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area ex ospedale Umberto I

La città che cambia: la comunità moldava fa rivivere uno spazio abbandonato

12/06/2023

Facendo seguito all’articolo di Claudio Pasqual sulla storia della chiesetta dell’ex ospedale Umberto I di Mestre, pubblichiamo il racconto e le riflessioni sull’incontro tra il gruppo Voci fuori luogo di storiAmestre e la comunità moldava che si riunisce in quella chiesetta. Le conversazioni e gli scambi avvenuti hanno portato a scoprire le numerose attività di mutuo aiuto di quella comunità e il lavoro svolto per far tornare alla bellezza un luogo centrale della città. Questa esperienza di condivisione ha portato ad organizzare insieme due eventi che vengono qui presentati.

Questa microstoria del gruppo Voci fuori luogo si collega a un interesse che si sta sviluppando verso il pluralismo religioso e l’attivismo delle minoranze religiose in ambito urbano e territoriale, come dimostra la ricerca promossa in Lombardia dal Centro studi Confronti e dalla Fondazione Basso, ricerca citata nell'articolo, da cui emerge, tra l’altro, che gli immigrati, quando ottengono l’appoggio delle istituzioni religiose maggioritarie, riportano a nuova vita vecchie chiese in disuso dei centri storici, rianimando settimanalmente spicchi di città pressoché desertificati e talvolta a rischio di degrado.

 

Maria Giovanna Lazzarin 

 

Quando sono andata a conoscere la comunità ortodossa moldava che si riunisce nella chiesetta dell’ex ospedale Umberto I di Mestre, ho avuto una sorpresa inaspettata.

L’idea di contattarla era venuta durante un incontro del gruppo Voci fuori luogo1 di storiAmestre. In quell’occasione Solomon Seyum, studente allo IUAV, aveva presentato la cerimonia del Meskel, la più importante e sentita festa religiosa etiope, che celebra il ritrovamento della santa croce da parte di sant’Elena. Gianfranco Bonesso, antropologo, aveva ricordato una cerimonia sullo stesso tema, anche se diversa, vista e fotografata nelle Filippine e a me era venuta in mente la venerazione moldava verso sant’Elena.

Così ora stavo andando in esplorazione. Provenivo da piazzale Candiani, col suo pavimento a mosaico, e mi ero infilata in una stradina in terra battuta e ghiaia, sulla sinistra lo sguardo incrociava la recinzione di un parcheggio e le auto distribuite in disordine su ghiaia e fango, sulla destra edifici sopravvissuti a tempi migliori.

Alla fine della recinzione c’era una cancellata aperta, sono entrata e improvvisamente mi trovo in un parco con alberi frondosi, erba verde su cui spicca una fila di tricicli in attesa dei bimbi, sul fondo la grotta con una madonna che mi ricorda l’asilo delle suore a Belluno, sulla destra il rosa antico e fresco della chiesa con bianche rifiniture a sottolinearne le linee architettoniche. Che contrasto!

Prima di allora avevo visto solo da lontano il luogo, non mi ero accorta della sua bellezza.

 

Il parco storico dell'ex ospedale Umberto I dietro il cancello

 

                                  

Visione interna del parco storico dell'ex ospedale Umberto I

Quella domenica non sono andata oltre nel mio intento. Dietro il portale d’ingresso chiuso si sentiva un coro a cappella. Viola, una gentile donna georgiana alta e bionda, stava per entrare in chiesa e mi ha spiegato che la funzione era iniziata da poco e sarebbe durata due ore, per lo più in piedi. Ero arrivata troppo presto.

Due domeniche dopo ritorno con l’amico Solomon Seyum che qualche volta va a messa lì. Sono le 12 ma il portale è chiuso, Anatolie Bitca, parroco della comunità ortodossa, non è venuto, molte persone sono riunite a capire cosa è successo, tutti parlano con affetto di padre Anatolie e fanno capire che il contrasto è col metropolita della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia che ha sede a san Giorgio ai Greci a Venezia e a cui sono collegati2. Chiediamo informazioni a uno di loro, Sergio, che ci presenta la moglie e il figlio Giovanni, è preoccupato per la situazione, mi dà volentieri il numero di telefono del parroco: le risponderà di sicuro!

Infatti la settimana successiva entro in contatto con padre Anatolie, mi parla di nubi che stanno oscurando il cielo, ma spera che il vento dello spirito possa rasserenare. E’ in partenza per Gerusalemme. Gli presento brevemente la piccola ricerca che stiamo facendo e vorremmo confrontare, è interessato. Restiamo d’accordo di incontrarci al suo ritorno.

Ritorno alla chiesa due domeniche dopo, per i cattolici è la domenica delle palme. Arrivo alle 12, la chiesa è aperta, ma padre Anatolie ancora non può celebrare. Fuori ci sono dei fedeli che mi raccontano i lavori fatti per restaurarla. Scopro così che, quando nel 2014 il Comune l’ha concessa in comodato d’uso3, la chiesa era abbandonata da molti anni, pioveva dentro, c’erano immondizie da riempire un camion intero, il pavimento era ricoperto da tanta sporcizia che i macchinari non riuscivano a toglierla, un’anziana signora mi racconta di averlo pulito a mano inginocchiata per giorni e giorni fino a far tornare alla vista il marmo. Mi portano all’interno per vedere alcuni particolari del restauro: “ Lavorando con delicatezza siamo riusciti a far tornare alla luce la scritta sull’arco [del presbiterio] con la dedica alla Madre di Dio. Abbiamo anche scoperto il cielo di stelle del soffitto, prima invisibile”.

Questo e altro mi spiegano. Possibile che di tanto lavoro non si sapesse nulla in città?

Storie

Quella chiesa per i mestrini è legata alla memoria della salute e fragilità nostra e dei nostri cari. E’ collocata in un luogo centrale e significativo per la città, dove per un secolo ha funzionato l’ospedale pubblico, come racconta Claudio Pasqual in un articolo del sito4. Da quando nel 2008 l’ospedale è stato trasferito a Zelarino in una nuova struttura, tutta la zona è ferma e in abbandono – nonostante le proteste dei cittadini organizzati nel comitato ex Umberto I – in attesa che il nuovo proprietario, Francesco Canella dei supermercati Alì, sblocchi i lavori del suo progetto edilizio. Tutto tranne la chiesetta e il suo parco storico, la cui bellezza risplende, per merito del restauro e della cura della comunità moldava, tra i vecchi edifici in rovina e i parcheggi provvisori.

Incontri

Così quando il gruppo Voci fuori luogo si è potuto finalmente incontrare con padre Anatolie e la moglie Svetlana abbiamo chiesto di poter organizzare non uno, ma due incontri, entrambi ospitati nella chiesa.

Il primo si è svolto il 9 giugno 2022 sul tema da cui eravamo partiti: Sant’Elena e il ritrovamento della vera croce. Cerimonie e racconti nella città che cambia.

Locandina incontro del 9 giugno 2022.

Nel frattempo la posizione di padre Anatolie e della sua comunità religiosa si è chiarita col loro spostamento sotto il vicariato episcopale per le parrocchie moldave in Italia del Patriarcato di Mosca e la solenne cerimonia di insediamento, il 25 settembre, alla presenza del vescovo ortodosso Ambrozie, proveniente dalla sede bolognese.

Il secondo incontro, 16 ottobre 2022, si è incentrato sulla storia della chiesa, ricostruita da Claudio Pasqual e sull’opera di pulizia e restauro, descritti attraverso gli interventi di chi aveva partecipato ai lavori insieme al parroco.

Il lavoro di restauro dell'abside
Quando sono arrivati – così hanno raccontato – il luogo non era solo in abbandono, ma, come succede spesso in queste situazioni, occupato da ricoveri provvisori di senza tetto e e da attività di spaccio di sostanze. Mentre portavano avanti il lavoro di pulizia, hanno cercato di stabilire un rapporto umano e rispettoso con queste persone. Padre Anatolie ha offerto cibo e vestiario, mangiando insieme si è cercato un dialogo. Non sempre ha funzionato. Le vetrate della chiesa sono state rotte a sassate. Una volta è dovuta intervenire la polizia. Ma si è dato loro il tempo di capire che non potevano più stare lì e un po’ alla volta si sono allontanati.

Alla pulizia è seguito il restauro secondo le indicazioni degli esperti del Comune. Pulizia e restauro sono stati pagati interamente col lavoro e i soldi raccolti all’interno della comunità, anche quando si è trattato di far rifare le vetrate da un abile artigiano veneziano. Di questo vanno orgogliosi, lo si capisce dal tono dei loro racconti.

il restauro dell'abside
Questa chiesa è ora diventata un presidio di aggregazione dove organizzare attività religiose, culturali, educative e sociali, sviluppare servizi e pratiche di mutuo aiuto che integrano il welfare pubblico, rianimando settimanalmente un’area di città pressoché desertificata e a rischio degrado.

Lo scambio

Questo incontro ha permesso uno scambio tra residenti di vecchia data in città, che ricordavano storie di malattie e di parenti legate alla chiesa – erano presenti, tra gli altri, anche tre nipoti del progettista Giorgio Francesconi – e la comunità moldava che nella chiesa ora si riunisce e ha trovato in questa occasione un riconoscimento pubblico del grande lavoro svolto e del valore culturale e sociale che il luogo può ancora rappresentare per la città.

La chiesa è stata intitolata alla Natività della Ss. Madre di Dio e allestita secondo il rito ortodosso con l’iconostasi e le icone.

Padre Anatolie, alla fine del secondo incontro, ha illustrato l’allestimento e si è concentrato sull’iconologia, la posizione e il significato delle icone presenti. Ha spiegato che l’icona è una finestra sulla spiritualità e sul soprannaturale. Nulla è opera dell’arbitrio individuale, l’apparente ripetizione proviene da una sapienza collettiva. Anche il modo di trattare la tavola, le materie usate hanno un significato simbolico, l’oro attraverso la sua lucentezza rappresenta la luce diffusa nello spazio, fa entrare chi l’osserva nell’invisibile e nello spirituale. Ma è essenziale che il pittore d’icone si accosti al suo lavoro con la consapevolezza di essere un lavoratore di un’opera sacra, un testimone della bellezza celeste. Alcune delle icone presenti in chiesa sono state costruite dai monaci del monte Athos con una tecnica particolare che fa risplendere la luce dell’oro, ma la loro sacralità è data anche dall’atteggiamento religioso e dalle preghiere con cui quei pittori si sono messi all’opera. Questa spiegazione ha aperto la curiosità verso questa cultura in cui attraverso l’arte si vuol rappresentare l’invisibile5.

L’incontro si è concluso con un piccolo rinfresco nel parco circostante la chiesa, a segnalare non solo che è stata data una seconda vita a un monumento storico pieno di ricordi per i mestrini, ma che dentro e attorno a esso si è ricreato un contesto di socialità e relazioni.

Tra tante chiese chiuse, una chiesa riaperta

Tommaso Montanari, nel libro Chiese chiuse6 documenta la quantità di chiese italiane chiuse, abbandonate, in rovina, derubate, adibite ad altra funzione. A Venezia si contano 30 chiese storiche in abbandono7 e 16 chiese in cui per entrare, se non si è residenti, bisogna pagare un biglietto.

In conclusione l’autore non si chiede cosa possiamo fare noi per le antiche chiese, ma cosa possono fare loro per noi e così risponde:

col loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos

con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato

con la loro dimensione collettiva, mettono in crisi il nostro individualismo

con la loro compresenza dei tempi, smascherano la dittatura del presente

con la loro povertà, con il loro abbandono testimoniano contro la religione del successo8.

Anche la chiesetta dell’ex-ospedale di Mestre, ora chiesa ortodossa della Natività della Ss. Madre di Dio, apre a un altro tempo e spazio, come scrive Montanari.

Non solo. Attraverso i cambiamenti legati alla sua riapertura:

aiuta la conoscenza e l’incontro tra mondi, sensibilità, linguaggi diversi, come testimoniano i due incontri;

rovescia i pregiudizi su chi aiuta e chi è aiutato: la comunità moldava l’ha riportata in vita e se ne prende cura senza chiedere nulla in cambio, anzi migliorando il benessere della città;

fa intravedere i conflitti del presente e possibili modi non violenti di affrontarli.

Maurizio Ambrosini ha condotto e pubblicato nel 2022 la prima ricerca organica in Italia sul pluralismo religioso legato all’immigrazione9. Dalla ricerca, svolta in Lombardia, emerge che uno degli apporti più visibili e duraturi dell’immigrazione è il cambiamento del panorama religioso dei Paesi riceventi. Oggi, scrive Ambrosini: Il pluralismo religioso indotto dall’immigrazione rappresenta una pietra d’inciampo sia per le maggioranze secolarizzate e religiosamente indifferenti, sia per i sostenitori di religioni storiche svuotate di significato spirituale e riconvertite in simulacri di appartenenza culturale. Per gli uni le religioni importate dagli immigrati rappresentano un ritorno del religioso nello spazio pubblico, per gli altri un cuneo piantato nella pretesa di fare dell’omogeneità religiosa la base della cultura condivisa…Ma la tesi di una progressiva e ineluttabile secolarizzazione del paese deve fare i conti con le novità indotte dalla fioritura di minoranze attive che disegnano inediti paesaggi religiosi10.

Paesaggi ed esperienze che possono diventare risorse per la coesione sociale e lo scambio interculturale, come è stato per l’incontro tra il gruppo Voci fuori luogo di storiAmestre e la comunità moldava che si riunisce nella chiesetta dell’ex ospedale di Mestre.

NOTE 

1Il gruppo di ricerca Voci fuori luogo si è costituito nel 2021 all’interno dell’associazione storiAmestre con l’interesse di esplorare i cambiamenti del territorio legati alla presenza di cittadine e cittadini provenienti da altri luoghi.

2La Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia fa capo attualmente al Metropolita Polykarpos presso la Cattedrale di S. Giorgio dei Greci a Venezia. Nel novembre del 1991, con decisione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, la chiesa è diventata cattedrale dell'Arcidiocesi ortodossa d'Italia e Malta.

La chiesa di San Giorgio fu costruita tra il 1539 e il 1573, dopo un lungo periodo di richieste e di contrasti, grazie ai contributi finanziari dei membri della Confraternita dei Greci Ortodossi e di altri greci, in primis marinai in visita a Venezia.

La Confraternita dei Greci Ortodossi è molto antica, si è costituita a Venezia il 28 novembre del 1498 tra i greci della diaspora giunti in seguito alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi (1453). Ma i legami fra la città e il mondo greco sono molto più antichi, risalgono all’XI secolo, quando i Veneziani aiutarono i Greci contro i Normanni che stavano per attaccare l'impero bizantino. In cambio l'imperatore Alessandro Comneno nel 1082 concesse ai mercanti veneziani la preminenza su tutti gli altri, segnando l'inizio della potenza politica, militare e commerciale di Venezia nel Levante.

3Dopo il trasferimento dell’ospedale a Zelarino, l’Ulss ha venduto l’ex compendio Umberto I alla società trentina DNG. Nel novembre 2013, in seguito alla convenzione con la proprietà Dng, la chiesetta e il parco antistante insieme agli altri edifici storici passano al Comune. L’anno seguente il commissario prefettizio Zappalorto, che amministra il Comune dopo le dimissioni della giunta Orsoni, concede la chiesetta in comodato d’uso alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale. Nel 2017 la Dng ha fatto fallimento, nel 2019 nella proprietà è subentrato Francesco Canella della catena di supermercati Alì.

4Si veda: L’ospedale Umberto I di Mestre, 1906-2008, in Claudio Pasqual, Note mestrine. Cose viste, interventi, ricerche, Quaderni di storiAmestre, 18, Cierre 2022.

5 Per capire il significato religioso e filosofico delle icone e dei rituali della loro costruzione, si veda: Pavel Aleksandrovic Florenskij, Le porte regali. Saggio sull'icona, Adelphi, 2021

6Tomaso Montanari, Chiese chiuse, Einaudi 2021.

7 si veda: Sara Marini, Micol Roversi Monaco, Elisa Monaci, Guida alle chiese «chiuse» di Venezia, Libria, 2020.

8Tomaso Montanari, ibidem, cap. Conclusione, p.5.

9Maurizio Ambrosini, Paolo Naso, Samuele Davide Molli ( a cura di), Quando gli immigrati vogliono pregare

Comunità, pluralismo, welfare, il Mulino 2022. La ricerca è stata promossa dal Centro studi Confronti di Roma, dalla Chiesa valdese-metodista e dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso,

10Citazione da: Maurizio Ambrosini, Gli immigrati e il pluralismo religioso in Italia. I risultati di una ricerca, in Dialoghi Mediterranei, Periodico bimestrale dell'Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo, 1 gennaio 2023.

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La chiesetta dell’ex ospedale Umberto I rivive nel “buco nero” di Mestre

09/05/2023

di Claudio Pasqual

Nella mostra ex Umberto I: il buco in mostra (26 aprile-3 maggio 2023) è stata esposta la locandina dell’incontro pubblico La città che cambia: la Comunità Moldava fa rivivere uno spazio abbandonato, organizzato il 16 ottobre 2022 da storiAmestre-Gruppo Voci fuori luogo e dalla Comunità Moldava della chiesa ortodossa della Natività della Madre di Dio.

Pubblichiamo una rielaborazione dell’intervento sulla storia della chiesetta e dell'area dell'ex ospedale Umberto I, fatto in quell’incontro dal nostro socio Claudio Pasqual, del quale potete trovare nel sito anche un articolo del 14/11/2013 dal titolo: L'ospedale Umberto I di Mestre, 1906-2008.

Ricordiamo che una storia dell’ex Umberto I è presente nel quaderno 18 di storiAmestre: Claudio Pasqual, Note mestrine. Cose viste, interventi, ricerche, Cierre, Sommacampagna (Vr) 2022, pp. 177-87. 

 

A inizio Novecento Mestre ebbe finalmente il suo ospedale. Intitolato alla memoria del re d’Italia Umberto I, esso fu inaugurato il 16 aprile 1906.  Il sito prescelto per il nosocomio era stato individuato in località denominata Castelvecchio – in età medievale qui era sorto il primo castello di Mestre – un’area ancora agricola a ridosso dell’abitato fra piazza Umberto I, ora Ferretto, a ponente e gli attuali Quattro Cantoni a nord-ovest1.

Inaugurazione dell'ospedale Umberto I. 1906
Un’antica via attraversava quest’area venendo dal Terraglio e, scavalcando con un ponte ad arco il ramo superiore del Marzenego, portava in piazza alla chiesa di San Lorenzo. Questa strada fu intercettata e cancellata dalle costruzioni dell’ospedale e sopravvive con due brevi tronconi, a nord come via Castelvecchio, a sud est come via Antonio da Mestre e via Ospedale.

All’inizio l’Umberto I constava di un solo edificio, quello che più avanti, dopo che altri se ne erano aggiunti, sarebbe diventato il padiglione intitolato a Tullio Pozzan, il medico primo direttore dell’ospedale. A questo edificio era annesso un preesistente fabbricato, adibito a “casa delle suore”.

 

Un luogo per la sofferenza dell’animo

Tuttavia passò pochissimo tempo perché a queste due si aggiungesse una terza costruzione. Alla sofferenza del corpo e dell’animo nella malattia l’ospedale opponeva il contrasto delle cure mediche, ma si giudicò necessario che offrisse ai degenti anche aiuto spirituale, mediante i conforti della religione. Serviva dunque un luogo di raccoglimento e di preghiera, un luogo consacrato al culto: una chiesa. E’ a questo punto che compare in scena Maria Berna. È grazie a questa "generosa benefattrice", alla sua donazione di 20.000 lire, che viene costruita la chiesetta dell’Umberto I.

Chi era Maria Berna? L’anziana signora – era nata nel 1844 – apparteneva a una delle famiglie più facoltose e in vista di Mestre. Suo fratello Pietro fu un personaggio di primissimo piano della vita pubblica cittadina. Di professione farmacista, cattolico osservante impegnato in politica, egli fu un esponente di spicco del “partito” clericomoderato locale. Ricoprì per tre volte la carica di sindaco di Mestre, sedette per un quarto di secolo in Consiglio e Deputazione provinciale, anche come suo presidente, lo si trova alla testa di vari enti e commissioni. All’ospedale teneva moltissimo, al punto che comprò e donò il terreno su cui avrebbe dovuto sorgere, fondò l’opera pia che lo doveva gestire, ne fu il primo presidente. Più che per l’Umberto I, però, è ricordato dai mestrini per l’istituto Berna, scuola e convitto, ora in via Bissuola, da lui fondato e che ne porta il nome.

Maria Berna era diplomata maestra. Nubile, dunque “libera da impegni familiari”, come il fratello animata da una profonda fede religiosa, si dedicava “con assiduo impegno e generosità” alle opere assistenziali e caritative. Durante la prima guerra mondiale, più che settantenne, sarà attiva nella Croce Rossa Italiana, prodigandosi a favore dei soldati feriti al fronte o malati2.

L’incarico di progettare la chiesetta fu assegnato all’ingegnere civile mestrino Giorgio Francesconi (1876-1963) che esercitava la libera professione ma era anche ingegnere comunale. Anche lui fu un personaggio importante in città. Lo vediamo infatti partecipare alla costruzione di mezza Mestre tra Ottocento e Novecento, come assiduo collaboratore dell’impresario edile Domenico Toniolo. Per intenderci, progetta il teatro, la galleria Umberto I – ora Matteotti -, il palazzo all’angolo tra le vie Rosa e Verdi (1912); suo è il grande palazzo Vivit in piazza Ferretto, all’imbocco di via Allegri (1923).

La chiesa, a una sola navata, fu realizzata in stile neogotico. L’inaugurazione cadde il 4 aprile 1908. Da allora essa seguì le vicende dell’Umberto I, lo vide ampliarsi, arricchirsi nei decenni di nuovi padiglioni e servizi. 

Ospedale Umberto I. 2004
Una storia ordinaria, interrotta da due momenti salienti, immortalati da altrettante lapidi affisse sulla facciata. Nel 1969, ricordando i fratelli Berna quali costruttori della chiesa (ma sbagliando l’anno, il 1909 per il 1908), Maria e Giuseppe Chiozza “rinnovarono questa casa di Dio a conforto di chi soffre. Laus Deo”. Ancor più memorabile fu l’evento del 17 marzo 1985, quando in questo spazio papa Giovanni Paolo II, in vista pastorale a Mestre, incontrò degenti e cittadini, “qui davanti a voi per guardarvi negli occhi e dirvi tutto l’affetto che ho per ciascuno di voi…”.

 

Chiusura dell’ospedale Umberto I

Alla dismissione dell’Umberto I, sostituito dal nuovo ospedale dell’Angelo a Zelarino, e alla cessione dell’area ai privati seguì la demolizione del complesso ospedaliero (2009). Demolizione parziale, perché fu deciso che assieme ai padiglioni storici fosse conservata anche la chiesetta.

Prima che le ruspe entrassero in azione, nel dicembre 2008 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva dichiarato di interesse culturale un unico manufatto dell’ospedale, il fabbricato denominato “ex casa delle suore”. Un muro di questo edificio appartiene forse alle costruzioni del castello medievale; all’interno, un locale con soffitto a volte è sorretto da due colonne duecentesche; in un altro ambiente altre due colonne risalgono probabilmente al Quattrocento. Strutture ed elementi architettonici, conservati e riutilizzati dopo demolizioni e rifacimenti, di manufatti ora scomparsi: la quattrocentesca casa-fattoria con barchessa dei monaci di San Salvador di Venezia, con annessa cappella dedicata a San Giacomo, sorta una volta abbattuto il castello vecchio e trasferito il possesso del fondo alla Chiesa; poi, tra fine Settecento e inizio Ottocento, una casa e corte a uso dei nuovi privati proprietari 3.

Sui beni di interesse culturale, quando messi in vendita, lo Stato ha il diritto di prelazione. Ma in questo caso lo Stato rinuncia, non acquisisce l’ex casa delle suore, quindi l’ULSS può trasferirla ai privati che hanno acquistato l’ex compendio Umberto I – la società trentina DNG – con apposito atto di compravendita, successivo a quello della cessione dell’intero complesso ospedaliero.

Tutto questo discorso non riguarda la chiesetta, a cui non è andato l’interesse statale; è stato il Comune di Venezia a stabilire che dovesse essere conservata, assieme ai padiglioni storici, attraverso la propria strumentazione urbanistica: la “Variante parziale al PRG per il centro storico di Mestre del compendio Umberto I” del 2005. Un vincolo urbanistico, dunque, suscettibile di essere modificato o soppresso da possibili ripensamenti del Comune, e non storico-artistico o architettonico, sotto tutela dello Stato.

Da quell’ormai lontano 2009 il cantiere dell’ex Umberto I è fermo, il recupero dell’area non è mai partito, i vecchi edifici stanno andando in rovina. Nel 2017 la DNG ha fatto fallimento, nel 2019 nella proprietà è subentrata la catena di supermercati Alì, che ha presentato un piano di riqualificazione al quale però non è ancora stato dato seguito4. Così, il “buco nero” di Mestre sta sempre là.
                                                                       

l'area dell'ex Umberto I vista dall'alto
Tuttavia non è esatto dire che nulla è successo. In seguito a una convenzione tra la proprietà e il Comune, nel 2014 nel vasto scoperto tra le vie Circonvallazione e Antonio da Mestre è stato creato un ampio parcheggio – provvisorio, che si vede nello slargo bianco della foto.

 

Il recupero della chiesetta

Ma un evento molto più significativo è stato il recupero e la valorizzazione della chiesetta, che nella foto si trova a destra del parcheggio, attorniata dal piccolo parco storico, perché in questo caso non soltanto si è salvato un manufatto di pregevole fattura, ma dentro e attorno a esso si è ricreato un contesto di socialità e relazioni. Protagonista di questo recupero è stata la comunità ortodossa moldava della città.

Esterno della chiesa restaurata. 2022
Già ai tempi in cui era proprietaria dell’area la società trentina DNG, gli ortodossi, in cerca di un luogo per il culto, avevano chiesto e ottenuto uno spazio nell’ex ospedale. Nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio del fallimento DNG si cita una lettera, della quale non si riporta la data ma sicuramente precedente al novembre 2013, con cui la DNG concedeva alla “Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale” il piano terra della palazzina denominata “logistica di cantiere”.

Il consulente fallimentare ritiene che lo spazio in oggetto sia la chiesa, sebbene ciò non risulti esplicitato nella lettera. Il richiamo a una “palazzina” fa pensare tuttavia all’edificio posto sul lato est del giardino, il cui pian terreno si trova effettivamente oggi nella disponibilità della parrocchia. Nella lettera non vi è indicazione di durata e termine, bensì si specifica che “l’utilizzo autorizzato ha esclusivo carattere di temporaneità e, con la firma per accettazione della presente scrittura Vi obbligate a restituire immediatamente liberi i locali qualora da noi richiesto…”.

Nel novembre 2013, in seguito alla convenzione con la proprietà DNG, la chiesetta e il parco antistante, così come la ex casa delle suore e i padiglioni Pozzan, Cecchini e De Zottis passano nella disponibilità del Comune5.

L’anno seguente il commissario prefettizio Zappalorto, che amministra la città dopo le dimissioni della giunta Orsoni, concede la chiesetta in comodato d’uso alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale. Sostanzialmente una riconferma a rimanere nel luogo per gli attuali utilizzatori, per cui si è mossa anche la Chiesa cattolica. Al Comune ha rivolto una sollecitazione il patriarca Moraglia, tramite il suo vicario don Dino Pistolato.

Nell’incontro pubblico del 16 ottobre 2022: La città che cambia: la Comunità Moldava fa rivivere uno spazio abbandonato, Il parroco Anatolie Bitca e i suoi collaboratori hanno raccontato dello stato di abbandono, degrado e sporcizia in cui versava l’ambiente, diventato rifugio abituale di tossicodipendenti e senza tetto; del delicato, complicato lavoro di dialogo e mediazione per convincerli a lasciare il luogo; dell’impegno collettivo e della fatica nei mesi del restauro; della meraviglia alla visione della volta stellata dell’abside, rimosso lo strato di intonaco bianco che la ricopriva. L’interno è stato allestito e adornato secondo i precetti del rito ortodosso. Nell’edificio, consacrato e dedicato alla Natività della Madre di Dio, il 26 aprile 2015 è stata celebrata la prima funzione religiosa ufficiale.

interno della chiesa con l'allestimento ortodosso. 2022
Dovendo escludere che tali caratteristiche appartengano al parcheggio circostante, la chiesetta e il parco antistante sono i soli luoghi attualmente vivi e partecipati nel desolante panorama del “buco nero” mestrino.

Note

1Sulla storia del primo luogo di cura cittadino si veda: Claudio Pasqual: L’ospedale Umberto I di Mestre, 1906-2008, in Claudio Pasqual, Note mestrine. Cose viste, interventi, ricerche, Quaderni di storiAmestre, 18, Cierre, Sommacampagna (Vr) 2022, pp. 177-87

2Sui fratelli Berna si veda Breve storia dell’istituto Berna, https://istitutoberna.eu/isb/images/BreveStoriaDellIstitutoBerna.pdf.

3Sul sito di Castelvecchio si veda Wladimiro Dorigo, Mestre Medievale, “Venezia Arti”, 5, 1991, pp. 9-28, ripubblicato in Silvia Ramelli, Mestre medievale. Fascicolo insegnanti, Comune di Venezia, Venezia 2009, pp. 16-35.

4Per l’acquisto da parte di Alì e il masterplan del compendio ex Umberto I si veda https://www.alisupermercati.it/news/ali-presenta-castelvecchio-a-mestre-2008 e https://www.metropolitano.it/area-ex-umberto-i-progetto/.

5 La relazione 31 agosto 2018 dell’architetto Ruben Csermely, consulente tecnico d’ufficio nel procedimento fallimentare DNG, si può leggere in https://astetribunali24.ilsole24ore.com

Archiviato in:Claudio Pasqual, La città invisibile Contrassegnato con: area ex ospedale Umberto I, chiesa, Mestre

Prendersi cura di un luogo. 11 novembre 2022

06/11/2022

di sAm

Venerdì 11 novembre 2022, alle 18 presso il Centro Candiani di Mestre, storiAmestre parteciperà a un incontro pubblico organizzato dal Comitato ex Umberto I. In quella sede si denuncerà la situazione di degrado dell’area centrale di Mestre, abbandonata dopo la chiusura dell'ospedale Umberto I e il venire meno di progetti di privati, si presenteranno idee e proposte di rigenerazione, sollecitando l’amministrazione comunale a intervenire per prendersi cura dei padiglioni storici in rovina.  

storiAmestre presenterà il lavoro di restauro fatto dalla comunità moldava nella ex chiesa dell'ospedale, a oggi unico esempio concreto del prendersi cura di questo luogo.

Archiviato in:Agenda, sAm Contrassegnato con: area ex ospedale Umberto I

Mestre che cambia. La chiesa ortodossa della comunità moldava in via Circonvallazione

09/10/2022

di Voci fuori luogo

Domenica 16 ottobre, dalle ore 15,30, presso la chiesa ortodossa della Natività della SS. Madre di Dio in via Circonvallazione 50 (Mestre) si terrà l’incontro La città che cambia: la Comunità Moldava fa rivivere uno spazio abbandonato.

L’appuntamento è organizzato in collaborazione tra il gruppo sAm-Voci fuori luogo e la comunità moldava che si riunisce nella chiesa ortodossa della Natività della SS. Madre di Dio, a due passi dal vecchio ospedale Umberto I di Mestre. Scopo dell’incontro è documentare lo stato di degrado in cui si trovavano la chiesa e il luogo – che ha una storia lunga e significativa per la città – e illustrare i lavori fatti dalla comunità moldava per farlo rinascere.

Sono previsti gli interventi di: Svetlana Bitca che presenterà la comunità moldava; Giovanni Bitca e Solomon Vitalie che parleranno della chiesa prima e dopo i lavori di pulizia e di restauro; Claudio Pasqual (storiAmestre) interverrà sulla storia della chiesa dell’ex ospedale e del luogo dove è stata costruita. Introduce e coordina Giovanna Lazzarin (storiAmestre)

L’incontro avviene di domenica pomeriggio per permettere a chi lavora per tutta la settimana di partecipare e prevede anche la visita guidata della chiesa e un successivo incontro conviviale.

Archiviato in:Agenda, Voci fuori luogo Contrassegnato con: area ex ospedale Umberto I, Mestre

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