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lavoro

“Alzati che è ora di andare a lavorare”. Una figlia intervista sua madre

29/08/2018

di Mirella Vedovetto

La nostra amica Mirella Vedovetto intervista sua madre sul lavoro che aveva fatto da giovane. Aveva cominciato quattordicenne, alla fine degli anni Cinquanta, presso una sarta di Mogliano Veneto dove già lavorava una sorella: le mansioni, le condizioni di lavoro, la paga, i vestiti, la clientela, un regalo di nozze, i vestiti fatti per i familiari… Smise dopo essersi sposata. La conversazione risale all’aprile 2006.

Introduzione. “Alsate, Gianna, alsate che xe ora de andar a lavorar… alsate!”. Così la zia Lina (Evelina) cercava di svegliare mia mamma, quando era ragazza. Lei però aveva ancora sonno e si girava dall’altra parte.

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Archiviato in:La città invisibile, Mirella Vedovetto Contrassegnato con: intervista, lavoro, Mogliano Veneto, sartoria

Reddito minimo, diritto al lavoro e cittadinanza

01/05/2018

di André Gorz

Buon Primo maggio. Riprendiamo alcune pagine da un libro del filosofo francese André Gorz uscito alla fine degli anni Ottanta – e tradotto in italiano da Stefano Musso nel 1992 sotto il titolo Metamorfosi del lavoro –, dedicate alla questione del reddito minimo e alla sua funzione. Il reddito minimo può essere una “carità istituzionale” che, oltre a dipendere da una volontà centrale, è utile a precarizzare ulteriormente il mercato del lavoro, senza modificare gerarchie e dinamiche in atto. Al contrario, potrebbe essere il punto di partenza di nuove forme di emancipazione, di un “progetto di una società in cui tutti possano lavorare, ma lavorare sempre meno pur continuando a migliorare il tenore di vita”, accompagnato “da una strategia di azioni collettive e di iniziative popolari”.

Queste pagine servono anche a ricordarci che discussioni come quella sul reddito minimo, che ci sembrano molto recenti, hanno invece alle spalle una storia lunga; e invitano a ricostruire il senso di una riflessione – parole, slogan, formule di programma – che accompagna il movimento operaio in Europa fin dalle sue origini.

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Archiviato in:André Gorz, La città invisibile Contrassegnato con: lavoro, Primo Maggio, storia del lavoro

Senza cronometro. Un discorso di auguri

10/12/2017

di Maria Turchetto

Pubblichiamo il testo del discorso di auguri di fine anno che Maria Turchetto ha tenuto il 6 dicembre 2017 presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. E ancora buon San Nicolò.

Non so bene cosa dirvi, visto che sono una ritirata, una congedata, insomma… una pensionata. Potrei raccontarvi – con un po’ di crudeltà – com’è la vita di un pensionato. Un po’ di crudeltà nei confronti dei giovani, dei precari, degli assunti a tempo determinato (e ce ne sono tanti tra voi) che non sanno se arriveranno a godere di questo antico privilegio, istituito, nella sua forma pubblica, nel 1889 nella Prussia di Guglielmo II. Diceva una vecchia canzone anarchica, più o meno coeva dell’istituzione del sistema di sicurezza sociale tedesco: “il tempo è dei filosofi”. Allora in Italia il sistema pensionistico ancora non c’era, altrimenti avrebbero cantato: “il tempo è dei pensionati”.

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“Tutti precari, tutti peccatori”. Lavorare “a voucher” per un istituto religioso

03/12/2016

di Giulio Vallese

Il nostro amico Giulio Vallese ci ha mandato un breve resoconto di una sua recente esperienza lavorativa presso un noto istituto religioso di una cittadina del Nordest. Discussioni con l’amministrazione, nessun obbligo di contratto, pagamenti in voucher, uscire da un tabaccaio con una mazzetta di banconote.

Un palazzone di quattro piani, largo un centinaio di metri, occupa l’orizzonte. Le numerose finestre compongono enormi crocefissi. È la sede di un rinomato istituto religioso. Sono lì per un colloquio di lavoro, cercano uno che sappia le lingue per il doposcuola. Dovrei cavarmela, penso, il curriculum è in regola e poi ho fatto il chierichetto per anni, conosco l’ambiente. Giacca, scarpe eleganti e taglio dai cinesi sotto casa, che non sono certo cattolici ma a cui viene naturale quell’acconciatura demodé da membro del politburo – ideale, penso, per far bella figura coi preti. Mi avvicino all’entrata e noto un paio di elementi posticci: il bugnato rinascimentale che decora l’intero piano terra e il portone di legno borchiato in stile medievale.

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Archiviato in:Giulio Vallese, La città invisibile Contrassegnato con: descrizione, lavoro, precariato, voucher

Lavorare nel vicentino. I racconti di Vitaliano Trevisan, metà anni Settanta-2000

21/08/2016

di Davide Zotto

Il nostro amico Davide Zotto ci invia qualche nota presa leggendo il nuovo libro di Vitaliano Trevisan.

Non voleva più la bicicletta da donna di sua sorella, voleva come i suoi amici la bicicletta da uomo, col palo. Bene, gli dice il padre, allora ne parliamo con il mio amico. E quella bicicletta con il palo se la comprò con i soldi guadagnati stampando gabbie per quaglie nell’estate dopo la prima geometri. Lavoro in nero, ovvio.

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“I trucchi del mestiere”. Un lavoro a carnevale

10/04/2014

di Anna Scandolin

Anna Scandolin descrive l’evoluzione di un impiego stagionale che svolge da sei anni: il truccatore per Carnevale, un’attività nata spontaneamente nei primi anni Novanta e oggi regolamentata (prevede un bando, un numero chiuso, spazi precisi dove può essere svolta). Trovare il posto giusto, giornate di lavoro lunghe, rapporti con i colleghi, remunerazioni in calo, clientela che cambia: un punto di osservazione particolare su un carnevale ogni anno più irreggimentato e meno sorprendente. Le foto che illustrano l’articolo sono di Anna Scandolin e Tommaso Ceccanti.

1. Il carnevale di Venezia vede la comparsa della figura del “truccatore” solo nel 1992 per spontanea iniziativa di alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti. Inizialmente non esisteva una regolamentazione in merito: durante i giorni del carnevale, chiunque poteva dipingere maschere o decorazioni sul volto dei turisti, in cambio di una libera offerta, sistemando dove desiderava il proprio tavolino con pennelli e colori e lo sgabello per far accomodare il cliente; i più sceglievano piazza San Marco o il piazzale di fronte alla stazione dei treni.

Ogni anno il numero dei truccatori aumentava e il Comune di Venezia ha ritenuto opportuno regolamentare questa nuova attività istituendo un bando per il rilascio, per un numero limitato di posti, di un regolare permesso che vale dieci giorni (dal sabato che precede il “volo della Colombina” al Martedì Grasso) e indica a ogni truccatore la zona in cui svolgere la sua attività, ormai sempre più relegata nei campi minori lontani dalle rotte turistiche.

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