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8 settembre

Orgoglio partigiano. Uno scritto del 1952

08/09/2020

di Pietro Chiodi

Per ricordare l’8 settembre, quest’anno ricorriamo a uno scritto del filosofo Pietro Chiodi (1915-1970), uscito per la prima volta sul periodico «La Voce» di Cuneo il 28 settembre 1952. Chiodi, partigiano combattente, è noto anche per essere stato insegnante di Beppe Fenoglio. Il testo è in uscita insieme ad altri scritti nell’antologia Pietro Chiodi, Beppe Fenoglio e la Resistenza curata da Cesare Pianciola per le Edizioni dell’asino. Ringraziamo Pianciola anche per aver scritto una nota al testo appositamente per il nostro sito.

L’orgoglio non è una virtù. Non si dovrebbe mai essere orgogliosi. Tanto meno poi di aver fatto qualcosa, come il partigiano, che mirava proprio a ricostituire l’uguaglianza morale fra gli uomini, fra i cittadini, come membri di una collettività priva di discriminazioni e di «meriti» e di «orgoglio» patriottici. Ma, alle volte, dentro di me, mi succede di sentirmi pieno di un infinito orgoglio e sempre solo per una sola cosa: d’aver fatto il partigiano.

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Archiviato in:Cesare Pianciola, La città invisibile, Pietro Chiodi Contrassegnato con: 8 settembre, anniversari, antifascismo, pagine scelte

Mai più questa divisa. L’8 settembre di Nuto Revelli

08/09/2019

di Nuto Revelli

Per l’anniversario dell’8 settembre 1943, quest’anno abbiamo riaperto La guerra dei poveri, le memorie della guerra e della Resistenza che Nuto Revelli pubblicò nel 1962. È un modo per ricordare anche il centenario dell’autore, nato il 21 luglio 1919.

Reduce dalla ritirata di Russia, Revelli si trovava a casa a Cuneo, in convalescenza. All’annuncio dell’armistizio, nel caos della città travolta da una “valanga grigioverde” di armate allo sbando, ritrova forze che non pensava più di avere. Per tre giorni passa da un comando all’altro, sperando di organizzare la resistenza; è la seconda delusione dopo il Don; arrivato “proprio in fondo al pozzo” smette di credere all’esercito e ai gradi e getta la divisa. La Resistenza comincia così. 

8 settembre. La notizia dell’armistizio mi entra in casa dalla strada. Gridano che la guerra è finita, che Badoglio sta parlando.

Con Anna scendo in via Roma, quasi di corsa, perché sento che un’altra guerra sta incominciando.

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Milano bombardata. Un articolo del settembre 1943

07/09/2019

di Alberto Savinio

Continuiamo ad avvicinarci all’anniversario dell’8 settembre 1943. Durante i “quarantacinque giorni” del governo Badoglio, molte città italiane furono pesantemente bombardate dagli alleati; era la strategia del “moral bombing”: colpire la popolazione per deprimerne lo “spirito” e di conseguenza accelerare la resa. Il 7 settembre 1943 Alberto Savinio descrisse in un articolo sul Corriere della Sera quello che aveva visto durante una breve visita a Milano, bersaglio di tre pesantissime incursioni durante il mese di agosto. Immagini di distruzioni e di morte che si associano a ricordi più lontani, a introspezioni e divagazioni, con una conclusione sul dilemma di una liberazione che passava per i bombardamenti. 

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La moda nera. Un articolo della tarda estate 1943

07/09/2019

di Camilla Cederna

Si avvicina l’anniversario dell’8 settembre 1943. Per ricordarlo, quest’anno cominciamo da un articolo che Camilla Cederna pubblicò sull’edizione pomeridiana del Corriere della Sera datata 7-8 settembre 1943. Dopo il 25 luglio, il regime sembra alle spalle; modi di vestire e gesti che, fino a poco prima, sembravano – almeno a quasi tutti – ordinari e costitutivi della vita quotidiana, diventano ora oggetto di scherzo in pubblico. L’ironia della Cederna colpisce soprattutto le donne che hanno accettato di seguire “uno stile assurdo e alquanto disumano”, imitando “i loro superiori e gerarchi”. Scrivendo in quei giorni, uniformi nere e distintivi sembravano destinate a finire nelle discariche insieme alle macerie delle città bombardate.

Se verranno conservate certe fotografie ufficiali negli albums di famiglia potrà capitare che i bimbi un giorno, sfogliandoli, si domandino come mai la nonna o la mamma in quei tempi vestissero a lutto, e perché si fossero messa la cravatta del babbo, e, sulla testa, un bizzarro cappellino a barchetta che le rendeva davvero assai brutte. Possibile poi che fossero quelle medesime donne, in altre pagine intente a fasciare un neonato o ad annaffiare rotonde aiuole di rose con vaghi gesti e chiari vestiti?

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Archiviato in:Camilla Cederna, La città invisibile Contrassegnato con: 8 settembre, Milano, moda

25 luglio e 8 settembre tra Zero Branco, Chioggia, Treviso e Roma

08/09/2018

di Giovanni Comisso

Riprendiamo alcuni documenti e alcune pagine dello scrittore Giovanni Comisso (1895-1969), relativi al 25 luglio e all’8 settembre 1943. All’annuncio delle dimissioni di Mussolini Comisso si trovava a Treviso. Nella prima metà di agosto fu richiamato alle armi e si trovava a Roma, in procinto di prendere servizio in ufficio di censura, quando giunse la notizia dell’armistizio.

1. 25 luglio 1943: «Muore Re Sole», ma l’estate dura così poco

Alla fine del luglio 1943, Comisso scrisse una lettera all’amico Renato Peretti (che nel dopoguerra sarebbe diventato un celebre falsario di quadri d’autore, specializzato in De Chirico), in cui raccontava il suo 25 luglio a Treviso (che è la città natale dello scrittore).

«Contrariamente al solito io e Languasco [Edoardo Languasco, il segretario del pittore Filippo De Pisis che era grande amico di Comisso], il pomeriggio del 25 luglio abbiamo dormito dalle due alle sei per aver bevuto alcuni bicchierini di vodca eccitati dalla lettura di Anime morte di Gogol, dove pasteggiando si beve così. E si seppe nulla di quello che accadeva sul cielo della Patria.

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L’8 settembre, la Resistenza a Mestre e un banjo. I ricordi di un figlio

23/09/2017

di Daniele Zuccato

Presentiamo il testo dell’intervento che Daniele Zuccato ha tenuto qualche anno fa alla seconda festa di storiAmestre. Un banjo conservato in casa testimonia un’amicizia nata in tempo di guerra durante le vicende della Resistenza a Mestre. Il testo è stato rivisto per l’occasione. Le foto sono dell’autore.

Un banjo che conservo a casa mi ricorda una storia che si è svolta nel triste periodo della seconda guerra mondiale e in particolare in quel difficile momento che va dall’8 settembre 1943 fino alla conclusione del conflitto.

      

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