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Nicola Sacco

Sacco e Vanzetti. “Un anniversario, non un lutto”

22/08/2020

di Alexander Berkman e Emma Goldman

Il 22 di agosto, a Boston in America… Per il 93esimo anniversario dell’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, riprendiamo un articolo che Alexander Berkman e Emma Goldman scrissero per la seconda ricorrenza, nel 1929, pubblicato dalla rivista radical americana “The Road To Freedom”. Per Berkman e Goldman, Sacco e Vanzetti erano assurti tra le “scintille” del vero progresso, ovvero ciò che rende “il genere umano più umano, nel fare del mondo un posto decente in cui vivere”. Non è questione di tecnica o di “riforme”: il “vero progresso” è “spezzare le catene dell’ignoranza e della superstizione, liberare l’uomo dalla morsa di idee e pratiche che lo rendono schiavo, dissipare l’oscurità dalla sua mente e il terrore dal suo cuore”. Questa storia non è scritta dai Napoleone e dai Bismark, ma dai tanti anonimi “martiri della libertà e della giustizia”. Con uno sguardo alla rivoluzione bolscevica, a pochi mesi dal crollo di Wall Street (quello del 1929 beninteso). La traduzione è del nostro amico Pietro Di Paola.

I nomi del “buon calzolaio” e del povero “pescivendolo ambulante” hanno smesso di rappresentare semplicemente due lavoratori italiani. In tutto il mondo civilizzato Sacco e Vanzetti sono divenuti il simbolo, l’emblema della Giustizia schiacciata dal Potere. È il grande significato storico di questa crocifissione del XX secolo, e le parole di Vanzetti sono state veramente profetiche quando ha dichiarato: “L’ultimo istante ci appartiene: questa agonia è il nostro trionfo”.

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Il verdetto di milioni di persone. Per Sacco e Vanzetti, nel novantesimo anniversario dell’esecuzione

22/08/2017

di Elizabeth Gurley Flynn

In occasione del novantesimo anniversario dell’esecuzione dei due anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, avvenuta la notte del 22 agosto 1927 a Boston, riprendiamo alcune pagine dell’autobiografia di Elizabeth Gurley Flynn, una militante del movimento operaio statunitense che fece parte del comitato per la difesa di Sacco e Vanzetti. Per altre notizie, si veda la nota finale.

Faccio visita a Sacco e Vanzetti

Nell’ottobre del 1920, Mary Heaton Vorse e io facemmo visita a Nicola Sacco nel carcere di Dedham. Fred Moore1 organizzò l’incontro in modo che potessimo fare un po’ di pubblicità alla loro causa. Mary scrisse un bell’articolo per The Nation, che cominciava: «Attraversammo i dolci villaggi del New England». Era autunno, l’aria era impregnata del pungente odore delle foglie bruciate. Visto quello che sono le prigioni, il posto non era male. Mary diceva che sembrava una biblioteca, con un’ampia rotonda al centro; solo che negli scaffali venivano risposi degli uomini, non dei libri. Poi ci venne rapidamente incontro un bel giovane, snello, dal portamento eretto, con gli occhi scintillanti e un sorriso allegro. Era Sacco. Aveva 30 anni. La camicia blu che indossava era pulita e linda, aperta sul collo. Mi salutò con entusiasmo «Elisabetta – ti conosco. Ti ho sentita parlare agli scioperanti di Lawrence!» disse. Poi salutò Fred Moore e la signora Vorse, che parlava un po’ l’italiano, con sua grande gioia. Ci mettemmo tutti a sedere. Mi disse dei suoi ideali – «l’Idea», come la definiva, che per lui significava giustizia sociale. Non più governo, polizia, giudici, padroni, autorità; gruppi popolari autonomi – ogni cosa di proprietà del popolo – lavoro in comune – distribuzione della ricchezza in rapporto al bisogno – uguaglianza, giustizia, fratellanza – amore reciproco; queste appassionate parole sgorgavano come torrenti dalle sue labbra. Odiava l’ozio forzato. Voleva poter lavorare – questo lo indispettiva.

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  1. L’avvocato militante incaricato della difesa di Sacco e Vanzetti. [↩]

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Sacco e Vanzetti, oggi

22/08/2014

di Piero Colacicchi

In occasione dell’anniversario dell’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (22 agosto 1927), riprendiamo il saggio scritto da Piero Colacicchi per accompagnare la prima edizione italiana del pamphlet che John Dos Passos compose nel 1927 per conto del Comitato di difesa Sacco e Vanzetti, tentando un’ultima mobilitazione dell’opinione pubblica che permettesse almeno di ottenere un nuovo rinvio dell’esecuzione. È il modo che abbiamo scelto per ricordare il nostro amico Piero, che se n’è andato l’11 agosto scorso. I lettori del sito hanno avuto modo di conoscerlo un po’ in questi anni: l’ultimo suo intervento risale al maggio scorso, un “oggetto”, il ritratto della tata russa, Duniascia, eseguito da sua madre, Flavia Arlotta.

«Il carcere è quel posto in cui perdi ogni rispetto per la legge. Ciò accade perché la vedi in tutta la sua crudezza, nuda, distorta, piegata, ignorata, gonfiata oltre ogni proporzione per andar bene a coloro che la mettono in pratica.»1

Le vicende del processo a Vanzetti e a Sacco sono ben note. Da queste sono nati anche un film, un’opera teatrale, molte canzoni – tra cui quelle famose di Woodie Guthrie e di Joan Baez ed Ennio Morricone – innumerevoli libri, articoli, poesie2. All’epoca il processo ebbe un’immensa eco di stampa a livello internazionale. Il Comitato di difesa Sacco e Vanzetti raccolse più di 200.000 dollari – il che non è poco se si tiene conto che il salario di Sacco, operaio specializzato in fabbrica al momento dell’arresto, era di circa 3.600 dollari l’anno. Al loro fianco, oltre a Dos Passos, in una serie di appelli, si schierò il fior fiore degli intellettuali di tutto il mondo. 

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  1. Da una lettera di Lamont Branch, presunto omicida, detenuto in attesa di esecuzione per 13 anni nella Shawangunk Correctional Facility di New York, infine liberato perché riconosciuto innocente, citata da S. Christianson, Condemned. Inside the Sing Sing Death House, New York University Press, New York 2000, p. 24. [↩]
  2. Per una breve rassegna, si può vedere L. Botta, Sacco e Vanzetti: giustiziata la verità. La vicenda dei due anarchici, nei fatti e nelle battaglie per la riabilitazione, con lettere, fotografie e documenti inediti, prefazione di P. Nenni, Edizioni Gribaudo, Cavallermaggiore 1978, pp. 135-193. Sembra che il mito sia ancora presente nelle manifestazioni politiche. Marina Forti, inviata a Teheran per seguire le elezioni presidenziali del giugno 2005, ha raccolto voci – sembra che la stampa fosse presente, ma non è trapelata nessuna notizia pubblica e ufficiale – su una manifestazione di donne davanti alla sede dell’università, per i diritti, la democrazia, la liberazione dei prigionieri politici; era la prima protesta di donne a Teheran dai primi mesi della rivoluzione del 1979. Striscioni e cartelli erano accompagnati da slogan, cantati sul motivo della ballata per Sacco e Vanzetti (cfr. M. Forti, Bombe sulle elezioni. Iran Domenica esplosioni vere, con 10 morti, e ieri «immaginarie». Polizia contro una protesta di donne, “il manifesto”, 14 giugno 2005). [↩]

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