di Fabio Pusterla
Riceviamo da Fabio Pusterla una lettura del nuovo libro di Gigi Corazzol, di cui abbiamo presentato alcune pagine a Ferragosto. Dove, tra le altre cose, si rivendica la possibilità (la necessità?) di perdere il filo: “E perché bisogna avere il coraggio di perdere ogni tanto il filo? Da non storico, direi: perché la storia non è affatto un filo, ma un susseguirsi di complessità e disordini, e l’ossessione del filo rischierebbe di tradire la verità e la sua confusione, sovrapponendole un bel disegno immediatamente comprensibile”.
“Non sono uno storico, né professionista né dilettante, e non mi sento quindi abilitato a parlare dei contenuti del libro di Corazzol, anche se l’ho letto due volte per intero, e credo di aver capito abbastanza bene quale sia il succo del discorso, e anche quali siano i succhi gastrici e biliari di chi l’ha scritto”: potrei (e dovrei) sottoscrivere parola per parola queste affermazioni, con cui Pietro De Marchi, a cui devo la conoscenza di Gigi Corazzol, apriva anni or sono la sua ottima recensione ai Pensieri da un motorino. Diciassette variazioni di storia popolare1. Nel seguito del suo scritto, De Marchi analizzava poi con grande attenzione “la lingua e lo stile di Gigi Corazzol” (potremmo dire riutilizzando il titolo illustre di Dante Isella studioso di Carlo Dossi): lingua e stile che nei recentissimi Piani particolareggiati. Venezia 1580-Mel 1659 rappresentano di nuovo una caratteristica fondamentale e stupefacente della scrittura saggistica di Corazzol, anche in questo caso animato dagli stessi “succhi gastrici e biliari” che da sempre, mi pare, sono all’origine del suo linguaggio storico. Da sempre, o perlomeno da quando un libro d’eccezione come Cineografo di banditi su sfondo di monti. Feltre 1634-1642, apparso quasi vent’anni fa (1997: anno importante per Corazzol anche sul piano personale, come ci spiega l’autore nelle pagine iniziali del suo più recente volume) ha inaugurato una stagione di ricerca quasi maniacale attraverso gli archivi comunali e parrocchiali del Veneto e i territori del bellunese e del feltrino, indagati con l’attenzione rivolta al periodo in cui profondi mutamenti economici, antropologici e culturali si stanno manifestando, e più forte si mostra l’interesse pressoché coloniale della Serenissima per queste zone, con tutte le conseguenze del caso.
- Uscito nella collana dei Quaderni di storiAmestre nel 2006. Ndr [↩]