questo è il punto: che la pace la si può assicurare in un modo solo, abbattendo le frontiere e distruggendo gli armamenti; non facendo avanzare il socialismo o la libertà…
Il socialismo e la libertà sono cose bellissime, io stesso ho fatto parte di Giustizia e Libertà, e continuo considerare Carlo Rosselli l’uomo più intelligente dell’antifascismo; ho anche fatto parte di Unità Popolare, che [Antonio] Greppi voleva ribattezzare proprio Socialismo e Libertà; tuttavia il socialismo e la libertà non sono la cosa più importante. Il socialismo non potrà affermarsi se prima non si distruggono gli Stati sovrani armati, giacché proprio gli armamenti sono la causa principale della miseria (come un tempo capiva qualsiasi militante del movimento operaio); e se venisse la fine del mondo, la libertà andrebbe a farsi benedire come qualsiasi altro ideale umano.
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Gli armamenti vanno distrutti tutti, compresi i temperini. È vero che ad assicurare la fine del mondo sono solo gli armamenti nucleari; gli altri, quelli convenzionali, possono tutt’al più assicurare la ripetizione degli orrori delle due guerre mondiali. Era certo alla bomba H che pensavano Einstein e Bertrand Russell quando nel 1955 proclamarono insieme: “O l’umanità distruggerà gli armamenti, o gli armamenti distruggeranno l’umanità”.
Tuttavia è per lo meno dal 1945 che è emersa chiara, per chiunque voglia usare il cervello, la necessità assoluta di cambiare strada. A causa di un fatto nuovo, la prima bomba atomica, e di due lezioni della storia, che avrebbero dovuto essere chiare a tutti e che non sono state chiare a nessuno:
1. Gli armamenti sono la causa principale (non la sola) della miseria, in tutto il mondo. Finché ogni Paese userà una parte considerevole delle proprie riserve per armarsi, il progresso sociale resterà una chimera. […]
2. Gli apprestamenti difensivi in tempo di pace sono inutili, in tutti i Paesi del mondo meno due [Urss e Usa, NdR]. In quei due sono ugualmente da abolire, altrimenti la fine del mondo è sicura. Ho già accennato alla cosa, e quindi non mi ripeto. Vorrei solo aggiungere un’osservazione. Una sostenitrice del disarmo unilaterale mi ha scritto che gli argomenti contro la tesi della impossibilità della difesa le sembrano secondari. Invece no: sono il nerbo del discorso principale. Il militarismo infatti non si fonda sula difesa del principio di aggressione, ma sulla difesa del principio di difesa. È questo che va sradicato […], giacché è su questo che poggia l’edificio di menzogne chiamate militarismo. Bisogna dire che in tutti i Paesi del mondo meno due i ministeri della Difesa dovrebbe chiamarsi ministeri dei quattrini buttati via; e che in America e in Russia dovrebbero chiamarsi ministeri dell’Aggressione.
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Dico: dal punto di vista della libertà le cose possono certamente peggiorare. Può tornare addirittura il fascismo. Ma dal punto di vista della pace, che è di gran lunga il più importante per ricapitolare gli avvenimenti, il peggio è già avvenuto. L’Italia è oggi nemica della pace come lo era ieri, sotto il fascismo, o ieri l’altro, sotto la monarchia liberale. È nemica della pace per il solo fatti che è uno Stato sovrano armato. Insieme con tutti gli altri Stati sovrani del mondo, assicura la miseria e garantisce la fine del mondo a breve scadenza. Mentre se attuasse il disarmo unilaterale e si dichiarasse pronta a rinunciare alla sovranità per federarsi coi vicini, assicurerebbe la sopravvivenza del mondo ed eliminerebbe la miseria. Si acquisterebbe quindi un merito storico incomparabile.
Da: Carlo Cassola: letteratura e disarmo, intervista e testi a cura di Domenico Tarizzo, Mondadori, Milano 1978, pp. 32-33, 29-30, 34-35.