di Monica Coin, a cura di Maria Giovanna Lazzarin
Due socie di storiAmestre – una da tempo nell’associazione, l’altra fresca di iscrizione – si ritrovano al parco Hayez in un giorno di fine estate. Maria Giovanna Lazzarin fa qualche domanda a Monica Coin, immaginando quale futuro potrà avere Mestre, alla luce delle ultime decisioni del sindaco e della giunta comunale in carica. “Hub” e “terminal” al posto di parchi e ambienti naturali; “water-front” e “overturismo”; logistica e lavoro precario; una idea “maschile” della città da scongiurare con una idea “femminile”: la “città della cura”.
Domenica 29 agosto 2021 passando in bici per Mestre intravedo un titolo civetta della Nuova Venezia sui due “Hub” di San Giuliano. Volendo capire meglio, compro sia la Nuova che il Gazzettino di Venezia e, leggendoli, noto alcune differenze.
La Nuova ha in prima pagina, neretto grande: Nuovo terminal per turisti rivoluzione a San Giuliano; dedica l’intera prima pagina di Mestre a questo argomento con uno specchietto sull’attuale traffico passeggeri per Venezia e l’alleggerimento previsto dal nuovo progetto comunale, e due articoli – uno generale, l’altro con le critiche dell’opposizione – sui due Hub: san Giuliano Nord e san Giuliano Sud (cioè i Pili, sui terreni della società Porta di Venezia, parte del trust di Brugnaro).
Il Gazzettino non mette nulla in prima pagina e a p. XII in basso a sinistra lancia un titolo e sottotitolo che sembrano dar spazio alle opposizioni: San Giuliano soffocata da pullman e granturismo. PD e centrosinistra chiedono al Comune di ritirare il progetto di terminal terra-acqua. Ma l’articolo inizia con una frase mitica: “Il Comune passa dalle idee ai fatti”. E presentando le critiche al progetto disegna un’opposizione interessata a mantenere l’integrità del parco, quasi a voler dire: la solita opposizione ambientalista, di fronte a un Comune che sta affrontando con proposte concrete i quotidiani disagi dei cittadini. O forse è solo una mia interpretazione.
Colpiscono anche i non detti: solo la Nuova, presentando il progetto San Giuliano Sud, precisa che sorgerà sui terreni del trust di Brugnaro e che lo scambio acqueo verrà svolto da mezzi privati.
Ho pensato di parlarne con Monica Coin, una nuova socia di storiAmestre, la cui famiglia è mestrina da più generazioni. Monica è impegnata nel comitato ex Ospedale Umberto I, che chiede al Comune di trasformare l’area del dismesso ospedale nel cuore di una “Mestre verde”, dando funzioni sociali ai padiglioni storici rimasti1.
Ci incontriamo al parco Hayez di Mestre-Cipressina venerdì 3 settembre 2021.
Monica, come vedi il progetto di due nuovi nodi di interscambio tra terraferma e Venezia? E su quale documentazione ti basi? Perché io ho letto solo due articoli.
Non ho delle fonti dirette, mi baso sugli articoli di giornale che si sono susseguiti e cerco di vedere unitariamente i singoli progetti. Dagli articoli di giornale, dall’interrogazione del PD che riporta le delibere, per me questi progetti, San Giuliano Nord, San Giuliano Sud, cioè i Pili con i relativi conflitti di interesse, attività speculative, interessi privati, stanno facendo di Mestre e della terraferma l’Hub di Venezia in maniera definitiva.
La città viene vista, sono le stesse parole di Brugnaro, come “water-front” di Venezia. Questo sia dal punto di vista immobiliare – pensiamo al progetto di torre in viale san Marco sovradimensionata per far vedere Venezia da Mestre – sia per quanto riguarda questi nuovi nodi turistici che non rispettano il disegno risarcitorio della città voluto col parco di San Giuliano, uno dei migliori progetti europei della fine del secolo scorso, realizzato nel nuovo millennio2.
Invece di finire il progetto e restituire il verde ai cittadini, lo si viene a limitare, sovrapponendo delle attività economiche incompatibili con la sua funzione.
Non solo. Si sottovaluta l’equilibrio morfologico della laguna nord. Se ne parla per le grandi navi, ma la laguna è un unicum e la laguna nord è l’unico tratto di gronda lagunare non antropizzata rispetto al versante sud di Porto Marghera, che è stato non solo antropizzato, ma devastato da attività industriali sicuramente non adatte al luogo.
Oggi, con le conoscenze che abbiamo, non dovrebbe essere permessa una cosa del genere. L’unico tratto naturale, non antropizzato viene asservito agli interessi economici attuali.
Quando nel 1917 il terreno dei Bottenighi è stato espropriato al Comune di Mestre da parte del conte Giuseppe Volpi, per, di fatto, regalarlo agli industriali, c’era un piano industriale in cui un bene pubblico, un territorio è stato donato e reso funzionale a un’attività economica che era preponderante rispetto agli interessi dei cittadini ed è nata Porto Marghera3. Oggi parallelamente, un altro pezzo di gronda lagunare viene sacrificato alla nuova industria, che non è più il polo chimico, ma quello del turismo. Sempre a scapito dei cittadini, sempre a scapito dell’equilibrio ambientale.
La storia si ripete e la fragilità della città di Mestre sta in questo: che è stata vista in maniera funzionale a interessi economici preponderanti, non voglio dire di Venezia, perché entrambe le città, Mestre e Venezia, sono condannate a un destino funzionale all’economia dell’“overturismo”.
Gli abitanti di Venezia ormai sono appena sopra 50mila, qualcuno dice che non si può più nemmeno parlare di città. Mestre si sta ulteriormente spopolando, vive un degrado pesante di cui lo spaccio e le morti per eroina sono un segnale, manca di spazi sociali e attività economiche di vicinato, sacrificate a interessi economici preponderanti, quali i centri commerciali e gli e-commerce. Così viene destrutturato il tessuto economico e sociale della città. La torre di viale san Marco ne è un esempio: dove esiste un’isola di negozi di vicinato e un’area verde attrezzata a verde pubblico prevale l’interesse economico della speculazione immobiliare, si va a creare un grande centro commerciale, si va creare una mobilità funzionale al trasporto privato e non a quello pubblico.
Tu affermi che Mestre, nella visione di questi nuovi amministratori del Comune e della città metropolitana, è destinata a diventare la capitale logistica del Veneto del Sud.
Sicuramente il porto, l’aeroporto e la stazione di Mestre sono dei terminal importanti, lo sono sempre stati, ma la loro collocazione in uno sfruttamento ulteriore del movimento turistico farà diventare Mestre l’Hub di Venezia.
Io credo che questo sia un disegno non razionale, perché concentra in punti diversi, è vero, gli arrivi delle merci e dei turisti, però già adesso a san Giuliano vediamo arrivi di turisti su pullman turistici che vanno a imbarcarsi in modo caotico su mezzi privati, perché non si vuole fare entrare questo interscambio in un circuito pubblico. Il pubblico ha la funzione di mettere ordine al flusso, privato o non privato che sia. Questa mancata visione porta a un arlecchino degli arrivi dei turisti, non garantisce che i flussi diminuiscano, anzi possono aumentare.
Poco prima del covid i titoli dei giornali dicevano che Venezia stava collassando. Ora non si capisce come pensano di regolare il fenomeno. Si parla di tornelli, di prenotazioni, ma non c’è un piano, mentre, aumentando gli Hub, i flussi di turisti saranno meno controllabili. Nell’ipotesi in cui dovessero riaprirsi le tratte internazionali e non ci fossero più i limiti della pandemia, i turisti arriverebbero in maniera sregolata. Almeno, se il ponte della Libertà è intasato, si comincia a capire che qualche problema c’è. Perché Venezia è una città fisicamente limitata, non possiamo riempirla all’infinito.
Il piano prevede di dirottare parte dei turisti verso San Giobbe e le Fondamenta nuove, la frase usata è: “Distribuire diversamente e così rendere più sostenibile Venezia”.
Non capisco perché non si pensa di sviluppare Tessera, che è un nodo importante per la vicinanza all’aeroporto, costruendo la navetta ferroviaria regionale SFMR come in altri aeroporti4 e aumentando le linee pubbliche di trasporto, che sono totalmente insufficienti. Invece si vanno a creare nuovi punti di accesso alla laguna, alla gronda lagunare di Mestre. Non vedo una razionalità, vedo che si concentrano i progetti dove più batte il dente dell’interesse particolare… Alilaguna piuttosto che i Pili5.
Il sindaco presenta Venezia come capitale mondiale della sostenibilità e ritiene che il suo piano di nuovi Hub sia un modo per migliorare la sostenibilità di Venezia. Tu cosa gli rispondi?
Penso che, al di là delle operazioni di facciata, come le piste ciclabili che sicuramente sono importanti, la mobilità vada vista in senso circolare6, non può essere vista in funzione di un centro commerciale, perché il centro commerciale è un non luogo, non ha una storia all’interno della città. L’unico esempio che fa eccezione a Mestre è il centro Le Barche, perché ha una storia e un vissuto all’interno della città. I centri commerciali della cintura esterna si pongono come luoghi artificiali, raggiungibili solo in macchina e con mezzi pubblici ad hoc, non permettono ai cittadini quella circolazione naturale che può favorire l’incontro tra le persone che si vedono in una piazza. La piazza è il luogo simbolo delle città europee, il centro della cittadinanza. Se togliamo gli spazi pubblici dove nasce la città, togliamo anche il senso della comunità. Questo isola le persone, non le fa connettere in rapporti sociali, e alla fine questa partita di giro di macchine che vanno di rotonda in rotonda in posti artificiali che non hanno collegamento reale con la vita dei cittadini, ma soltanto una funzione commerciale, favorisce la disgregazione sociale.
Mestre è sempre stata vocata all’economia del terziario, che ora non è più terza, perché l’industria più importante – Porto Marghera – è in declino, anche se esiste ancora. Grazie agli e-commerce e ai centri commerciali che hanno accentrato economicamente il commercio, e al turismo, che ha concentrato una tipologia di lavoro precario, ha perso la funzione di collante di realtà economica terziaria.
Tu sei un’ispettrice del lavoro, cosa noti nel lavoro in questi ultimi anni?
Il settore economico del turismo genera lavoro prevalentemente precario e intermittente, che non favorisce un percorso di crescita professionale, soprattutto dei ragazzi. I giovani non hanno prospettive di solidità economica e di futuro privato e tendono a rimanere a casa coi genitori molto a lungo, perché non possono permettersi una casa.
Se il disegno interrotto dalla pandemia dovesse riprendere così come era stato prospettato prima della pandemia, con i nuovi alberghi di via Ca’ Marcello, con la torre, col water-front Mestre-Venezia, andrebbe a disgregare sicuramente quello che rimane del tessuto sociale di Mestre.
Quali problemi vedi nel futuro?
Per esempio i prezzi delle case. Se gli alberghi di via Ca’ Marcello riprendono la loro funzione economica trainante, aumentando la locazione turistica sia alberghiera che di bed&breakfast e altro, i prezzi delle case sono destinati ad aumentare, non è più conveniente fare affitti di lungo periodo e succederà come a Venezia che ha espulso i cittadini dalla città. Ma la città senza cittadini non esiste, non è un concetto puramente geografico, è legato a una comunità. Senza cittadini diventa una Disneyland in funzione turistica, una condanna sia per Mestre che per Venezia.
Noto che questo progetto di nuovi Hub ti preoccupa per le conseguenze che può avere sull’intera comunità di Mestre e dintorni, sui rapporti sociali, sulla qualità della vita, sul futuro dei giovani, dei bambini e delle bambine.
Sì, vedo una disgregazione sociale, economica e anche culturale della città. In questi anni i servizi pubblici sono diventati più scarsi e nel momento che diventano più scarsi la qualità della vita scende. Abbiamo visto la riduzione e la non cura dei presidi sociali, una serie di spazi sociali sono stati ridotti e non sono stati sostituiti, come il centro civico della Bissuola, la biblioteca, l’emeroteca. Questo è un indice di scarsità, perché avere il presidio vicino, i vigili, l’ufficio postale vicino è un bene sociale.
Prendi il discorso che facevo sul lavoro precario. Quando un lavoratore genitore di bimbi con età inferiore ai tre anni si dimette dal lavoro deve compilare un questionario per la convalida delle dimissioni, a fini di tutela dalle discriminazioni, in cui indicare il motivo dell’abbandono. Analizzando i questionari si nota che gli uomini per lo più rispondono che hanno trovato un altro lavoro, le donne che devono badare alla famiglia. Nel PNRR è prevista una quota parte notevole per gli asili nido, per favorire sia il lavoro femminile che i bambini, ma non vedo che se ne parli in città.
E l’idea di questa giunta comunale di occupare parte del parco di San Giuliano con attività economiche, fa pensare che non ci sia interesse per la sanità fisica e mentale dei cittadini. Non vi è cura per gli spazi verdi, che non siano aiuole fiorite. Abbiamo da 13 anni nell’area dell’ex ospedale Umberto I 18 mila metri quadri di spazi sociali totalmente inutilizzati e chiusi ai cittadini. Un’area bellissima, costeggiata dal Marzenego, in centro città. La parte dei padiglioni dell’Umberto I, di pertinenza pubblica, è lasciata al totale degrado, abbandono e rischio crollo. Beni che rischiano di essere distrutti, a fronte di attività costruttive tipo la torre di viale san Marco. C’è una prevalenza della speculazione immobiliare sull’uso sociale degli spazi a discapito dei cittadini e dei bambini.
Ho un sogno: che anche a Mestre riesca a prevalere, come in tante città europee7, l’idea femminile di città legata alla cura, al servizio, non perché femminile, ma perché vengano riconosciute le esigenze della vita quotidiana, della conciliazione vita-lavoro, le esigenze dei bambini, rispetto all’idea maschile dell’attività economica concentrata nei punti nevralgici. Solo in questo modo, per me, potrà migliorare la qualità della vita.
- Nel Protocollo d’intesa che nel 2013 il Comune stipulò con il privato (la società Dng che aveva comprato l’area ex Umberto I per 56 milioni), i padiglioni Pozzan, De Zottis e Cecchini, il complesso della Casa delle suore con la chiesetta neogotica e l’ex direzione sanitaria su via Antonio da Mestre dovevano essere ceduti all’amministrazione in cambio di alcune varianti urbanistiche a favore della proprietà. La società Dng è poi fallita. l’area è rimasta abbandonata per alcuni anni, all’asta pubblica del luglio 2019 Francesco Canella, proprietario dei supermercati Aliì, si è aggiudicato l’ex Umberto I per 26 milioni di euro. Si tratta di un’area di 17.717 metri quadri. Su quei terreni il 14 settembre 2020 Canella, assieme al sindaco Luigi Brugnaro, ha presentato un progetto generale, denominato Castelvecchio, con l’obiettivo di fare un piano dettagliato entro il 2021. Della destinazione dei padiglioni non si è parlato. I comitati cittadini e i gruppi consiliari d’opposizione (Tutta la città insieme, Verde progressista, Pd e M5s) chiedono che questi beni siano ridati in uso alla città. Si veda Antonella Gasparini, Padiglioni e aree ex-Umberto I del Comune: “ridarli in uso alla città”, “Venezia today”, 14 gennaio 2021, disponibile online. Tutte le note sono della curatrice MGL. [↩]
- Per conoscere la storia del parco San Giuliano e il progetto dell’architetto Antonio di Mambro vincitore nel 1991 del concorso internazionale si veda il sito http://www.restovenezia.it/Parco.htm, dove è possibile anche leggere e firmare la petizione del 2019 per bloccare il progetto del Centro Interscambio Merci all’interno del Parco di San Giuliano. [↩]
- Giorgio Sarto ricorda lo scritto del 1905 in cui Pietro Foscari nel presentare il “progetto Marghera” propone di seguire “il concetto di municipalizzazione delle superfici fabbricabili [già adottato in Inghilterra e Germania]…in cui affittano le aree fabbricabili a dei costruttori per 60, 80, 99 anni col patto che i costruttori paghino un canone annuo e restituiscano alla fine della locazione l’area insieme alla casa. (Giorgio Sarto, Mestre Novecento. Il secolo breve della città di terraferma. Profilo delle trasformazioni urbane, Marsilio, Venezia 2007, p. 17). Ma quando nel luglio 1917 fu firmata a Roma dagli onorevoli Paolo Boselli (presidente del consiglio dei ministri) e Ivanoe Bonomi (ministro dei lavori pubblici) in rappresentanza dello Stato, dal sindaco Filippo Grimani per il Comune di Venezia e da Giuseppe Volpi, in qualità di presidente della Società Porto Industriale di Venezia (costituitasi a giugno dello stesso anno), la “Convenzione relativa alla concessione della costruzione del nuovo porto di Venezia, in regione di Marghera,ed ai provvedimenti per la zona industriale ed il quartiere urbano” tra le agevolazioni offerte per stabilirsi nel nuovo porto, le aziende ottenevano praticamente gratis le aree dove insediarsi, mentre lo Stato e il Comune si accollavano le spese di urbanizzazione, infrastrutture, opere marittime. Si veda il testo della convenzione in Foscara Porchia, L’evoluzione del porto industriale di Marghera dalle origini al secondo dopoguerra (1917-1963). Insediamenti, cicli produttivi, trasformazioni territoriali tra passato e futuro, tesi di dottorato in Scienze storiche presso l’Università di Padova, 2012, pp. 55-56, consultabile online. [↩]
- Al posto di una semplice navetta Venezia-Mestre-Aeroporto, integrata nel Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR), a luglio 2021 è stato inviato alla decisione del Governo il Progetto definitivo che prevede la realizzazione di un tratto di linea ferroviaria di circa 8 chilometri, costituita da un primo tratto a doppio binario sviluppantesi in affiancamento alla Bretella Autostradale A27, mentre in prossimità dell’Aeroporto e all'interno del sito UNESCO “Venezia e la sua Laguna”, si prevede di costruire un binario singolo sotterraneo per circa 4 chilometri con conformazione “a cappio”, che oltre ad attraversare un’area fragile senza prevederne le conseguenze, prevede, questo sì, la totale demolizione del borgo antico di Ca’ Litomarino, sito lungo il fiume Dese. Il CRIAAVe – Cittadini per la Riduzione Impatto Ambientale Aeroporto di Venezia ha inviato al governo una petizione, a cui ha aderito anche storiAmestre, in cui si chiede di tornare al progetto di navetta originario, oltre tutto meno costoso. [↩]
- Dopo il nostro incontro, il 6 settembre 2021, il quotidiano Domani ha pubblicato una inchiesta sotto il titolo: Le mani sulla laguna di Venezia. L’impero economico del Brugnaro imprenditore sta avendo grandi benefici dal Brugnaro sindaco. E ora un piano del Comune dirotta I turisti sui suoi terreni per un affare di decine di milioni. [↩]
- Per mobilità circolare si intende la mobilità urbana integrata e intermodale, che collega le varie alternative modali (carsharing, bikesharing e trasporto pubblico) migliorando, si spera, la vivibilità e favorendo gli incontri. [↩]
- Si veda, a questo proposito, il libro di Annalisa Marinelli, La città della cura. Ovvero, perché una madre ne sa una più dell’urbanista, Liguori, Napoli 2015; l’autrice, architetta, vi analizza la città di Stoccolma come città della cura. [↩]
maria luisa torre dice
ho letto con piacere perché in buona sostanza si dice quello che penso . Devo dire che a mio giudizio i cittadini più anziani non mi sembrano né consapevoli né preoccupati del futuro : lo si subisce perché non c’è né partecipazione, né , pure , concreta possibilità di far sentire la propria voce . Forse tra i giovani le cose vanno altrimenti ; non li conosco e quindi… li vedo stretti a coorte il venerdì sera nei bar.
Sono forse disinformata e pessimista?
ciao Giovanna e saluti cordiali alla signora intervistata
Marino Chiozzotto dice
Grazie molte, mi aiuta a conoscere meglio le problematiche della terra ferma. Rimango però dell’idea che l’unica soluzione per Venezia e per Mestre sia il ritorno ai due comuni autonomi.
Marino Chiozzotto.