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1848

“L’avvenire è diventato possibile”. Victor Hugo contro Napoleone “il piccolo”

02/12/2021

di Victor Hugo, a cura della redazione di storiamestre.it

Oggi è un anniversario più o meno tondo: centosettant’anni fa, il 2 dicembre 1851, Luigi Napoleone Bonaparte, presidente della Repubblica francese nata nel corso del 1848, compiva un colpo di Stato. Per ricordarlo, riprendiamo alcune pagine con cui Victor Hugo, dall’esilio, denunciava quelle vicende all’opinione pubblica liberale europea. Sono brani dedicati all’invettiva, annunciata sin dal titolo del pamphlet – Napoléon le Petit –, con cui Hugo (che restava sempre affezionato al mito del primo Bonaparte) distingueva sarcasticamente Luigi Napoleone dallo zio. E in conclusione un elogio del 1848, con un’apertura di credito alla storia e all’avvenire.

Luigi Bonaparte è un uomo di media statura, freddo, pallido, lento, che ha l’aria di non essere completamente desto. […] Cavalca bene. La sua parola è strascicata con lieve accento tedesco.

[…] Ha i baffi folti che gli coprono il sorriso, come il duca d’Alba e l’occhio spento, come Carlo IX.

Giudicandolo all’infuori di ciò che egli chiama i suoi atti necessari o i suoi grandi atti, è un personaggio puerile, volgare, teatrale, vano.

[…] Gli piace la gloriola, il pennacchio, il passamano, il ricamo, le pagliette e i cordoncini, le grande parole, i grandi titoli, tutto ciò che rimbomba, tutto ciò che scintilla, tutte le cortesie del potere. Nella sua qualità di parente della battaglia di Austerlitz, si veste da generale.

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Archiviato in:redazione sito sAm, Victor Hugo Contrassegnato con: 1848, 1851, anniversari, Luigi Napoleone Bonaparte, pagine scelte, Parigi

“E se fosse uno scherzo?”. Note su una lettera di un parrucchiere socialista (Parigi, autunno 1848)

27/11/2021

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza è rimasto colpito da una lettera del novembre 1848 che di recente ha potuto leggere in un fondo degli Archivi Nazionali di Parigi. Cosa ci raccontano, oggi, le singolari caratteristiche di quel breve testo? Che cosa significavano allora? Immaginare quel che è stato seduti a un tavolo in archivio, fare ipotesi davanti a un bicchiere bevuto in compagnia, pensare alle nostre vite di oggi attraverso i compagni di ieri.

Una candidatura respinta

Ottobre 2021, sala di consultazione degli Archivi Nazionali francesi, sfollati dalla sede storica nel centro di Parigi all’avveniristico edificio della banlieue nord, al confine fra il comune di Saint-Denis e quello di Pierrefitte-sur-Seine. Inizio a esplorare una serie di faldoni che documentano un aspetto poco studiato della rivoluzione francese del 1848: un credito di tre milioni di franchi erogato dalla Repubblica alle cooperative di soli operai o di padroni disposti a distribuire parte dei dividendi con i propri lavoratori; per ottenere il credito bisognava presentare un progetto a un Consiglio che lo avrebbe valutato. Il provvedimento era stato approvato il 5 luglio 1848, all’indomani delle giornate di giugno, quelle della sollevazione delle classi popolari parigine in nome della repubblica democratica e sociale, mentre alla repressione delle armi succedevano le retate e una campagna stampa di totale delegittimazione degli insorti e dei “democratici socialisti”. La storiografia dei movimenti dei lavoratori ha spesso liquidato questo Consiglio come un’operazione volta a controllare o comprare parte delle classi lavoratrici, pronte a collaborare con i repubblicani moderati e, soprattutto, con l’eterogenea alleanza di conservatori e reazionari che stava ormai prendendo il controllo della giovane repubblica. 

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Archiviato in:Andrea Lanza, La città invisibile Contrassegnato con: 1848, archivi, documenti, Parigi, storia del movimento operaio, storiografia

Perché a Venezia non si ricorda il 18 marzo. Un discorso all’Avamposto di Rialto

19/03/2021

di Piero Brunello

Pubblichiamo il testo dell’intervento che Piero Brunello ha tenuto due anni fa, il 18 marzo 2019, presentando il suo libro Colpi di scena (2018) all’Avamposto, in Erbaria a Rialto. Ci auguriamo che ricordare in questo modo il 18 marzo nel 2021 sia di buon auspicio per la ripresa delle attività in presenza di storiAmestre; infatti sotto il segno del Quarantotto si sono svolte le ultime che l’associazione ha potuto organizzare, nell’ottobre 2020: due passeggiate a Venezia, per i luoghi degli avvenimenti del marzo 1848.

Oggi 18 marzo 2019 dirò due parole sul 18 marzo 1848 a Venezia, cogliendo a pretesto il libro Colpi di scena che l’Avamposto mi ha gentilmente proposto di presentare qui a Rialto. Ringrazio innanzitutto Francesco Zane, che vive qui a due passi e ha avuto l’idea, e l’Avamposto che ha accolto la proposta. Ringrazio poi le persone amiche che sono presenti. Le ringrazio in modo particolarmente caloroso per essersi mosse di casa sfidando il vento freddo che si è alzato nel pomeriggio e ancora continua. 

Tra le facce amiche, vedo davanti a me Benny Arbel, amico di una vita, e così vorrei dedicare questo mio discorso a Hermann Jellinek, suo antenato materno, giornalista, scrittore, rivoluzionario, ebreo. Studiò a Praga; cacciato dalle università di Lipsia e di Berlino per la sua attività politica, nel marzo 1848 si trova a Vienna; condannato a morte per impiccagione dopo la riconquista della capitale a opera delle truppe del generale Windischgraetz, che imputava alla stampa radicale la responsabilità della rivoluzione, fu fucilato il 23 novembre 1848. Aveva ventisei anni.

Il ricordo di Hermann Jellinek e della rivoluzione di Vienna fa pensare, qui a Venezia, a come naufragarono in poco tempo nel Quarantotto le speranze sulla fratellanza dei popoli, e a come alla fine conflitti europei trovarono soluzioni nazionali. Ma stasera il mio tema è un altro, e riguarda una giornata che nessuno ricorda.

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“La repubblica è morta”. Il 2 dicembre di Jacques Vingtras

02/12/2020

di Jules Vallès, a cura di Enrico Zanette

Oggi è un anniversario: il 2 dicembre 1851 Luigi Napoleone Bonaparte – che Victor Hugo chiamava Napoléon le Petit per distinguerlo sarcasticamente dallo zio – compiva un colpo di Stato contro le istituzioni della repubblica francese. Jules Vallès raccontò la fallita resistenza a Parigi nel suo romanzo Il diplomato, di cui abbiamo già parlato su questo sito. Ne riprendiamo ancora un capitolo: una giornata buia e cupa, spostamenti inutili, esitazioni, rassegnazione. E soprattutto la scoperta – per l’alter ego letterario di Vallès, Jacques Vingtras – di ritrovarsi tra redingote, tra «borghesi»; il popolo di Parigi, le bluse, gli operai, non li avrebbero seguiti. Per loro la repubblica era già morta da un pezzo, nelle giornate del giugno 1848, quando proprio quei repubblicani borghesi erano stati i loro carnefici, assassini della repubblica democratica e sociale, un sogno durato solo  pochi mesi.  

«Vingtras!».

Mi sfondano la porta!

«Vingtras, Vingtras!».

È una specie di grido di terrore! Salto giù dal letto e vado ad aprire, stordito… Rock! pallido, stravolto!

«Il colpo di Stato!…».

Mi viene la pelle d’oca.

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Cosa successe a Mestre il 22 marzo 1848? Per l’anniversario della rivoluzione del 1848

22/03/2020

di Piero Brunello

Ricordiamo l’anniversario del 22 marzo 1848 pubblicando un saggio di Piero Brunello uscito per la prima volta nel 2011 nell’annuale “L’Esde. Fascicoli di studi e di vultura”, rivisto per l’occasione.

Il 22 marzo 1848 l’Arsenale di Venezia cadde nelle mani degli insorti veneziani; poco dopo il governatore militare austriaco firmò la capitolazione, impegnandosi a trasportare immediatamente le truppe non italiane a Trieste. 

Campane a festa dal campanile di San Marco; sventolare di stoffe cucite a mo’ di tricolori italiani, a volte con le bande verticali, a volte orizzontali; simboli e bandiere con il leone della Serenissima ripescati dalle soffitte; uomini svenuti in strada per l’emozione; cappelli con le piume in testa; cori d’opera a squarciagola; cortei di ragazzi fino a notte fonda con fiaccole, canti e tamburi; soldati lombardi e veneti in giro per le calli a bere con i civili nelle osterie; stemmi con l’aquila imperiale tolti dai muri delle case e buttati in acqua. Le guardie di polizia si chiusero in casa, e alcune vi rimasero nascoste fino all’agosto del 1849, quando la città fu riconquistata dagli Austriaci. Ancora non si avevano notizie da Milano, che in quei giorni si era riempita di barricate e di morti per le strade, ma sembrava davvero che l’impero asburgico fosse crollato su se stesso.

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I Daniel Blake (Regno Unito, 2016). Io Michele Padovani (Regno Lombardo Veneto, 1848)

30/04/2019

di Piero Brunello

Per i nostri consueti auguri di buon Primo maggio, riprendiamo un discorso che Piero Brunello ha tenuto in un’assemblea di storiAmestre alla fine del 2016, che aveva per tema rapporti di lungo periodo tra carità istituzionale, controllo della marginalità e proliferazione degli apparati statali. Ce lo hanno fatto tornare in mente le discussioni recenti sul reddito di cittadinanza. Con una nota finale.

Mentre guardavo al cinema il film di Ken Loach sulla vicenda di Daniel Blake pensavo a una storia dickensiana (si sa quanto sia importante Dickens nella tradizione del socialismo britannico), ma quando ho visto che a un certo punto il protagonista non ha altra possibilità di protesta che denunciare la propria situazione scrivendo sui muri ho pensato a un’altra storia, questa volta ambientata nel Lombardo Veneto, che riguarda la vita di un uomo di nome Michele Padovani.

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