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anniversari

“In che senso rivoluzione?”. Il Quarantotto a Venezia

16/03/2019

di Piero Brunello, a cura di Andrea Lanza

Primavera, tempo di rivoluzioni. Quest’anno ricordiamo l’anniversario delle “giornate rivoluzionarie” del Quarantotto a Venezia (17-22 marzo) riprendendo alcune pagine da un libro recente di Piero Brunello, Colpi di scena. La rivoluzione del Quarantotto a Venezia (Cierre, Sommacampagna 2018). L’autore parlerà del suo libro lunedì 18 marzo (il giorno dell’insurrezione popolare a Venezia, la prima delle cinque giornate del Quarantotto a Milano e il primo giorno della Comune di Parigi del 1871), alle ore 19 all’Avamposto a Rialto. Il libro sarà presentato a Mestre il 20 marzo, presso lo spazio Negozio Piave 67, alle 17,30 (con l’autore, Paola Sartori e Fabio Bortoluzzi).

Nota del curatore

Il libro di Piero Brunello di cui presentiamo qui alcune pagine è diviso in due parti diverse per approcci e linguaggi, separate da un breve intermezzo. Le prime duecento pagine sono un racconto corale di una rivoluzione in divenire, scandito per giornate: dal 17 al 22 marzo 1848. Sulla base di fonti raccolte in una quarantina d’anni di ricerche, l’autore alterna punti di vista diversi, con testimonianze talvolta inconciliabili, di persone che si trovavano in posizioni diverse – nella società e nello spazio fisico –, mettendole a confronto con il racconto degli eventi rivoluzionari che sarebbe diventato quello “ufficiale”. Brunello mostra come gli eventi che portano alla proclamazione della Repubblica si producano al di là delle previsioni e delle attese delle persone coinvolte, e grazie all’apparente convergenza di classi e visioni politiche diverse. Allo stesso tempo, osserva come non furono mai realmente superate le distanze e le diffidenze che separavano le classi popolari anche da quei benestanti impegnati nella rivoluzione, che si autodefinivano membri della classe “intelligente” (aggettivo che oltre a dare un’idea delle qualità che si attribuivano, contiene specularmente tutta l’incapacità di capire l’intelligenza popolare). Se per le prime la rivoluzione non poteva che essere sociale, per i secondi non doveva che essere politica, e agli stessi termini (repubblica, per esempio) erano attribuiti significati ben diversi.

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Archiviato in:Andrea Lanza, Letture, Piero Brunello Contrassegnato con: 1848, anniversari, pagine scelte, rivoluzione, storiografia, Venezia

La guerra mantiene lo Stato in buona salute

03/11/2018

di Randolph S. Bourne

Ricordiamo un doppio centenario: quello della fine della Prima guerra mondiale (per l’Italia l’armistizio entrò in vigore il 4 novembre 1918) e quello della morte del pacifista statunitense Randolph S. Bourne (scrittore e critico letterario morto di influenza spagnola nel dicembre 1918).

Quando morì, Bourne stava lavorando a un libro sulla natura dello Stato, da cui è tratto il presente articolo, tradotto per la prima volta in italiano da Anna Di Qual. In queste pagine, riprendeva i temi antinterventisti e antimilitaristi per cui si era battuto fin dagli inizi della guerra in Europa nel 1914. In particolare, denunciava come la guerra stimolasse l’istinto gregario, deresponsabilizzando gli individui, con il risultato di accentuare il carattere totalitario dello Stato, il conformismo e la persecuzione delle minoranze.

La guerra mantiene lo Stato in buona salute. Essa mette automaticamente in moto nell’intera società irrefrenabili forze che spingono al conformismo e a una calorosa cooperazione con il governo nel costringere all’obbedienza le minoranze e gli individui che non intendono entrare nel branco. La macchina di governo impone e applica drastiche sanzioni: le minoranze sono o intimidite al silenzio o lentamente plagiate attraverso un sottile processo di persuasione che a loro stesse potrebbe sembrare in realtà una vera e propria conversione. Beninteso, l’ideale di una perfetta lealtà e di un totale conformismo non è mai raggiunto pienamente. Le classi a cui spetta l’informale lavoro di coercizione sono instancabili nel loro zelo, ma spesso la loro mobilitazione invece di convertire serve solo a irrigidire la resistenza. Le minoranze si incupiscono, alcune posizioni intellettuali diventano rabbiose e mordaci, ma in generale nel periodo bellico la nazione raggiunge un’uniformità di sentimenti e una gerarchia di valori tali da culminare nell’apice indiscusso dell’ideale di Stato, risultato che nessun ufficio del governo può realizzare, se non attraverso la guerra. Altri valori come, per esempio, l’arte, la conoscenza, la ragione, la bellezza e l’aspirazione a condizioni di vita migliori vengono prontamente e quasi con unanime consenso sacrificati, e le classi dirigenti che si sono date il ruolo di informali rappresentanti dello Stato non solo si adoperano per privarsi esse stesse di questi valori ma costringono anche tutte le altre persone a rinunciarvi.

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Archiviato in:Anna Di Qual, La città invisibile, Letture, Randolph S. Bourne Contrassegnato con: anniversari, antimilitarismo, pensiero libertario, prima guerra mondiale

25 luglio e 8 settembre tra Zero Branco, Chioggia, Treviso e Roma

08/09/2018

di Giovanni Comisso

Riprendiamo alcuni documenti e alcune pagine dello scrittore Giovanni Comisso (1895-1969), relativi al 25 luglio e all’8 settembre 1943. All’annuncio delle dimissioni di Mussolini Comisso si trovava a Treviso. Nella prima metà di agosto fu richiamato alle armi e si trovava a Roma, in procinto di prendere servizio in ufficio di censura, quando giunse la notizia dell’armistizio.

1. 25 luglio 1943: «Muore Re Sole», ma l’estate dura così poco

Alla fine del luglio 1943, Comisso scrisse una lettera all’amico Renato Peretti (che nel dopoguerra sarebbe diventato un celebre falsario di quadri d’autore, specializzato in De Chirico), in cui raccontava il suo 25 luglio a Treviso (che è la città natale dello scrittore).

«Contrariamente al solito io e Languasco [Edoardo Languasco, il segretario del pittore Filippo De Pisis che era grande amico di Comisso], il pomeriggio del 25 luglio abbiamo dormito dalle due alle sei per aver bevuto alcuni bicchierini di vodca eccitati dalla lettura di Anime morte di Gogol, dove pasteggiando si beve così. E si seppe nulla di quello che accadeva sul cielo della Patria.

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Archiviato in:Giovanni Comisso, La città invisibile Contrassegnato con: 25 luglio, 8 settembre, anniversari, ricordi, Roma, Treviso, Zero Branco

“Una coperta da campo è per me il 25 luglio”. Ricordi del 1943

04/08/2018

di Vittorio Sereni

Passato da una decina di giorni il 75° anniversario del 25 luglio 1943, mentre si avvicina quello dell’8 settembre, riprendiamo alcuni brani di una prosa di Vittorio Sereni (1913-1983), dedicati a ricordi dell’anno ’43. Sereni, ufficiale di complemento, fu fatto prigioniero dagli americani in Sicilia la notte tra il 23 e il 24 luglio. Il suo 25 luglio è un boato che esplode nello stadio di Trapani, improvvisato campo di concentramento, e una coperta sul cadavere di un soldato italiano ucciso da una sentinella americana. Nei giorni seguenti, i pochi che discutono la caduta di Mussolini ragionano secondo i codici dell’onore militare – fedeli a chi, traditori di chi? – “il quale fa sì che le guerre continuino”. Da questo punto di vista, per questi ufficiali l’8 settembre sarebbe stato una ripetizione del 25 luglio.

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Archiviato in:La città invisibile, Letture, Vittorio Sereni Contrassegnato con: 25 luglio, anniversari, ricordi

Per Ferruccio Vendramini (1933-2018)

24/04/2018

di Gigi Corazzol

Nella notte tra il 6 e il 7 aprile, è morto Ferruccio Vendramini. A lui, che negli anni scorsi spesso rispondeva ai nostri auguri nei giorni della Liberazione e del Primo maggio, dedichiamo il nostro buon 25 aprile 2018. Lo ricordiamo riprendendo – con alcune modifiche d’autore – un articolo di Gigi Corazzol già apparso nel numero 113 di “Protagonisti”, la rivista dell’Istituto storico bellunese della resistenza e dell’età contemporanea.

Ferruccio sta sempre studiando qualcosa. Di recente mi è capitato di incontrarlo nei depositi dell’archivio comunale di Belluno, a Marisiga; oppure nella sala di lettura dell’Archivio di Stato. Se invece a casa mia, di norma perché era sceso a Feltre per un’intervista destinata ad arricchire un profilo biografico.

Se gli telefoni sai che dovrai aspettare. Istanti per carità, giusto il tempo che arrivi all’apparecchio. No cordless a portata di mano. Quelle volte che sono passato a trovarlo gli scartafacci li ho visti spalancati quando sul tavolo del salotto, ora su uno, minuscolo, in fianco al letto. Insomma, a casa, Vendramini ha studiato e scritto secondo richiedessero le esigenze familiari. Anche in questi anni ultimi, in cui non ha più avuto a sua disposizione un ufficio, ha continuato a far così; nessun privé conforme alla scenotecnica vigente. Ottimo.

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19 aprile 1968 a Valdagno. Cinquant’anni dopo

18/04/2018

di Walter Cocco

Ritorniamo a Valdagno grazie al nostro amico Walter Cocco. Il 19 aprile 1968, gli operai della Marzotto entrano in sciopero per protestare contro il nuovo sistema del cottimo che impone ritmi insostenibili e crea le condizioni per nuovi licenziamenti. Di fronte allo schieramento di polizia e carabinieri, cresce la tensione. La sera viene abbattuta la statua di Gaetano Marzotto, il fondatore della fabbrica.

A cinquant’anni da quei fatti, Cocco ha scritto un testo partendo dalle interviste che realizzò una ventina d’anni fa (ovvero a trent’anni dai fatti): un immaginario operaio (trentenne all’epoca dei fatti) ripercorre quanto successo a Valdagno dal 19 aprile 1968 al 23 febbraio 1969 (quando terminò l’occupazione della fabbrica). Il testo verrà interpretato a due voci presso la sala Soster di Palazzo Festari (Valdagno) la sera del 19 aprile 2018 (per scaricare la locandina, cliccare qui). Ne proponiamo qui un breve estratto.

Venerdì 19 aprile ore 7,00

Stamattina, arrivato davanti ai cancelli, c’era già un sacco di carabinieri schierati e alle 7,30 è arrivata anche la polizia. Dicono di esser qui per garantire la libertà di andare al lavoro e hanno formato un corridoio. Noi cerchiamo di impedire il passaggio, i compagni del turno di notte e quelli che sono usciti dopo solo un’ora di lavoro cercano di fermarsi all’ingresso per rendere difficile l’entrata ai crumiri. Polizia e carabinieri però spingono e malmenano chi si ferma, cercano di tenere libero il passaggio. Aumenta la tensione, volano parole grosse, pugni, calci, ma non succede nulla di grave. Arriva un reparto della celere, ma anche noi siamo sempre più numerosi e non ci muoviamo. A un certo punto arrivano gli studenti delle scuole superiori, i lavoratori delle confezioni del Maglio e anche cittadini a manifestare il loro sostegno allo sciopero. Rimaniamo così, tutto il giorno, noi da una parte e le forze dell’ordine dall’altra. Momenti di tensione si alternano a momenti di relativa calma, nessuno si muove. Poi, nel pomeriggio, c’è uno scontro e vengono presi due manifestanti. I sindacalisti intervengono e ne chiedono il rilascio, le forze dell’ordine sono disposte a farlo se la manifestazione si scioglie e tutti vanno a casa. I sindacalisti ci dicono che i due compagni sono stati liberati ma che la manifestazione è sciolta. Si levano urla e fischi e volano le prime pietre. I vetri dello stabilimento si infrangono, un agente viene ferito, la polizia carica e spara i lacrimogeni. Rispondiamo con una fitta sassaiola e li obblighiamo a ritirarsi dentro il cortile della fabbrica. È scontro aperto, succede di tutto: alcuni prendono d’assalto il Jolly Hotel, altri il Magazzino della Lana, i manichini gettati nel fiume. Mi avvicino a Piazza Dante, è piena di gente, qualcuno ha delle funi sta tirando giù la statua di Gaetano Marzotto, il fondatore della fabbrica. Siamo in molti a incitare finché la statua cade giù! La città è in rivolta, si fa notte, arrivano altri reparti di polizia che attaccano con lacrimogeni e manganelli. Si scatena una vera e propria caccia all’uomo contro manifestanti e curiosi. La giornata si chiude con decine di fermati e 42 arresti, 5 denunciati a piede libero, 58 feriti fra le forze dell’ordine e un numero imprecisato fra i manifestanti. Solo i più gravi si sono fatti ricoverare, gli altri si sono curati in casa per evitare denunce. La gravità della situazione si capisce si da subito.

[Leggi di più…] info19 aprile 1968 a Valdagno. Cinquant’anni dopo

Archiviato in:La città invisibile, Walter Cocco Contrassegnato con: anniversari, Sessantotto, storia del movimento operaio, Valdagno

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