di Valentina Marcella
Continuiamo a raccogliere interventi e riflessioni su quanto accaduto a inizio anno in Francia e sulle conseguenze che ciò potrà avere. Dopo averci raccontato la protesta di Gezi Park nel giugno 2013, Valentina Marcella ci invia una rassegna delle reazioni osservate a Istanbul negli ultimi dieci giorni: solidarietà e not in my name, iconoclasti, censura e autocensura, minacce e paura di uno scontro civile.
Quali sono le reazioni in un paese a maggioranza musulmana come la Turchia a quanto accaduto a Parigi? Ancora una volta l’opinione pubblica si è divisa, schierata su due posizioni radicalmente opposte.
1. Da una parte, dimostrazioni di condanna degli atti terroristici e di solidarietà nei confronti della redazione di Charlie Hebdo, dei familiari delle vittime (tutte, non solo dei vignettisti) e più in generale del popolo francese sono fiorite fin dall’arrivo delle prime tragiche notizie da rue Nicolas-Appert. A Istanbul, un corteo spontaneo ha marciato sul corso pedonale Istiklal, fiori e messaggi solidali sono stati recapitati al cancello del Consolato di Francia e una folla di “Je suis Charlie” si è radunata in un sit-in davanti all’Istituto di cultura francese. A prendere parte a queste iniziative è la fetta laica della popolazione, costituita da una minoranza atea e da un numero elevato di musulmani laici, che relegano l’islam alla sfera privata e che si oppongono fortemente alla strumentalizzazione della religione a scopo politico, nonché, ovviamente, terroristico.