di Virginia Woolf
Nel 1931 la Lega cooperativa delle donne (Co-operative Women’s Guild), fondata a Londra nel 1883, pubblicò alcune autobiografie di donne proletarie inglesi. Era un progetto che risaliva a molti anni prima, a lungo rimandato per molte ragioni, compresa la prima guerra mondiale.
Invitata a scrivere una Prefazione alla raccolta, Virginia Woolf lo fece, vincendo una certa riluttanza, sotto forma di una lettera a Margaret Llewelyn Davies, segretaria della Lega. Vi rievocava un congresso della Lega del 1913, a cui aveva assistito, e una discussione avvenuta qualche mese dopo presso l’ufficio centrale dell’organizzazione, dove per la prima volta aveva potuto vedere le lettere che alcune donne avevano indirizzato alla Lega, raccontando le proprie vite. In quei testi trovò “qualcosa della minuziosità e della chiarezza di una descrizione di Defoe”.
Dopo aver affrontato il tema dei rapporti tra donne borghesi e proletarie, Virginia Woolf osservava che quelle autobiografie, scritte “in cucina, nei ritagli di tempo libero, in mezzo a ogni sorta di distrazioni e ostacoli” rappresentavano un documento della “stupefacente vitalità dello spirito umano”, di quella “innata energia che nessuna sequela di parti e di bucati era riuscita a spegnere”.
Lettera introduttiva a Margaret Llewelyn Davies
Quando mi chiese una prefazione per una raccolta da lei curata di lettere di donne proletarie, le risposi che avrei preferito annegare piuttosto che scrivere una prefazione a qualsiasi libro del genere. Il mio ragionamento – e credo si tratti di un ragionamento corretto – era che i libri debbono reggersi sulle proprie gambe: se hanno bisogno di essere puntellati da una prefazione di qua e da introduzione di là, non hanno diritto di esistere più di un tavolino che non stia dritto se non gli si infila un pezzo di carta sotto una gamba. Ma lei mi lasciò quelle lettere e sfogliandole mi accorsi che in questo caso il mio ragionamento non funzionava: questo libro non è un libro. Voltando le pagine, cominciai a chiedermi: che cos’è allora questo libro, se non è un libro? Quali qualità possiede? Quali idee fa venire in mente? Quali antichi ragionamenti e ricordi suscita in me? E poiché tutto ciò non aveva nulla a che fare con una introduzione e una prefazione, bensì mi riportava alla memoria lei e talune immagini del passato, ho allungato la mano per prendere un foglio di carta e ho scritto questa lettera, che è diretta non al pubblico, ma a lei.
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