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storia del lavoro

Viaggio nello sfruttamento post-industriale. Leggere “L’ultimo miglio” di Angelo Mastrandrea

03/10/2021

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza ha letto L’ultimo miglio, il libro-inchiesta che Angelo Mastandrea ha dedicato alla logistica e alla distribuzione di prodotti venduti online. Tre le questioni che, secondo Lanza, attraversano il libro, rendendolo particolarmente interessante per chi vuole ragionare, oltre che sulla storia del lavoro, sulla storia della città e del territorio: come il commercio elettronico influenza e trasforma la geografia e le mappe mentali con cui interpretiamo lo spazio; quale l’impatto sull’organizzazione del lavoro; come si fanno sempre più sottili i confini tra legalità e illegalità. 

1. Il sottotitolo del libro, Viaggio nel mondo della logistica e dell’e-commerce in Italia, tra Amazon, rider, portacontainer, magazzinieri e criminalità (Manni, Lecce 2021), sintetizza l’argomento di questo libro uscito pochi mesi fa. L’autore, Angelo Mastrandrea, è un giornalista di quelli che si prendono il tempo per visitare, osservare, incontrare chi la realtà la vive o ne osserva i dettagli da anni e, infine, scrivere un reportage fatto per bene. Il libro si compone di cinque approfondimenti (alcuni dei quali anticipati in forma ridotta su Internazionale e Manifesto) dedicati a luoghi chiave della logistica italiana.

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Archiviato in:Andrea Lanza, Letture Contrassegnato con: Angelo Mastrandrea, e-commerce, grande distribizione, storia del lavoro

Medaglia commemorativa della Montevecchio (Porto Marghera, 1954)

27/05/2020

di Carlo Cappellari

Medaglia in argento 800 commemorativa del centenario dell’apertura della miniera di Montevecchio come scritto in alto sul fronte della medaglia stessa.

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Archiviato in:Carlo Cappellari, Oggetti Contrassegnato con: Montevecchio, Porto Marghera, storia del lavoro

“È una fabbrica”. Ventidue anni di lavoro nell’area del Petrolchimico di Porto Marghera 3V CPM, oggi 3V Sigma 

19/05/2020

Da due interviste a un musicista operaio

Pubblichiamo brani tratti da due interviste realizzate, nel 2008, da Maria Luciana Granzotto e Claudio Pasqual a un musicista operaio che ha lavorato dal 1991 al 2013 nell’area del Petrolchimico di Marghera, alla 3V CPM, che oggi porta il nome 3V Sigma. È la fabbrica andata a fuoco il 15 maggio 2020. Con un pensiero ai dati sull’inquinamento dell’aria, sul terreno e in laguna, il nostro sostegno ai lavoratori che da anni sono mobilitati per la sicurezza in fabbrica, e la nostra solidarietà ai due operai feriti nell’esplosione.

Ci sono andato apposta in fabbrica, non per necessità

Da ragazzino sentivo parlare i fratelli più grandi degli operai, che bisogna aiutarli, essere solidali. Sono entrato in fabbrica a una età avanzata, avevo 29 anni, e avevo un’idea…, poi essendo un musicista… All’epoca mi ricordo c’era un grande cantante napoletano che lavorava a Pomigliano d’Arco e il fatto che questo cantante famoso, almeno a me sembrava famoso anche se magari non lo era, fosse anche un operaio era qualcosa di eroico per me. Era Carlo D’Angiò. Era un’idea quasi romantica del mestiere, ci sono andato apposta in fabbrica, non per necessità. Per una questione estetica, mi sembrava bello, non avevo un diploma tecnico, purtroppo, ho un diploma di liceo artistico. Avevo una visione romantica anche perché negli anni ’70… la classe operaia esisteva, non era un mito.

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Archiviato in:Claudio Pasqual, La città invisibile, Maria Luciana Granzotto, redazione sito sAm, sAm Contrassegnato con: intervista, Marghera, musica, Petrolchimico, storia del lavoro, storia del movimento operaio

Gli archivi aziendali e la storia contemporanea. Il caso della Pellizzari di Arzignano

04/04/2020

di Walter Cocco

Pubblichiamo alcune note e riflessioni del nostro amico e socio Walter Cocco. Impegnato in una ricerca sulla Pellizzari di Arzignano, di cui abbiamo già dato conto sul nostro sito, Cocco racconta alcune tappe delle ricerche preliminari, in cerca di archivi superstiti che possano restituire documentazione utile. Con una riflessione sull’importanza civile e politica di archivi accessibili al pubblico.

Apologia dell’archivio accessibile al pubblico

Giorgio Roverato, in un suo articolo apparso nel 2017 su un periodico online, lanciava un grido d’allarme alla Soprintendenza Archivistica di Venezia e al Sindaco di Valdagno a difesa dell’archivio storico della Marzotto, non più accessibile dopo il cambio della leadership aziendale e riguardo al quale aveva avuto notizia di alcune sottrazioni documentarie. Più in generale, richiamava l’attenzione sul problema della salvaguardia degli archivi aziendali quali fonti fondamentali per la storia contemporanea. Roverato, è poi tornato sull’argomento commentando (nel marzo 2018) un mio articolo apparso sul sito di storiAmestre nel luglio 2014 1.

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  1. Giorgio Roverato, già professore di Storia Economica della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova, ha scritto molto sulla Marzotto e sulla dinastia industriale valdagnese. Chi legge il sito di storiAmestre forse lo conosce, oltre che per il suo commento al mio precedente articolo, perché Maria Giovanna Lazzarin ha letto il libro sulla ditta Morassutti da lui curato. [↩]

Archiviato in:La città invisibile, Walter Cocco Contrassegnato con: archivi, Arzignano, Pellizzari, storia d'impresa, storia del lavoro, storiografia

«Una pentola a pressione» ad «alta professionalità». Gli ultimi anni della ditta Paolo Morassutti

18/05/2019

Maria Giovanna Lazzarin intervista Aldo Antole

Il 9 marzo 2019 Maria Giovanna Lazzarin ha intervistato ancora Aldo Antole a proposito della sua esperienza di lavoro presso la ditta Paolo Morassutti, nei primi anni Ottanta, quando l’azienda attraversava un periodo di crisi e si avviava alla chiusura. Scoprendo che questo esito fu legato a uno dei più grandi scandali della storia della repubblica italiana: le manovre del faccendiere Michele Sindona.

Le insegne dei negozi Morassutti, specializzati in ferramenta e oggetti per la casa, fanno parte dei paesaggi urbani che ricordo. Per decenni spiccarono in molte città e cittadine, soprattutto in Veneto, ma anche in molti altre regioni italiane. Sapevo che Aldo Antole aveva lavorato per quella ditta nei primi anni Ottanta, e l’ho intervistato mossa da due curiosità: che cos’era la Paolo Morassutti a Belluno, nel Veneto e oltre; perché a un certo punto, invece di sviluppare i suoi bei negozi, scomparve. Oggi la Morassutti è ricordata come una impresa all’avanguardia e una capostipite degli attuali grandi “centri bricolage”.

(mgl)

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Archiviato in:Aldo Antole, La città invisibile, Maria Giovanna Lazzarin Contrassegnato con: intervista, Michele Sindona, Paolo Morassutti, storia del lavoro

Un’officina sotto la chiesa. Figure e affabulazioni teatrali di un quartiere operaio 

11/05/2019

di Gigio Brunello

Riprendiamo i brani iniziali di Vite senza fine, uno dei testi teatrali della “Trilogia su Mestre” di Gigio Brunello, composto e rappresentato la prima volta al Centro Candiani di Mestre nel 2007 e ora pubblicato nel volume Tragedie e commedie per tavoli e baracche (2017). Ricordi di persone e di luoghi, fatti di cronaca sono trasfigurati e messi in scena in un racconto visionario, in cui riprende vita un vecchio quartiere operaio. 

Vite senza fine

Egidio era nato nel 1921 e a dodici anni fu messo sotto padrone alle Officine Darin di San Polo di Piave dove aggiustavano trattori e macchinari agricoli. Divenne un grande meccanico, di quelli che nel novecento ancora riparavano le ali alle mosche. Col tempo imparò a far bene tutto: il fabbro, il calzolaio, il falegname, l’orologiaio, l’elettricista, il muratore. Avevo sempre sognato di raccontare a teatro il suo universo della Meccanica e aspettavo solo l’idea buona. In quel periodo stavo costruendo una grande ruota di mulino per pescare l’acqua dal fiume che passa sotto casa mia. Volevo realizzare una coclea. Avevo tutto in mente ben chiaro: ci voleva una copia conica che moltiplicasse il numero di giri per azionare una pompa di sollevamento e ci volevano buone saldature, cosa non da me. Qualcuno mi suggerì di portare la ruota nei sotterranei della chiesa del Villaggio San Marco, un vecchio quartiere operaio di Mestre, lì avrei trovato quello che cercavo. Mi presentai in chiesa incredulo con la ruota a seguito e si affacciò Sergio in tuta blu. Mi accompagnò in visita alla grande officina allestita nei sotterranei. Una fabbrica sotto la chiesa: era quella l’idea buona per uno spettacolo su mio padre.

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Archiviato in:Gigio Brunello Contrassegnato con: pagine scelte, ricordi, storia del lavoro, storia del movimento operaio, teatro

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