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Monumenti ai “caduti” con fotografie. Dese, Trivignano, Bissuola

24/05/2021

di Claudio Pasqual

Il nostro amico e socio Claudio Pasqual ha osservato tre monumenti “ai caduti nelle guerre del Novecento” che presentano una particolarità: hanno incastonate le foto dei volti dei morti. Spunti per una riflessione su memoria individuale e collettiva, privata e pubblica, locale e nazionale, rapporti tra Stato e Chiesa, Stato e cittadini (e un’idea di cittadinanza maschile centrata sul servizio militare e la disponibilità al sacrificio in guerra), spazi e monumenti pubblici, trasformazioni nella loro percezione e nel loro uso. Le foto sono dell’autore.

Tre monumenti ai caduti nelle guerre del Novecento fra i tanti sparsi nella terraferma veneziana si distinguono per un elemento che negli altri manca: recano affisse le fotografie dei soldati morti. È stato proprio questo dettaglio che ha catturato la mia attenzione ed è all’origine del presente scritto. 

I monumenti si trovano a Dese, Trivignano e Bissuola. Ho scritto “guerre del Novecento” perché nell’insieme essi celebrano tutti i conflitti armati dell’Italia nel XX secolo. I primi due appartengono alla disseminazione di monumenti commemorativi verificatasi in tutto il Paese all’indomani della Grande guerra, ma a Dese è stato aggiunto un tributo ai caduti durante il secondo conflitto mondiale, mentre a Trivignano si ricorda anche uno scomparso nella guerra di Libia del 1911-12; il terzo, quello alla Bissuola, è dedicato al 1940-45.

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Con quaderno e macchina fotografica nel cimitero di Mestre. Pagine da una tesi di laurea “a chilometro zero” (2017)

08/11/2020

di Giovanna Bison

Giovanna Bison ci offre alcune pagine e alcune foto tratte dalla sua tesi di laurea, che ha discusso nel 2017, dedicata al cimitero di Mestre. 

1. Qualche anno fa ho discusso una tesi di laurea in Antropologia culturale, etnologia, etnolinguistica. Spesso, chi studia antropologia, studia i popoli, persone tendenzialmente vive. E va lontano, via dalla propria città, via dalla propria nazione. Io invece non mi sono allontanata nemmeno dal mio quartiere: vivo a Carpenedo da otto anni, a dieci minuti dal Cimitero di Mestre, argomento della mia ricerca. Una tesi a chilometro zero.

Nel mio lavoro ho portato anche la mia passione per la fotografia e per luoghi che definisco “di confine” o – sulla scia di Gilles Clément – del “terzo paesaggio”, luoghi abbandonati dove nulla sembra accadere, mentre è potuto accadere in passato e potenzialmente tornerà ad accadere in futuro.

Quanto stiamo vivendo nel 2020 mi ha per forza di cose portato spesso a ripensare alla ricerca che avevo fatto. Con il pretesto della commemorazione dei morti, sono andata a ripescare tra le pagine e le immagini della mia tesi. 

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Piazza Ferretto. Com’era, com’è

30/05/2019

di Claudio Pasqual

Pubblichiamo il testo dell’intervento che Claudio Pasqual ha tenuto a Forte Mezzacapo, nello “spazio storiAmestre”, durante la festa dell’associazione del 25 maggio scorso. Immagini e usi degli spazi di piazza Ferretto sul filo dei ricordi e delle esperienze dell’autore.

Un’avvertenza: quanto segue non si basa se non marginalmente su una ricognizione nelle fonti; c’è poca ricerca documentaria, scritta e iconografica, dietro le mie parole, molto di più un viaggio nella memoria personale. Attualmente, sarà perché divento vecchio, inclino all’autobiografismo; ed è al periodo giovanile che per una pulsione irresistibile si rivolge il mio pensiero. Considerato il tempo trascorso, e per il naturale decadimento della memoria che si accompagna all’età non più verde, non ci si aspetti una trattazione sistematica: riguardo al passato procedo per singoli fotogrammi, per frammenti, sparsi e sconnessi ricordi personali della mia gioventù. 

Com’era piazza Ferretto quando nei primi anni Settanta il sottoscritto, adolescente nato e cresciuto in periferia, sbarcato in centro con il liceo, ne fa la scoperta? Direi parecchio diversa da quella di oggi. 

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I miei Primo maggio. Amsterdam, La Paz, Bonn

09/05/2019

di Christian De Vito

Dopo Andrea Lanza, un altro amico lontano ci manda un resoconto fotografico del suo Primo maggio 2019 a Bonn (Germania). Con brevi ricordi di Primi maggio passati.

Il Primo Maggio è fatto di memoria, di ricordi. Per me è nelle manifestazioni e concerti romani di tanti anni fa, nei dibattiti fiorentini di Nave a Rovezzano e dell’Isolotto, nelle tavolate e nei canti con i compagni e le compagne che si ritrovano ogni anno a Mogliano Veneto. 

Nei nove anni che ho passato in Olanda (mi sono trasferito nel 2009), dove il Primo maggio non si festeggia, solo il concerto degli attivisti kurdi ad Amsterdam mi ha dato modo di passare quella giornata con compagni e compagne. 

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Il Primo maggio a Toronto si lavora. Cronaca di una manifestazione

06/05/2019

di Andrea Lanza

Il nostro Andrea Lanza ha seguito le manifestazioni del Primo maggio a Toronto, in Canada, dove vive, prendendo qualche appunto e scattando alcune foto. 

Il Primo Maggio a Toronto si lavora: in tutto il Canada è un giorno feriale come gli altri. C’è un Labour Day, il primo lunedì di settembre, ma già dal nome si capisce che non è il Workers’ Day. Anche a Toronto ci sono però delle manifestazioni, che cominciano alla fine dell’orario di lavoro.

Mi avvio verso la piazza del municipio, il cielo è grigio e la pioggia incomincia a farsi noiosa. Arrivo nella grande spianata che si apre davanti al palazzo nuovo del comune che sono le cinque, l’ora di inizio delle dimostrazioni. Nonostante, in questa città, la manifestazione del Primo Maggio non richiami mai grandi folle, ci sono diversi preconcentramenti nella gigantesca piazza.

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Dal mystery client al mystery worker? Il sogno di una “inviata dal mondo del lavoro”

29/09/2018

di Miriam Allegretto

La nostra amica Miriam Allegretto è tornata a scriverci dopo alcuni anni per raccontarci alcune sue recenti esperienze nel mondo del lavoro.

1. Il mystery client o mystery shopper è un cliente in incognito assunto da organizzazioni pubbliche o private, attraverso agenzie specializzate nel settore, per testare la qualità del servizio erogato dai propri uffici, punti vendita, ristoranti, hotel… Si tratta di una verifica sulla qualità del servizio che la legislazione fa rientrare nel potere di controllo attribuito al datore di lavoro.

La prima volta che ne sentii parlare fu nel dicembre 2013. In quel periodo mi trovavo in un comune della provincia di Milano, insieme a quelli che sarebbero stati i miei futuri colleghi, per svolgere due settimane di formazione. Da gennaio, infatti, saremmo stati assunti nella sede di un franchising di ristorazione di imminente apertura in provincia di Venezia.

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