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Venezia

Sannicolò a Sant’Elena. Gli auguri di un amico 

06/12/2020

di Reinhold Mueller 

Il nostro amico Reinhold Mueller ha pensato a noi e al nostro santo favorito durante una sua passeggiata a Venezia. 

Care amiche e cari amici di storiAmestre,

qualche giorno fa ho visitato la chiesa di Sant’Elena a Venezia con un amico olandese, un medievista, per provare a trovare (ancora una volta) le tombe dei banchieri Borromei della filiale veneziana.

Niente da fare, ma ci ho trovato una sorpresa che mi ha fatto pensare a voi, a un discorsetto tenuto a una festa natalizia al Dipartimento di studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari, e a un altro articolo che ho pubblicato sul sito di storiAmestre. 

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Archiviato in:La città invisibile, Reinhold Mueller Contrassegnato con: escursione, san Nicola, sant'Elena, Venezia

Con un cannocchiale in piazza San Marco. Escursione di un curioso di cose veneziane

04/11/2020

di Francesco Zane, a cura di Giannarosa Vivian

Pubblichiamo un testo inedito del nostro amico Francesco Zane, che ci ha lasciati un mese fa. Il giorno dell’equinozio di primavera del 2019, due “curiosi di cose veneziane” si incontrano a San Marco sotto il campanile e osservano le ombre e gli orologi della piazza. Appunti e progetti per una ricerca incompiuta.

Giovedì 20 marzo 2019, non ci sono i piccoli a casa mia, è una bella giornata di sole (è essenziale) e decido di andare a San Marco: voglio osservare la meridiana di Sant’Alipio e dove cade l’ombra del campanile di San Marco. Non è un giorno qualsiasi: per gli astronomi contemporanei stasera alle 22,58 ci sarà l’equinozio di primavera 2019. Per gli antichi veneziani, che contavano i giorni dal tramonto del sole, sarebbe stato già il 21 di marzo… in regola con la data scolastica di inizio primavera.

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L’Orologio di San Pietro di Castello a Venezia. Diario di un ritrovamento

08/10/2020

di Francesco Zane, a cura di Giannarosa Vivian

Francesco Zane, amico di storiAmestre e autore del Quaderno Che ora era. Antichi orologi pubblici a Venezia (2017, uno dei nostri best seller), se ne è andato qualche giorno fa. Con il suo diario inedito della scoperta sul campanile di San Pietro di Castello a Venezia, portiamo indietro le lancette di 12 mesi, per salutare Francesco nel pieno delle sue ricerche e della sua passione, in una notte dedicata alla lettura. Giannarosa Vivian ci ha fatto avere il testo e lo ha curato, accompagnandolo con un commiato che pubblichiamo in calce.

Venerdì 20 settembre 2019, ore 8:45

È da alcuni anni che cerco il modo di salire su per il campanile di San Pietro di Castello. Così come è già successo per analoghe richieste, nonostante la mia dichiarazione di “motivi di studio”, la liberatoria di responsabilità per eventuali danni subiti e la presentazione di C.I., dalla quale si evince che sono maggiorenne, mi sono trovato ancora una volta davanti a un muro senza porte.

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Una catena umana alle Zattere. Parole, immagini e impressioni (13 giugno 2020)

03/07/2020

di Carlo Cappellari

Il nostro amico e socio Carlo Cappellari ci ha fatto avere alcune sue note e immagini dalla manifestazione, sotto forma di catena umana, organizzata a Venezia sabato 13 giugno, con lo slogan “Venezia fu-turistica”: “contro la monocultura turistica, per la residenza, l’ambiente, il lavoro e i diritti”.

Quando si è saputo della catena umana alle Zattere c’è voluto poco a decidere che non si poteva mancare. Sarà stato il fatto che finalmente ci si poteva incontrare all’aperto con tanti amici persi di vista per più di tre mesi, sarà stato per quel “Venezia fu-turistica” che prometteva performance se non futuriste almeno artistiche. A scoraggiare la partecipazione vi era solo il ricordo del torrido sabato 8 giugno dell’anno precedente, data della manifestazione “No grandi navi”.

Questa volta, anche per le disposizioni ancora in vigore, la manifestazione ha preso la forma di una catena umana: si sarebbe rimasti fermi a tenere ben in vista striscioni, cartelli che, secondo le indicazioni dell’organizzazione avrebbero svolto la funzione di “distanziatori sociali” fra le/i partecipanti. 

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Una bambina veneziana in gita a Favaro nel 1925. Da un diario di scuola

09/04/2020

di Lucio Sponza

Il nostro amico e socio Lucio Sponza ha recuperato il diario scolastico che Giulia, sua mamma, tenne negli anni 1924-25 e 1925-26, quando, tra i 13 e i 14 anni, a Venezia frequentava la scuola Giustina Renier Michiel (a San Trovaso, dove tuttora si trova). Da questi quaderni, che cerca di leggere collocandoli nel clima cittadino e nazionale di quegli anni, quando il fascismo si stava affermando come regime, Lucio ha estratto un brano dell’aprile 1925. La classe di Giulia, con alcune altre scolaresche veneziane, partecipò a una gita a Favaro, allora in campagna: vaporetto da Rialto a San Giuliano, tram fino alla piazza di Mestre, poi a piedi passando per Carpenedo, merenda e rientro, per una strada più breve, e l’approdo dove la mamma la aspetta.

I nuovi programmi delle scuole “complementari”, avviate con la riforma Gentile, prevedevano che alunni e alunne tenessero un diario – da scrivere a casa, senza vincoli di consegna – esprimendosi liberamente, su qualunque argomento, anche se di solito le annotazioni riguardavano attività scolastiche: osservazioni su lezioni e letture svolte in classe; racconti di visite a musei e altre istituzioni; resoconti di gite collettive. Queste classi “complementari” erano una estensione di due anni delle scuole elementari, che allora consistevano di cinque oppure sei anni (dipendendo dalle circostanze locali) ed erano perciò chiamate classi di “settima” e di “ottava”. Non durarono a lungo, soprattutto perché miravano a una formazione senza precisi e immediati sbocchi pratici, come invece faceva la loro alternativa per le classi sociali inferiori: la “scuola integrativa di avviamento professionale”.

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Archiviato in:La città invisibile, Lucio Sponza Contrassegnato con: diario, documenti, Favaro, pagine scelte, scuola, Venezia

“In che senso rivoluzione?”. Il Quarantotto a Venezia

16/03/2019

di Piero Brunello, a cura di Andrea Lanza

Primavera, tempo di rivoluzioni. Quest’anno ricordiamo l’anniversario delle “giornate rivoluzionarie” del Quarantotto a Venezia (17-22 marzo) riprendendo alcune pagine da un libro recente di Piero Brunello, Colpi di scena. La rivoluzione del Quarantotto a Venezia (Cierre, Sommacampagna 2018). L’autore parlerà del suo libro lunedì 18 marzo (il giorno dell’insurrezione popolare a Venezia, la prima delle cinque giornate del Quarantotto a Milano e il primo giorno della Comune di Parigi del 1871), alle ore 19 all’Avamposto a Rialto. Il libro sarà presentato a Mestre il 20 marzo, presso lo spazio Negozio Piave 67, alle 17,30 (con l’autore, Paola Sartori e Fabio Bortoluzzi).

Nota del curatore

Il libro di Piero Brunello di cui presentiamo qui alcune pagine è diviso in due parti diverse per approcci e linguaggi, separate da un breve intermezzo. Le prime duecento pagine sono un racconto corale di una rivoluzione in divenire, scandito per giornate: dal 17 al 22 marzo 1848. Sulla base di fonti raccolte in una quarantina d’anni di ricerche, l’autore alterna punti di vista diversi, con testimonianze talvolta inconciliabili, di persone che si trovavano in posizioni diverse – nella società e nello spazio fisico –, mettendole a confronto con il racconto degli eventi rivoluzionari che sarebbe diventato quello “ufficiale”. Brunello mostra come gli eventi che portano alla proclamazione della Repubblica si producano al di là delle previsioni e delle attese delle persone coinvolte, e grazie all’apparente convergenza di classi e visioni politiche diverse. Allo stesso tempo, osserva come non furono mai realmente superate le distanze e le diffidenze che separavano le classi popolari anche da quei benestanti impegnati nella rivoluzione, che si autodefinivano membri della classe “intelligente” (aggettivo che oltre a dare un’idea delle qualità che si attribuivano, contiene specularmente tutta l’incapacità di capire l’intelligenza popolare). Se per le prime la rivoluzione non poteva che essere sociale, per i secondi non doveva che essere politica, e agli stessi termini (repubblica, per esempio) erano attribuiti significati ben diversi.

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