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seconda guerra mondiale

Spine meticolosamente svitate. Frammenti dell’immediato dopoguerra da carte di famiglia (1945-1948)

30/01/2020

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza ha recuperato tra le carte di famiglia cinque lettere ricevute da suo nonno, Giuseppe Lanza, tra il 1945 e il 1948. Ricostruisce così alcune scene della vita di chi era sopravvissuto e riprendeva un’esistenza dopo la guerra e il genocidio. La moglie Ania Goldstein (di origine russa ed ebraica) era morta di tubercolosi nel 1943; il cognato Ramik aveva lasciato l’Italia per gli Stati Uniti all’indomani delle leggi razziali del 1938; la suocera Anastasia era stata deportata dopo essere stata arrestata dalle SS nella casa di cura di Milano in cui aveva cercato di nascondersi. Giuseppe apriva le lettere di chi cercava di avere notizie in una casa ancora spoglia di tutto per via di una requisizione tedesca nel 1944, e ora condivisa con una famiglia di esuli fiumani. I primi passi di una ricerca da fare.

Degli anni del primissimo dopoguerra, non ho che due foto in cui si possa vedere mio nonno, Giuseppe Lanza: una del 1946 e una del 1947. 

La prima, scattata in estate durante una gita fra il lago di Lugano e il lago Maggiore, è una foto di famiglia. Giuseppe porta una camicia a maniche corte e dei pantaloni corti dalla vita altissima. Oggi si direbbe che sembrava molto più vecchio dei suoi quarantasei anni; nato il 16 dicembre 1899, a Valguarnera nell’entroterra siciliano, era stato registrato all’anagrafe il 1° gennaio seguente, evitando così il fronte della Prima guerra mondiale. Dopo il militare si era trasferito “al Nord”, dove si era sposato con Ania Goldstein nel 1935, che morì meno di otto anni dopo. Nella foto, vicino a Giuseppe stanno mio padre Diego, di nove anni, e i quattro membri della famiglia di esuli fiumani che vivevano nel loro stesso appartamento a Milano. 

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Archiviato in:Andrea Lanza, La città invisibile Contrassegnato con: deportazione, Giuseppe Lanza, ricordi, seconda guerra mondiale, storiografia

“Che diranno i miei figli…”. Una lettura, con una nota preliminare

26/11/2018

di Alessandro Casellato

Riceviamo e pubblichiamo il testo della relazione che il nostro amico Alessandro Casellato ha tenuto il 15 ottobre 2018, a Venezia, in occasione della presentazione del libro di Claudio De Mohr e Ugo De Mohr, Odissea di un diplomatico. Con una nota che spiega l’origine del testo e richiama le “buone pratiche di storia orale”.

Nota. Il 15 ottobre 2018 ho presentato a Venezia, alla Scoletta dei Calegheri il libro Claudio De Mohr, Ugo De Mohr, Odissea di un diplomatico. … che diranno i miei figli…, Gangemi Editore, Roma, 2017 (576 p.). Si tratta di un grosso volume che contiene un doppio diario, di un padre e di un figlio, entrambi diplomatici. Il primo è una memoria scritta dall’addetto stampa e propaganda presso l’ambasciata della RSI a Sofia, deportato dai russi e tenuto in prigione a Mosca fino al 1950; vi si intreccia il racconto del figlio, rappresentante italiano presso la NATO e altrove, che fa un po’ il curatore del testo paterno, un po’ lo storico ricostruendo i contesti ed esprimendo giudizi.

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Archiviato in:Alessandro Casellato, La città invisibile, Letture Contrassegnato con: diari, seconda guerra mondiale, storia e memoria, storiografia

La Ghirlanda fiorentina. Una lettura

17/06/2014

di Pergentino Burdizzo

Si allarga la cerchia degli amici che leggono per noi: Pergentino Burdizzo ci scrive a proposito del recente libro di Luciano Mecacci dedicato alla ricostruzione dei moventi e dei mandanti dell’omicidio del filosofo Giovanni Gentile, ucciso a Firenze il 15 aprile 1944. Non una recensione, ci scrive Burdizzo, ma “un condensato delle note a margine” suscitate dalla lettura. Vista la lunghezza del testo, ne presentiamo qui di seguito solo una parte; per scaricare il testo integrale, cliccare qui.

In questo volume che Luciano Mecacci ha dedicato all’uccisione di Gentile e al contesto in cui è avvenuta (La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano 2014), le allegazioni prodotte sono colluvie. Agli specialisti il compito di sceverare il nuovo dal noto. Il lavoro da fare è molto, trattandosi di venire a capo di 520 pagine, ma per fortuna gli specialisti del tema sono numerosi. La bibliografia ragionata che Mecacci, con lodevolissimo scrupolo, offre in coda al suo studio occupa ventuno pagine fitte in corpo minuto. Il tema insomma non si presta a randonnées di principianti. La consegna è quella dei due di piantone al tempio di Sarastro: zurück a chiunque osi avvicinarsi sprovvisto di lasciapassare. Intimazione che ho sentito benissimo, salvo che gli appunti che seguono, caro amico, non sono mica una recensione, ma giusto un condensato degli appunti scritti a margine.

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Archiviato in:Letture, Pergentino Burdizzo Contrassegnato con: anticomunismo, antifascismo, comunismo, fascismo, Firenze, Giovanni Gentile, Resistenza, seconda guerra mondiale, storiografia

Desiderio di tornare a casa. Aprile-maggio 1945

28/04/2014

di Giuseppe Zaggia

Per molti la guerra non finisce il 25 aprile, né l’8 maggio 1945. Per i prigionieri, per esempio, ci vorranno ancora settimane o mesi per rientrare a casa e riavviare una vita in tempo di pace. È il caso di Giuseppe Zaggia, di cui abbiamo già presentato alcune pagine su questo sito: dal suo diario abbiamo tratto un ricordo dell’8 settembre 1943. Quello stesso mese fu arrestato a Mestre, quindi internato prima in Polonia e poi in Germania per aver rifiutato di aderire alla Repubblica sociale fascista e di servire il Reich nazista. Alla fine dell’aprile 1945, cominciano a circolare nel campo notizie dall’Italia: “grande ansia, e entusiasmo”. Si muore ancora; in Germania la guerra prosegue; prigionieri trasferiti da un campo all’altro; gesti di guerra: torture e qualche prova di solidarietà; sentimenti contrastanti verso i tedeschi; la guerra finalmente si ferma; tentativi di tornare a casa subito.

28 aprile.

Tempo piovoso. Oggi 28, pioggia tutto il giorno e una grandinata di mezz’ora.

Grande ansia, e entusiasmo, per le notizie dall’Italia. E Venezia? Che sia liberata? Ci si rode l’anima al pensare che avremmo potuto anche noi essere là e agire e invece, ormai, non c’è più nessuna speranza. Troppo tardi, e non abbiamo servito a niente.

Questa notte, dalle 1 alle 2, farò la veglia funebre al ten. col. Basadonna, morto ieri all’infermeria per intossicazione gastrica e broncopolmonite.

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Archiviato in:Giuseppe Zaggia, La città invisibile Contrassegnato con: antifascismo, Liberazione, prigionia, ricordi, seconda guerra mondiale

Rapporto confidenziale sul mio internamento (giugno 1940)

15/01/2014

di Uberto Limentani, a cura di Lucio Sponza

Qualche giorno prima di Natale, Manlio Calegari ha commentato sul nostro sito l’intervento su Radio Londra, tenuto da Lucio Sponza all’ultimo “spunti-no storico” del 2013. Calegari si diceva curioso di sapere qualcosa di più sull’“illuminante” rapporto di Uberto Limentani citato nel testo; Sponza ha perciò deciso di fornirci la traduzione italiana della trascrizione integrale del documento. La pubblichiamo qui di seguito.

Rapporto confidenziale di U[berto] Limentani intorno al proprio internamento e all’affondamento della nave a vapore Arandora Star

Sono stato arrestato il 13 giugno e internato lo stesso giorno nel Campo di Internamento per Stranieri all’ippodromo di Lingfield [circa 30 chilometri a sud di Londra]. Sono stato messo con altre nove persone in un carro per il trasporto di cavalli; non è stata fatta alcuna distinzione fra rifugiati e altre persone, né allora né dopo; nove giorni dopo è stata resa disponibile una sistemazione migliore, ma all’undicesimo giorno dall’arresto sono stato trasferito al Campo di Internamento di Warth Mills [un cotonificio dismesso] di Bury, Lancashire. La sistemazione in questo campo era molto deplorevole e i servizi igienici erano insufficienti per i 1800 internati stipati in uno spazio molto limitato (nessuna possibilità di lavarsi per bene; dappertutto c’erano lo sporco e l’untuosità di una fabbrica abbandonata; praticamente inesistenti i gabinetti). Il cibo era spesso insufficiente sia a Lingfield che a Bury, e il pasto serale consisteva frequentemente di un po’ di pane, un pezzo di formaggio e una tazza di tè.

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Archiviato in:La città invisibile, Lucio Sponza Contrassegnato con: documenti, Radio Londra, seconda guerra mondiale, spunti-ni storici

La BBC “in bianco” e “in nero”. La propaganda britannica per l’Italia nella seconda guerra mondiale

18/12/2013

di Lucio Sponza

Pubblichiamo il testo dell’intervento che Lucio Sponza ha tenuto in occasione del terzo “spunti-no storico” di storiAmestre, edizione autunno 2013. Vista la sua lunghezza, ne presentiamo qui di seguito solo il primo paragrafo e la nota archivistica-bibliografica; chi volesse leggere il testo integrale, può scaricarlo in formato pdf cliccando qui.

Saranno tre, invece di due, le modalità della propaganda e la terza possiamo chiamarla “in grigio”, per rimanere nei termini cromatici del titolo. La prima, quella arcinota, è costituita dalle trasmissioni di Radio Londra; la seconda, quella “in nero”, è la propaganda clandestina; la terza, quella che utilizzava i prigionieri di guerra italiani sia come mezzo che come fine della propaganda (in “grigio-verde”?).

Radio Londra

La prima trasmissione in italiano fu effettuata dalla BBC (British Broadcasting Corporation) alla fine di settembre del 1938, subito dopo l’incontro a Monaco di Baviera dei “quattro grandi”. Non era un privilegio dell’Italia: furono iniziate anche trasmissioni per la Germania e per la Francia, nelle rispettive lingue. Che fosse coinvolta anche la Francia suggerisce che questi programmi non avessero tanto scopi di propaganda quanto di informazione. (Sul rapporto tra propaganda e informazione non è qui il caso di intrattenerci). 

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Archiviato in:La città invisibile, Lucio Sponza Contrassegnato con: antifascismo, fascismo, propaganda, radio, Radio Londra, seconda guerra mondiale, spunti-ni storici, storiografia

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