di Anna Scandolin
Anna Scandolin descrive l’evoluzione di un impiego stagionale che svolge da sei anni: il truccatore per Carnevale, un’attività nata spontaneamente nei primi anni Novanta e oggi regolamentata (prevede un bando, un numero chiuso, spazi precisi dove può essere svolta). Trovare il posto giusto, giornate di lavoro lunghe, rapporti con i colleghi, remunerazioni in calo, clientela che cambia: un punto di osservazione particolare su un carnevale ogni anno più irreggimentato e meno sorprendente. Le foto che illustrano l’articolo sono di Anna Scandolin e Tommaso Ceccanti.
1. Il carnevale di Venezia vede la comparsa della figura del “truccatore” solo nel 1992 per spontanea iniziativa di alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti. Inizialmente non esisteva una regolamentazione in merito: durante i giorni del carnevale, chiunque poteva dipingere maschere o decorazioni sul volto dei turisti, in cambio di una libera offerta, sistemando dove desiderava il proprio tavolino con pennelli e colori e lo sgabello per far accomodare il cliente; i più sceglievano piazza San Marco o il piazzale di fronte alla stazione dei treni.
Ogni anno il numero dei truccatori aumentava e il Comune di Venezia ha ritenuto opportuno regolamentare questa nuova attività istituendo un bando per il rilascio, per un numero limitato di posti, di un regolare permesso che vale dieci giorni (dal sabato che precede il “volo della Colombina” al Martedì Grasso) e indica a ogni truccatore la zona in cui svolgere la sua attività, ormai sempre più relegata nei campi minori lontani dalle rotte turistiche.
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