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Shoah

Come un vascello fantasma che generava sgomento. Da un libro recente di Alberto Cavaglion

29/01/2021

di Alberto Cavaglion

Alla fine del 2020 il nostro amico Alberto Cavaglion ha pubblicato Primo Levi: guida a Se questo è un uomo (Carocci, Roma). Ne riprendiamo qui alcune pagine dove Cavaglion richiama la necessità di valutare eventi e contesti in prospettiva, ricordando: che per un lungo periodo del dopoguerra la Shoah non fu affatto “la misura del male assoluto”; che il libro di Levi ebbe difficoltà a trovare ascolto sia nel 1947 che nel 1958; che dagli anni Sessanta (e fino alla sua morte) Levi fu riconosciuto come testimone, ma non – a differenza di quanto accade oggi – come scrittore; che a una maggiore quantità di informazioni disponibili, non per forza corrisponde una maggiore curiosità e desiderio di informarsi. Con un suggerimento: tornare a leggere il testo della prima edizione del 1947.

Nel decennio che separa la prima edizione [di Se questo è un uomo, 1947] dalla seconda [1958], durante questa faticosa revisione, non solo per Levi, la testimonianza sul Lager continua a essere richiusa.

Se lo era posto il problema, a modo suo e con grande dottrina, un filologo come Giorgio Pasquali, che si era trovato ad affrontare la stessa situazione di Levi. Aveva infatti ricevuto infiniti dinieghi alla pubblicazione dei Ricordi di giovinezza di un professore tedesco di Mark Lidzbarski. Prima di arrendersi e pubblicare su rivista il suo magnifico saggio introduttivo (una pionieristica ricognizione nel mondo degli ebrei orientali) aveva bussato invano all’uscio di quattro o cinque editori1. Non aveva chiuso gli occhi davanti a quella dura realtà nemmeno Leo Valiani, che sempre nel fatidico 1947, in una bella pagina del suo Tutte le strade conducono a Roma, scrive: «Dai campi di concentramento sono stati rimossi i forni crematori e i seviziatori, ma son rimasti campi di concentramento per le nazioni vinte e per gli individui indifesi. Metà dell’Europa si è trasformata in una nuova razza ebraica, priva di diritti politici e spesso anche civili, che deve essere contenta, se le si concede il nutrimento»2.

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  1. Si veda ora Mark Lidzbarski, Ricordi di giovinezza di un professore tedesco, prefazione di Giorgio Pasquali, postfazione di Marino Raicich, Passigli, Firenze 1988; Giorgio Pasquali, Autobiografia anonima di un Giudeo polacco, “La Rassegna d’Italia”, IV (1949), 10, pp. 981-992, poi in Id., Pagine stravaganti, introduzione di Giovanni Pugliese Caratelli, Sansoni, Firenze 1968, II, pp. 397-408. [↩]
  2. Leo Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, La Nuova Italia, Firenze 1947, p. 357. [↩]

Archiviato in:Alberto Cavaglion, La città invisibile Contrassegnato con: pagine scelte, Primo Levi, Se questo è un uomo, Shoah

Luoghi della memoria e paesaggi contaminati da decontaminare

24/09/2019

di Alberto Cavaglion

Pubblichiamo il testo (rivisto) della relazione che il nostro amico Alberto Cavaglion ha presentato alla Summer School Parri La didattica della Shoah (Assisi, 29-31 agosto 2019), organizzata da Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete nazionale degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea e Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea, in collaborazione con la Città di Assisi, con il patrocinio del Centro internazionale di studi Primo Levi – Comitato nazionale per le celebrazioni 1919-2019. Come in altre occasioni, presentiamo qui di seguito solo la prima parte del testo, che si può leggere in versione integrale e scaricare cliccando qui.

Premessa

La discussione sul futuro della memoria, dei memoriali, dei musei del fascismo, delle buone pratiche scolastiche sulla Shoah e il Giorno della Memoria mi sembra sia a un punto morto. Per ripartire occorre rivedere molte delle nostre certezze e progettare con più fantasia il futuro. Quanto è emerso dalla discussione sul Museo del fascismo a Predappio cominciata nel 2016 ha messo a nudo una situazione di stallo, ma anche il logorio di vecchi schemi. L’attuale contesto politico rende il quadro più complicato: difficile immaginare se quel Museo potrà essere inaugurato, ma le divisioni che il progetto ha suscitato tra storici e commentatori bastano a mostrare il segno tangibile di uno stato di crisi su cui vale la pena tornare. La categoria di «luogo della memoria» meglio di ogni altra si presta a questo ripensamento.

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Archiviato in:Alberto Cavaglion, La città invisibile Contrassegnato con: didattica della storia, intervento, memoria, paesaggio, Shoah, storiografia

«La carta è più paziente degli uomini». Leggere nuova edizione del Diario di Anne Frank

26/01/2019

di Alberto Cavaglion

Proponiamo le prime pagine della Introduzione che il nostro amico Alberto Cavaglion ha scritto per la nuova edizione dei diari di Anne Frank, in uscita in questi giorni presso Mondadori.

Colpisce nei diari di Anne Frank il frequente ricorso a proverbi, sentenze, modi di dire: una traccia, si direbbe, delle consuetudini pedagogiche in uso nelle famiglie della borghesia ebraico-tedesca. Il riferirsi alla bontà degli insegnamenti antichi contrasta con la giovane età di chi scrive, contribuendo a delineare il ritratto di un’adolescente-adulta, di una puella-senex.

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Archiviato in:Alberto Cavaglion, La città invisibile, Letture Contrassegnato con: Anne Frank, pagine scelte, Shoah, storia e letteratura, storiografia

“Una lapide in via Mazzini”: la vera storia Geo Josz

07/03/2017

di Marcella Hannà Ravenna

Sollecitata dall’articolo di Alberto Cavaglion che abbiamo pubblicato in occasione del 25 aprile 2016, Marcella Hannà Ravenna ha intrapreso un raffronto tra il personaggio del racconto di Giorgio Bassani, Geo Josz, e la figura reale che lo ispirò, cioè suo padre Eugenio (Gegio) Ravenna. Marcella Hannà Ravenna è professore di psicologia sociale. Studia i fenomeni sociali distruttivi specie in relazione al funzionamento personale dei perpetratori e delle vittime. Fa parte della Comunità ebraica di Ferrara, del Comitato scientifico del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano) e del GRIVISPE (Gruppo di ricerca sulla violenza sociale, politica ed economica, attivo dal 2012 presso il Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna).

Per delineare Geo Josz, protagonista del racconto Una lapide in via Mazzini, Giorgio Bassani si ispirò liberamente a una persona reale, Eugenio (Gegio) Ravenna, mio padre. È questa una questione sinora mai affrontata negli studi e nei contributi sull’argomento. Quando il racconto fu pubblicato ero troppo piccola e ciò non mi consentì di conoscere o ricordare quale fu la sua reazione. Anche in seguito non ne parlò con noi figli, così come faceva generalmente per tutte le questioni che lo riguardavano.

L’analisi proposta in questo articolo, sollecitato dalla lettura di 25 aprile, un fiore per Geo di Alberto Cavaglion, intende mettere a confronto il personaggio letterario e il suo ispiratore.

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Archiviato in:La città invisibile, Marcella Hannà Ravenna Contrassegnato con: Eugenio (Gegio) Ravenna, Ferrara, Giorgio Bassani, letteratura, ricordi, Shoah, storiografia

Libri fatali e poesia che soccorre la vita. Leggendo i racconti del 16 ottobre 1943

22/02/2013

di Alberto Cavaglion

La rubrica “letture” fa eccezione per la seconda volta e accoglie un saggio lungo. Il nostro amico Alberto Cavaglion riprende il tema del 16 ottobre 1943, la razzia del ghetto di Roma, per mettere in luce il dialogo che si sviluppa, per via diretta e indiretta, e procedendo secondo cronologie diverse, tra Umberto Saba, Giacomo Debenedetti ed Elsa Morante. “Un discorso che – scrive a un certo punto Cavaglion – oggi sembra più che mai remoto e inattuale”. Rileggendo testi entrati nel canone della letteratura italiana del Novecento, Cavaglion si confronta con almeno tre temi storiografici: l’antisemitismo in Italia; il mito dell’italiano “brava gente”; le responsabilità del Vaticano, ovvero di Pio XII, nella Shoah. E per affrontare quest’ultimo punto, Cavaglion convoca un quarto autore: Enzo Forcella. Queste pagine sono anche un invito a rivolgersi alle fonti per mostrare la complessità degli eventi, invece di aderire a una retorica piuttosto che a un’altra.

Quanto segue offre solo una parte degli argomenti (e dell'apparato di note) di Cavaglion, privilegiando lo scontro di punti di vista tra Umberto Saba e Giacomo Debenedetti, e la “quasi postilla” rappresentata dalla lettura delle pagine di Enzo Forcella. Il testo integrale del saggio (basato sull’intervento tenuto a Firenze il 17 gennaio 2013, in occasione del convegno internazionale Dopo i testimoni, Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale, promosso dall’Istituto Storico della Resistenza in Toscana) si può ottenere cliccando qui.

Quanta parte occupi la vicenda degli ebrei di Roma nella storia della deportazione razziale italiana è cosa nota. Buone ricerche hanno messo in luce le sembianze spettrali della città durante l’occupazione nazista, ma studiare il ruolo che il 16 ottobre 1943 ha avuto nella letteratura italiana, fino quasi a rappresentare un piccolo canone a sé stante, vuol dire sostanzialmente ripercorrere una conversazione a tre: Saba-Debenedetti, Saba-Morante, Debenedetti-Morante. Il vertice è costituito da Saba, che di luce propria o per specchiato sembiante condizionerà il cammino degli altri due. La triangolarità si riflette nei rispettivi lavori e corrispondenze epistolari, nei saggi (numerosi) che Giacomo Debenedetti ha scritto su Saba e in un (solo) densissimo saggio, che sempre Debenedetti ha scritto su Elsa Morante, la quale a sua volta ha dedicato un profilo fondamentale a Saba, “poeta di tutta una vita”. [Leggi di più…] infoLibri fatali e poesia che soccorre la vita. Leggendo i racconti del 16 ottobre 1943

Archiviato in:Alberto Cavaglion, Letture Contrassegnato con: 27 gennaio, antisemitismo, Elsa Morante, Enzo Forcella, Giacomo Debenedetti, leggi razziali, Roma, Shoah, storiografia, Umberto Saba

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