di Piero Brunello, a cura di Andrea Lanza
Primavera, tempo di rivoluzioni. Quest’anno ricordiamo l’anniversario delle “giornate rivoluzionarie” del Quarantotto a Venezia (17-22 marzo) riprendendo alcune pagine da un libro recente di Piero Brunello, Colpi di scena. La rivoluzione del Quarantotto a Venezia (Cierre, Sommacampagna 2018). L’autore parlerà del suo libro lunedì 18 marzo (il giorno dell’insurrezione popolare a Venezia, la prima delle cinque giornate del Quarantotto a Milano e il primo giorno della Comune di Parigi del 1871), alle ore 19 all’Avamposto a Rialto. Il libro sarà presentato a Mestre il 20 marzo, presso lo spazio Negozio Piave 67, alle 17,30 (con l’autore, Paola Sartori e Fabio Bortoluzzi).
Nota del curatore
Il libro di Piero Brunello di cui presentiamo qui alcune pagine è diviso in due parti diverse per approcci e linguaggi, separate da un breve intermezzo. Le prime duecento pagine sono un racconto corale di una rivoluzione in divenire, scandito per giornate: dal 17 al 22 marzo 1848. Sulla base di fonti raccolte in una quarantina d’anni di ricerche, l’autore alterna punti di vista diversi, con testimonianze talvolta inconciliabili, di persone che si trovavano in posizioni diverse – nella società e nello spazio fisico –, mettendole a confronto con il racconto degli eventi rivoluzionari che sarebbe diventato quello “ufficiale”. Brunello mostra come gli eventi che portano alla proclamazione della Repubblica si producano al di là delle previsioni e delle attese delle persone coinvolte, e grazie all’apparente convergenza di classi e visioni politiche diverse. Allo stesso tempo, osserva come non furono mai realmente superate le distanze e le diffidenze che separavano le classi popolari anche da quei benestanti impegnati nella rivoluzione, che si autodefinivano membri della classe “intelligente” (aggettivo che oltre a dare un’idea delle qualità che si attribuivano, contiene specularmente tutta l’incapacità di capire l’intelligenza popolare). Se per le prime la rivoluzione non poteva che essere sociale, per i secondi non doveva che essere politica, e agli stessi termini (repubblica, per esempio) erano attribuiti significati ben diversi.
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