di Alberto Cavaglion
È da pochi giorni in libreria il nuovo libro del nostro amico Alberto Cavaglion, Decontaminare le memorie. Luoghi, libri, sogni (Add editore). In queste pagine, Cavaglion riprende e sviluppa le riflessioni avviate nel 2019, con una relazione presentata alla Summer School dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, subito pubblicata sul nostro sito. Punto di partenza, la constatazione che è negativo il bilancio di una ventina d’anni di “politiche della memoria”, “calendari civili” e commemorazioni pubbliche infilate nei programmi scolastici. L’invito è quello di prendersi una pausa – anche quella forzata dalla pandemia – per riflettere. I temi che si intrecciano nel libro sono quelli delle poche pagine che presentiamo qui: il rapporto tra esseri umani, tempo e storia; l’insegnamento della storia a scuola; le forme di trasmissione dei valori e delle esperienze umane; i cerimoniali pubblici o lo scambio entro piccoli gruppi; l’importanza di una biblioteca; l’uso e l’abuso della categoria “luoghi della memoria” e il suggerimento di osservare il paesaggio; lo sguardo con cui osservare e il tono di voce con cui parlare.
Partiamo dall’autocritica, dalla fatidica frase «Mi sono sbagliato». Si è sbagliato moltissimo nei decenni scorsi, se è vero, come è vero, che i nostri laboratori sulla memoria non hanno impedito la diffusione di parole irripetibili contro le minoranze etniche, contro i neri, contro i rom, contro gli ebrei, contro i migranti, contro le donne. Chi ha lavorato nel mondo della scuola, chi si è occupato di didattica della Storia nelle istituzioni e negli assessorati dovrebbe fermarsi un attimo e ragionare sul perché ciò sia potuto accadere. Nessuno è innocente, nessuno può tirarsi indietro fingendo di non vedere. Chiedere e sperare che le cose si possano aggiustare con un processo moralistico ai Guardiani della Memoria o con la richiesta di un’ora in più nei curricula o la rassicurazione che la traccia di storia tornerà a essere reinserita nei temi per l’Esame di Stato – come è capitato di leggere in un recente appello di studiosi e docenti universitari – è un proposito ingenuo, che fa quasi sorridere se si pensa alla gravità degli errori commessi, su cui invece si sorvola.