di Reinhold C. Mueller
Riprendiamo alcune pagine da un saggio di Reinhold C. Mueller, autore noto ai lettori e alle lettrici di storiamestre.it. Alla scoperta della presenza ebraica a Mestre, tra Quattrocento e inizio Cinquecento: una lettura per l’estate e un invito a leggere il saggio per intero (vedi nota finale).
Introduzione
Nel suo Itinerario per la terraferma del 1483 il giovane patrizio Marin Sanudo scrive della città murata o «castelo» di Mestre: «Qui sta molti zudei et à una bella sinagoga; et quivi se impegna [cioè, si presta denaro su pegno], perché venitiani non vol hebrei stagi a Veniexia». Giusto un decennio più tardi lo stesso Sanudo scrive che l’ufficio dei Sopraconsoli dei Mercanti
se impazza […] in vender li pegni al publico incanto a Rialto delli zudei che imprestano a Mestre danari a christiani et qui vendeno, traze il cavedal e l’usura, et il resto salva per colui di chi è il pegno. Et nota una eccellente cosa di Venetia che niun zudio, sotto grandissime pene, puol tegnir banco d’imprestar danari qui a Venezia, ma ben a Mestre.
Forse un altro decennio più in là ma comunque prima della guerra di Cambrai, un trattato francese su Venezia, descrivendo i compiti dello stesso ufficio riporta: «Gli ebrei non abitano in Venezia ma piuttosto in una cittadina che dista circa quattro leghe da Venezia, che si chiama Mestre; è qui dove gli ebrei tengono i banchi e prestano soldi ad usura, ad un tasso del 15%; non possono prendere come garanzia case e terreni ma solo beni mobili». Riassumiamo queste scarne informazioni: gli «zudei» di Mestre erano molti; avevano una sinagoga, giudicata «bella» dal giovane Sanudo (era una «chaxa» di proprietà della famiglia Tron, data in affitto agli ebrei); i banchi di prestito si tenevano a Mestre, dove i gestori potevano chiedere l’interesse del 15% per prestiti su pegno; gli ebrei – o meglio i banchieri ebraici – non dovevano abitare a Venezia1.
[Leggi di più…] infoBanchi ebraici tra Mestre e Venezia nel tardo medioevo. Pagine da un saggio
- Per l’Itinerario sanudiano vedi ora Itinerario per la Terraferma veneziana, ed. critica e commento a cura di G.M. Varanini, Roma 2014, p. 384. Nel trattato francese si legge, nel contesto della giurisdizione dei Sopraconsoli sugli ebrei: «lesquelz juifz ne demeurent pas à Venise mais ilz demeurent en une petite ville qui est pres Venise environ quatre lieues nommees Mestre, ou ilz tiennent des banques et baillent à usure et prouffit de XV pour cent pour chascun an et ne peuent prendre en gaige fors seullement des biens meubles et non pas biens immeubles», ora in Descripcion ou traicté du gouvernement et régime de la cité et seigneurie de Venise. Venezia vista dalla Francia ai primi del Cinquecento, a cura di Ph. Braunstein e R.C. Mueller, Venezia e Paris 2015, p. 158. Infine, De origine, situ et magistratibus urbis Venetae ovvero La città di Venetia (1493-1530), a cura di A. Caracciolo Aricò, Milano 1980, p. 136 (nella rist. Venezia 2011, p. 128). Nel 1515 gli ebrei banchieri prestavano a Venezia e non più a Mestre; Sanudo quindi aggiorna la sua descrizione scrivendo che un ufficiale tra i quattro Sopraconsoli «atende a vender pegni di banchi di hebrei in Rialto al publico incanto et vadagnano di ditti pegni vendeno a raxon di [tot %, lasciato in bianco]; […] Ancora, sonno zudexi di deferentie si ha con li hebrei banchieri sopra li pegni et farli dar al hebreo il resto di danari l’ha trati di pegno, ‹da›poi cavato il cavedal, l’uxura et le spexe di l’oficio»; ivi, pp. 265-266 (nella rist., pp. 286-287). La «bella sinagoga», proprietà di un ramo della famiglia Tron, fu distrutta nel 1509 e incendiata dall’esercito della lega di Cambrai, come specificano Luca, Marco e Marietta Tron, fu Antonio, nella loro condizione di Decima del 1514: «Sinagoga de’ Zudei in Mestre pagava di fitto ducati 50; quando el campo nostro allozò a Mestre avanti che si recuperasse Padoa fu ruinada, dapoi bruxada per inimixi. Al presente terren vacuo et non si traze de fitto nulla». ASVe [Archivio di Stato, Venezia], Dieci Savi alle Decime, Redecima 1514, b. 57, San Paternian, n. 24. Nel 1538 Luca e Marco Tron scrivono: «Item se ritrovemo aver in Mestre una chaxa che era la sinagoga de’ Zudei; ne soleva pagar ducati cinquanta, ma per la guera pasata furno bruxata dita chaxa, né dapoi è sta’ fabrichata et per alguni ani non abiamo auto algun fito, ma abiamo fato dificultà ché loro non puol aver sinagoga in altro luogo cha in Mestre. Oferendoni redur la chaxa como l’era prima, i qual Zudei pro nu‹n›c hano promeso pagarne el fito, ma ogn’ora i non ne pagase el dito fito, che i ne metese dificultà le Signorie Vostre ne averà a tracer da conto il dito fitto como è iusto» (l’ultimo «como» è ripetuto). Ivi, Redecima 1538, sestiere di S. Polo, b. 99, n. 33 (ringrazio Susan Connell per la segnalazione, Paola Benussi per l’aiuto). Nel 1514 i Tron hanno pur dovuto pagare una minima tassa su quella proprietà distrutta, nel 1538 no. [↩]