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storia orale

Il 25 aprile 1945 alle Maleviste. Una storia e una ricerca

07/05/2017

di Camillo Pavan e Alessandro Casellato

Ritorniamo sul 25 aprile. Il nostro amico Alessandro Casellato ci propone alcune pagine del libro recente di Camillo Pavan, Maleviste 25 aprile 1945 (Istresco 2016), che ricostruisce un episodio tragico avvenuto nel trevigiano a pochi giorni dall’insurrezione (a Treviso il 28 aprile) e dalla Liberazione: quattro uomini e un ragazzo catturati e uccisi nel corso di un’azione antipartigiana dalla Brigata Nera “Cavallin” di Treviso. Segue il testo dell’intervento di Casellato alla presentazione del libro che si è tenuta a Preganziol il 27 aprile, con osservazioni sulla storia orale e un elogio del metodo di ricerca seguito da Pavan.

1. Alle Maleviste, di Camillo Pavan

Il teatro dell’azione

L’ultima azione antipartigiana della XX Brigata Nera “Cavallin” di Treviso avviene nella pianura a sud del capoluogo, fra San Vitale di Canizzano, Sambughè di Preganziol e Zero Branco.

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Archiviato in:Alessandro Casellato, Camillo Pavan, La città invisibile Contrassegnato con: 25 aprile, antifascismo, pagine scelte, Resistenza, storia orale, storiografia

Nonni e nipoti. Sulla storia orale dell’anarchismo

31/12/2016

di Piero Brunello

Ultima strenna del 2016. Presentiamo il testo dell’intervento che Piero Brunello ha tenuto al convegno “La militanza anarchica e libertaria in Italia nel secondo Novecento. Le fonti orali: questioni metodologiche” (Biblioteca Panizzi e Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa, Reggio Emilia 19 novembre 2016). Il saggio è dedicato alla memoria di Amedeo Bertolo, morto il 22 novembre scorso.

Alla memoria di Amedeo Bertolo (1941-2016)

1. Comincerei da una piccola vicenda – del resto non esistono vicende piccole, giusto? Nei primi anni Settanta due ventenni, Elis Fraccaro ed Elettra Sivori, sentono parlare di un vecchio anarchico che è stato al confino, un perseguitato politico di nome Luciano Visentin. I due giovani abitano a Marghera, lui in un piccolo paese lì vicino. Lo vanno a conoscere. Elis me ne ha parlato più volte, ma è bello vedere nell’archivio dell’Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam le lettere che Visentin, che allora aveva settantaquattro anni, scrive in quel periodo al suo coetaneo Hugo Rolland.

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Archiviato in:La città invisibile, Piero Brunello Contrassegnato con: anarchismo, storia orale, storiografia, strenna

Vivere a Vajont. Una lettura

09/10/2014

di Gigi Cameroni

Riceviamo e pubblichiamo un’ampia scheda di lettura relativa al libro di Monica Musolino, New towns post catastrofe. Dalle utopie urbane alla crisi delle identità (Mimesis, Milano 2012).

Da casa, 9 ottobre 2014

Cari amici di storiAmestre,

nel 2013 ho seguito con attenzione la vostra serie di articoli in occasione del cinquantesimo anniversario del Vajont. Qualche mese fa ero a Parigi, in visita a un amico che fa l’insegnante. Un pomeriggio che sono andato a prenderlo a scuola, ho notato subito l’illustrazione di copertina di un libro che aveva sul suo tavolo in sala insegnanti (ho questa abitudine, talvolta indiscreta, di dare sempre un’occhiata ai libri che vedo sparsi sui tavoli o sugli scaffali): facile riconoscere la diga del Vajont. Incuriosito, gli ho chiesto in prestito il libro e ho preso qualche appunto, che ora – a distanza di tempo e pur senza poter verificare di nuovo l’originale – ho pensato di proporvi: sia perché è un libro che non si trova facilmente (stando al catalogo opac-sbn si trova in tre biblioteche, si direbbe solo in quelle del deposito legale), sia perché è la stagione giusta. Che sia anche il libro giusto? Mah, su questo ho delle riserve, ma prendetela come un servizio bibliografico, a uso di chi voglia completare la sua lista di letture sul Vajont.

Cordiali saluti

Gigi Cameroni

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Archiviato in:Gigi Cameroni, Letture, Monica Musolino Contrassegnato con: anniversari, democrazia, sociologia, storia orale, trauma, urbanistica, Vajont

Tra memoria e scrittura. Storici, testimoni e archivi

03/10/2014

di Filippo Benfante

È sbrigando i miei compiti di amministratore del sito che ho notato l’ultimo libro del nostro amico Manlio Calegari, L’eredità Canepa. Il Sessantotto tra memoria e scrittura (Impressionigrafiche, Acqui Terme 2014, 216 p., 10 euro). Ho pensato di assecondare il caso – un caso fortunato –, e di presentarlo tra le “letture” di storiAmestre.

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Archiviato in:Filippo Benfante, Letture, Manlio Calegari Contrassegnato con: 1968, Genova, storia del movimento operaio, storia orale, storiografia

Ricordo di Giuliana Bertacchi (1938-2014)

14/06/2014

di Piero Brunello

La sera del 7 giugno 2014 è morta Giuliana Bertacchi, un’amica di storiAmestre. Ammalata, ha rifiutato le terapie che avrebbero solo prolungato la sua sofferenza e si è spenta nella sua casa di Bergamo, dove è stata allestita la camera ardente fino alla cerimonia che si è tenuta nella sala del commiato del cimitero cittadino. 

Ho conosciuto Giuliana nel 1979 a Rimini a un convegno dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Siamo subito diventati amici. Si stava preparando un incontro di studi, che si sarebbe tenuto a Venezia di lì a due anni, sulle testimonianze orali e l’insegnamento della storia nelle scuole. Giuliana e io facevamo parte del gruppo di lavoro che lo promuoveva, ci s’incontrava a Milano nella vecchia sede dell’Istituto nazionale, ancora in piazza Duomo, lei veniva da Bergamo, io da Mestre. Cominciammo a frequentarci. L’amicizia è andata approfondendosi e da allora, per oltre trent’anni, mia moglie Gianna e io siamo andati a trovare spesso Giuliana e suo marito Giorgio, e altrettanto spesso loro due ricambiavano la visita. Giorgio è morto due anni fa, e ora Giuliana.

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Archiviato in:La città invisibile, Piero Brunello Contrassegnato con: Giuliana Bertacchi, ricordi, storia orale, storiografia

Gli ultimi giorni dell’aprile del 1945. La Liberazione nel Feltrino

24/04/2014

di Silvio Guarnieri

Ormai da qualche anno il rito ufficiale del 25 aprile comprende il divieto di cantare Bella ciao. Anche nel 2014 avremmo potuto riprendere lo spunto, questa volta dalla cronaca di Pordenone, ma ci limitiamo a rimandare a quanto abbiamo già pubblicato nel 2010 e nel 2011. L’anno scorso abbiamo augurato buon 25 aprile con una rievocazione della Liberazione a Venezia, scritta da Maurizio Reberschak. Quest’anno riprendiamo alcune pagine di Silvio Guarnieri, tratte dalla sua Storia minore. Guarnieri, che in quei giorni di fine aprile 1945 si trovava a Timisoara, rievoca senza retorica i giorni della Liberazione a Feltre sulla base dei racconti che ne avevano tramandato la memoria. Esercito nemico in fuga, ultimo scontro militare, formazioni della brigata Gramsci in città, folla in piazza, colpi d’arma da fuoco, arrivo degli alleati, disarmo dei partigiani, due fascisti in uniforme tedesca giustiziati: e nell’aria la restaurazione.

Erano gli ultimi giorni dell’aprile del 1945; per le strade che portavano al nord passavano le colonne dell’esercito tedesco in rotta; una fila continua di formazioni ancora inquadrate dagli ufficiali, con le armi pronte alla difesa come all’offesa, intervallate dagli automezzi carichi di quei soldati che erano riusciti a farvisi un posto, di chi più non riusciva a camminare, di feriti e di mutilati e da qualche carro armato che arrancava consumando le ultime riserve di carburante; ma quell’ordine, quell’orgoglioso residuo di una disciplina accettata come un costume, come un segno di dignità finivano con l’essere sommersi e sconvolti dalle ondate degli uomini che si andavano trascinando nella fatica del troppo lungo camminare; ed in parte avevano gettato le armi, ed in buona parte avevano le divise strappate, le scarpe sfondate; anche portavano le tracce evidenti delle offese ricevute e che andavano ricevendo; sia in scontri occasionali con forze partigiane, sia, e queste ben più gravi, per i mitragliamenti a tappeto con cui di quando in quando andava accompagnandoli l’aviazione alleata; sconvolgendo le loro file, seminando la strada di morti e di feriti, incendiando gli autocarri; provocando dei vuoti spaventosi. Nel Feltrino le formazioni partigiane, dalle montagne dove avevano avuto le proprie basi, scendevano a valle, verso le grandi vie di comunicazione su cui si affollava, nella sua marcia faticosa e sanguinosa, l’esercito nemico, l’esercito sconfitto. Qualcuna, giunta in quei pressi, prendeva posizione, si attestava con le armi pronte; attendeva gli ordini.

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