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Charlie Hebdo

In città. Il 7 gennaio visto tra casa e scuola

24/01/2015

di Claudio Pasqual

Le note di Claudio Pasqual questa volta sono dedicate alle  reazioni registrate in città a quanto è accaduto in Francia a inizio anno, in particolare alle discussioni “in uno spazio pubblico ma chiuso”, cioè la scuola: circolari e proclami politici, mail tra genitori, discussioni e “microconferenze” di studenti; e per il giorno della memoria?

La risposta della città ai fatti luttuosi di Parigi mi pare che sia stata piuttosto contenuta. A Venezia c’è stata la manifestazione dell’11 gennaio, in campo Manin, organizzata dall’Alliance Française, ma apparentemente nulla più. Girando per Mestre non ho riscontrato segni tangibili di una qualche reazione. In realtà, una reazione collettiva c’è stata in uno spazio pubblico ma chiuso, il mondo della scuola.

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Il 7 gennaio visto da Istanbul

20/01/2015

di Valentina Marcella

Continuiamo a raccogliere interventi e riflessioni su quanto accaduto a inizio anno in Francia e sulle conseguenze che ciò potrà avere. Dopo averci raccontato la protesta di Gezi Park nel giugno 2013, Valentina Marcella ci invia una rassegna delle reazioni osservate a Istanbul negli ultimi dieci giorni: solidarietà e not in my name, iconoclasti, censura e autocensura, minacce e paura di uno scontro civile.

Quali sono le reazioni in un paese a maggioranza musulmana come la Turchia a quanto accaduto a Parigi? Ancora una volta l’opinione pubblica si è divisa, schierata su due posizioni radicalmente opposte.

1. Da una parte, dimostrazioni di condanna degli atti terroristici e di solidarietà nei confronti della redazione di Charlie Hebdo, dei familiari delle vittime (tutte, non solo dei vignettisti) e più in generale del popolo francese sono fiorite fin dall’arrivo delle prime tragiche notizie da rue Nicolas-Appert. A Istanbul, un corteo spontaneo ha marciato sul corso pedonale Istiklal, fiori e messaggi solidali sono stati recapitati al cancello del Consolato di Francia e una folla di “Je suis Charlie” si è radunata in un sit-in davanti all’Istituto di cultura francese. A prendere parte a queste iniziative è la fetta laica della popolazione, costituita da una minoranza atea e da un numero elevato di musulmani laici, che relegano l’islam alla sfera privata e che si oppongono fortemente alla strumentalizzazione della religione a scopo politico, nonché, ovviamente, terroristico.

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Cinque pezzi facili. Dai giornali dell’8 gennaio 2015

19/01/2015

di Michele Nani

Michele Nani ha risposto al nostro invito di intervenire su quanto accaduto a Parigi, proponendoci una breve raccolta di discorsi che si potevano leggere sui giornali dell’8 gennaio 2015.

Il vecchio Hegel riteneva la lettura dei giornali una “realistica benedizione mattutina”. Devo confessare che sempre più spesso mi sottraggo a quel rito: per mancanza di tempo, mi ripeto, giustificandomi; ma senz’altro la mia renitenza deriva dal ricorrente fastidio dinanzi ai luoghi comuni, alla pubblicità, alle strategie mediatiche. Sarà che studiare la storia porta a sprofondare nelle lunghe continuità, sarà che il “sempre-nuovo” rimanda al “sempre-uguale”, ma anche senza scomodare Braudel e Benjamin ci si stanca presto quando ogni evento viene descritto come esemplare o straordinario, dovendo incarnare lo spirito dei tempi o svolte epocali: a quel punto i giornali non servono più a “sapere come regolarsi”, come voleva Hegel. Forse anche per questo, sui recenti fatti parigini, alla Karl Kraus, “non mi viene in mente niente”. Avendo solo pensieri confusi e banali in testa, ho provato a vedere se si tratta di una condizione diffusa e ho sondato la risposta immediata alle stragi parigine delle prime pagine di alcuni fra i più venduti giornali italiani. 

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L’importanza della laicità

17/01/2015

di Luisa Accati

Proseguiamo le riflessioni intorno a quanto accaduto a Parigi e in Francia all’inizio dell’anno. Dopo aver mandato subito un commento a “caldo” all’intervento di Mario Infelise, Luisa Accati ci ha inviato queste considerazioni.

1.

Mi ha molto colpito che le osservazioni circa il diverso atteggiamento di americani e francesi verso la religione e verso la libertà di stampa messi in luce da Mario Infelise fossero presenti anche in un articolo di Gonzalo Frasca per la CNN International. Frasca arriva a dire che siamo di fronte a uno scontro di civiltà, ma non si tratta dello scontro fra Islam e Occidente, bensì fra egemonia culturale francese ed egemonia culturale statunitense. Forse questa seconda tesi è un po’ esasperata, ma c’è del vero e dell’interessante nel confronto. In sostanza si tratta della contrapposizione fra laïcité e politically correct. La laïcité del 1905 esclude una volta per tutte la religione dai riferimenti culturali condivisi da tutti i cittadini che costituiscono la società francese, e fa dei diritti civili e politici il centro di appartenenza alla società e alla cultura francesi. Fra i diritti vi è quello di praticare la religione che si vuole, ma nella sfera privata. La centralità dei diritti discende dalla rivoluzione del 1789 e dall’affermazione sette-ottocentesca, illuminista e positivista della scienza in contrapposizione alla verità di fede, quale che sia la fede. Inoltre la laïcité si contrappone alla religione cattolica di gran lunga prevalente e dominante in Francia dove, come scrive Infelise, “la libertà di espressione è stata raggiunta contro la religione dominante ed è garantita dallo stato”.

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Quali sono le cose su cui riflettere dopo il 7 gennaio 2015?

16/01/2015

di Giovanni Levi

Terzo intervento in merito a quanto accaduto a Parigi e in Francia. Dove Giovanni Levi invita a riflettere su temi diversi da quelli della libertà di stampa.

La libertà di espressione è senz’altro uno degli aspetti della vicenda, ma sarebbe molto riduttivo parlare di quello che è successo a Parigi solo come un problema di libertà di stampa. Non è un caso che alla grande manifestazione di Parigi abbiano partecipato numerosi capi di stato che impediscono anche la più elementare libertà di stampa insieme a molte altre libertà essenziali (delle donne per esempio). Quindi dobbiamo domandarci se le risposte che vengono e verranno date, che saranno certo in direzione di controlli di internet, violazioni di libertà di stampa ecc., siano una risposta legittima e in ogni caso sufficiente a atti terroristici.

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“Oui, je suis Charlie”. Ma chi è Charlie?

15/01/2015

di Maria Turchetto

Anche Maria Turchetto ha raccolto il nostro invito a reagire e a riflettere su quanto accaduto il 7-9 gennaio 2015.

La mia identificazione è molto forte, perché dirigo la rivista L’Ateo – non è una rivista satirica, ma farmi beffe dei preti sulle sue pagine è una mia specialità, anche se prendo di mira soprattutto quelli cattolici, preferibilmente di alto rango. Soprattutto, perché da più di venticinque anni collaboro con il Vernacoliere, questo sì un giornale satirico, una realtà di provincia ma che ha forti affinità con il Charlie Hebdo – è un journal bête et mechant, come sottotitola un’altra testata satirica francese, Hara-Kiri. Negli anni ’90 ho disegnato per il Vernacoliere vignette un po’ sconce, che definirei sessual-demenziali, abbastanza simili a quelle di Georges Wolinski, una delle vittime illustri della strage di Parigi. Attualmente scrivo sul Vernacoliere una sorta di “pagina economica”, cercando di smascherare, con tutto l’umorismo possibile in questa tragica materia, le balle che ci propinano i guru dell’economia, un po’ come faceva sul Charlie Hebdo, firmandosi Oncle Bernard, Bernard Maris, economista che odiava gli economisti, altra vittima illustre della strage, autore appunto di una magnifica Lettera aperta ai guru dell’economia che ci prendono per imbecilli.

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