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“E se fosse uno scherzo?”. Note su una lettera di un parrucchiere socialista (Parigi, autunno 1848)

27/11/2021

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza è rimasto colpito da una lettera del novembre 1848 che di recente ha potuto leggere in un fondo degli Archivi Nazionali di Parigi. Cosa ci raccontano, oggi, le singolari caratteristiche di quel breve testo? Che cosa significavano allora? Immaginare quel che è stato seduti a un tavolo in archivio, fare ipotesi davanti a un bicchiere bevuto in compagnia, pensare alle nostre vite di oggi attraverso i compagni di ieri.

Una candidatura respinta

Ottobre 2021, sala di consultazione degli Archivi Nazionali francesi, sfollati dalla sede storica nel centro di Parigi all’avveniristico edificio della banlieue nord, al confine fra il comune di Saint-Denis e quello di Pierrefitte-sur-Seine. Inizio a esplorare una serie di faldoni che documentano un aspetto poco studiato della rivoluzione francese del 1848: un credito di tre milioni di franchi erogato dalla Repubblica alle cooperative di soli operai o di padroni disposti a distribuire parte dei dividendi con i propri lavoratori; per ottenere il credito bisognava presentare un progetto a un Consiglio che lo avrebbe valutato. Il provvedimento era stato approvato il 5 luglio 1848, all’indomani delle giornate di giugno, quelle della sollevazione delle classi popolari parigine in nome della repubblica democratica e sociale, mentre alla repressione delle armi succedevano le retate e una campagna stampa di totale delegittimazione degli insorti e dei “democratici socialisti”. La storiografia dei movimenti dei lavoratori ha spesso liquidato questo Consiglio come un’operazione volta a controllare o comprare parte delle classi lavoratrici, pronte a collaborare con i repubblicani moderati e, soprattutto, con l’eterogenea alleanza di conservatori e reazionari che stava ormai prendendo il controllo della giovane repubblica. 

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Archiviato in:Andrea Lanza, La città invisibile Contrassegnato con: 1848, archivi, documenti, Parigi, storia del movimento operaio, storiografia

Una bambina veneziana in gita a Favaro nel 1925. Da un diario di scuola

09/04/2020

di Lucio Sponza

Il nostro amico e socio Lucio Sponza ha recuperato il diario scolastico che Giulia, sua mamma, tenne negli anni 1924-25 e 1925-26, quando, tra i 13 e i 14 anni, a Venezia frequentava la scuola Giustina Renier Michiel (a San Trovaso, dove tuttora si trova). Da questi quaderni, che cerca di leggere collocandoli nel clima cittadino e nazionale di quegli anni, quando il fascismo si stava affermando come regime, Lucio ha estratto un brano dell’aprile 1925. La classe di Giulia, con alcune altre scolaresche veneziane, partecipò a una gita a Favaro, allora in campagna: vaporetto da Rialto a San Giuliano, tram fino alla piazza di Mestre, poi a piedi passando per Carpenedo, merenda e rientro, per una strada più breve, e l’approdo dove la mamma la aspetta.

I nuovi programmi delle scuole “complementari”, avviate con la riforma Gentile, prevedevano che alunni e alunne tenessero un diario – da scrivere a casa, senza vincoli di consegna – esprimendosi liberamente, su qualunque argomento, anche se di solito le annotazioni riguardavano attività scolastiche: osservazioni su lezioni e letture svolte in classe; racconti di visite a musei e altre istituzioni; resoconti di gite collettive. Queste classi “complementari” erano una estensione di due anni delle scuole elementari, che allora consistevano di cinque oppure sei anni (dipendendo dalle circostanze locali) ed erano perciò chiamate classi di “settima” e di “ottava”. Non durarono a lungo, soprattutto perché miravano a una formazione senza precisi e immediati sbocchi pratici, come invece faceva la loro alternativa per le classi sociali inferiori: la “scuola integrativa di avviamento professionale”.

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Archiviato in:La città invisibile, Lucio Sponza Contrassegnato con: diario, documenti, Favaro, pagine scelte, scuola, Venezia

Folk revival, canto sociale e Carosello. L’educazione sentimentale delle generazioni del miracolo economico e il controcanto

11/05/2017

di Piero Brunello

Pubblichiamo il testo dell’intervento di Piero Brunello alla presentazione del libro La musica folk. Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia (2016), curato da Goffredo Plastino, che si è tenuta presso il dipartimento di studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari di Venezia il 28 marzo 2017.

Il libro curato da Goffredo Plastino1 raccoglie una mole poderosa di documenti e discussioni relative al folk revival in Italia dagli anni Sessanta del Novecento a oggi: una raccolta di scritti spesso di difficile reperimento, utilissimo repertorio per ricostruire un fenomeno. In un’intervista del 1971 Caterina Bueno preferiva parlare di “canzone popolare” e non di folk (p. 627), e così si diceva comunemente. Plastino parla invece di folk per non confonderlo con il popular (pop): Mamma mia dammi cento lire è folk, Lucio Battisti è popular (pop). Mi atterrò anch’io a questo lessico, e provo a elencare alcune questioni che mi sono sorte leggendo i documenti raccolti nel volume, limitandomi agli anni Sessanta-Settanta del Novecento.

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  1. La musica folk. Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia, a cura di Goffredo Plastino, il Saggiatore, Milano 2016, pp. 1279, € 49; le indicazioni di saggi e di pagine inserite nel testo si riferiscono ovviamente a questo volume. [↩]

Archiviato in:La città invisibile, Letture, Piero Brunello Contrassegnato con: canto sociale, canzoni, documenti, Goffredo Plastino, storiografia

Alain, Carlo Levi e un pettirosso. Una nota e tre documenti

23/01/2017

a cura di Filippo Benfante

Oggi, 24 gennaio 2017, facciamo un salto all’indietro al 1952. Un pretesto per parlare di Alain, Carlo Levi e un pettirosso che “ci può portare con le sue ali di pensiero chissà dove, alla guerra e alla pace”, alla differenza e al reciproco riconoscimento. Sullo sfondo la prima grande retata contro “Giustizia e Libertà” del marzo 1934, e i segnali dell’incipiente politica razziale del regime fascista: l’Ovra accusava Mario Levi di aver inveito contro “gli italiani”, la stampa lanciava l’idea del “complotto ebraico”.

per Giacomo C

S’incomincia con una coincidenza. Il 24 gennaio 1952 Carlo Levi chiudeva un articolo che qualche mese dopo sarebbe apparso in francese su un numero monografico della Nouvelle Revue Française intitolato Hommage à Alain, uscito con la data “settembre 1952”. L’omaggio al filosofo che è diventato una presenza abituale sul sito di storiAmestre a partire dal maggio 2013 arrivava a poco più di anno dalla sua morte, avvenuta nel giugno 1951.

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Archiviato in:Alain, Filippo Benfante Contrassegnato con: antifascismo, Carlo Levi, documenti, Giustizia e Libertà, Sergio Solmi

Da “Riva degli Schiavoni” a “Riva degli Slavi”. Venezia, marzo 1849

19/01/2017

di Pacifico Valussi, a cura di Piero Brunello

In questi giorni ha aperto a Venezia la mostra “Ascari e Schiavoni, il razzismo coloniale e Venezia”, organizzata in occasione dell’ottantesimo anniversario della prima legge razziale italiana, emanata nel 1937.

Per l’occasione Piero Brunello presenta un articolo di Pacifico Valussi che nel marzo 1849 annunciava il cambiamento del nome di Riva degli Schiavoni in Riva degli Slavi, in nome della fratellanza tra i popoli. Si trattava in realtà di una richiesta, promossa da diciotto Dalmati che vivevano a Venezia, e che il governo di Manin decise di non prendere in considerazione.

Alla fine di marzo 1849 Pacifico Valussi, un friulano accorso alla difesa di Venezia, scrisse una lettera aperta a Ernest von Schwarzer, giornalista viennese conosciuto anni prima a Trieste nella redazione del Giornale del Lloyd austriaco. La lettera uscì nel quotidiano L’Italia nuova il giorno dopo l’arrivo della voci ancora confuse sulla sconfitta di Carlo Alberto a Novara. La notizia fu accolta con sgomento: Venezia si ritrovava sola, le truppe austriache accampate a Mestre si preparavano all’assalto finale contro Forte Marghera e al bombardamento della città.

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«Il maestro di S., mio, e dei nostri compagni». Note da un taccuino di Antonio Giuriolo

25/11/2016

di Piero Casentini

Pubblichiamo il testo dell’intervento che il nostro amico Piero Casentini ha tenuto al «Symposium Education and Re-Education. Luigi Meneghello’s schooling in Fascist Italy», presso l’università di Reading, il 6 maggio 2016.

1. Il titolo che ho scelto per questo intervento1 è l’incipit del settimo e ultimo capitolo di Fiori italiani. La frase completa è questa: «Devo ora parlare dell’uomo che fu il maestro di S., mio, e dei nostri compagni, Antonio Giuriolo».

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  1. Il titolo originale dell’intervento era «Il maestro di S., mio, e dei nostri compagni, Antonio Giuriolo». Ndr [↩]

Archiviato in:La città invisibile, Piero Casentini Contrassegnato con: antifascismo, Antonio Giuriolo, documenti, Luigi Meneghello, Resistenza, storiografia

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