di Enrico Zanette
Dopo l’esondazione del Lierza a Refrontolo, avvenuta sabato 2 agosto provocando morti e feriti, Enrico Zanette, che vive a Vittorio Veneto, ha cominciato a sfogliare i giornali locali (Gazzettino, Tribuna, Corriere del Veneto) per vedere come quei fatti sono stati raccontati e discussi, ricavando qualche impressione generale. Nel complesso il quadro appare confuso e poco attendibile: Zanette conclude perciò con un invito a raccogliere minuti dati di fatto in una prospettiva storica di lungo periodo piuttosto che a unirsi a schieramenti precostituiti.
Sfoglio i giornali locali per capire. Titoli, articoli di apertura, articoli di fondo, tagli medi e bassi, occhielli, strilli e spalle. Tanta roba. Ma più leggo, più mi confondo. Dalle prime edizione di domenica le tesi mutano e si moltiplicano; e ciò che è peggio la stessa sorte spetta ai dati. Le precipitazioni passano da 10 centimetri a 70, 80, 200 millimetri. Le frane sono una sessantina per alcuni, 200 per altri e addirittura inesistenti per altri ancora.
La maggior parte delle tesi riportate hanno una caratteristica comune: riducono l’episodio a una o poche concause, mentre escludono fermamente altri plausibili fattori. Ciò è singolare. Un dissesto idrogeologico è per definizione1 un fenomeno complesso dovuto a una molteplicità di fattori predisponenti e cause determinanti, sia naturali che umane. Queste ultime si possono dire negative (incuria, mancanza di manutenzione e tutela dell’equilibrio, ecc.) e positive (lavori impattanti sull’equilibrio già fragile, manutenzioni non adeguate, ecc.). Perché allora di fronte alla complessità di un fenomeno si ricorre a spiegazioni unilaterali e riduttive? Un po’, forse, per superficialità e ignoranza, un po’ perché sembra che i protagonisti delle diverse tesi non cerchino tanto la verità, ma altre cose.
Riprendo gli appunti e ne individuo alcune che mi sembrano le principali.
– Scagionare tutti e creare un senso di comunità contro un nemico esterno, la natura, in particolare il tempo atmosferico. Le tesi a sostegno di questa finalità danno tutta la responsabilità alla natura matrigna: insistono in particolare sulla “bomba d’acqua”, un po’ meno sulla geologia e le piene del Lierza. Questa tesi trova terreno fertile nel classico conflitto uomo-natura. Tra i sostenitori si trovano diversi prelati, imprenditori agricoli e amministratori locali.
– Attaccare gli imprenditori del vino e chi li sostiene politicamente. Le tesi di questo tipo puntano il dito sui vigneti (drenaggio insufficiente, ecc.) e su ciò che comporta la loro realizzazione (sbancamenti, disboscamenti, distruzione del paesaggio). Tra i sostenitori si trovano diversi ambientalisti e oppositori politici.
– Difendere gli imprenditori del vino, discolparli per ampliare l’estensione dei vigneti, e insieme attaccare Roma e gli ambientalisti. Questa finalità s’incastra bene con la precedente. Le tesi a sostegno escludono fermamente i vigneti, che anzi, insieme ai viticoltori vengono presentati come assolutamente positivi (sorta di nuovi benandanti delle colline, anche se qualcuno, senza fare nomi, ammette qualche vigneto mal fatto). Si punta quindi il dito sui boschi (curati o mal curati) e su coloro che difendono il paesaggio. Ciò si accompagna di norma a proposte di nuovi disboscamenti per far spazio a nuovi vigneti e alla richiesta di fondi per la messa in sicurezza del territorio. Tra i principali sostenitori si trovano diversi imprenditori agricoli e amministratori locali.
Tra le decine di virgolettati e interviste contrastanti emerge comunque una certezza, che però non trova praticamente posto nei giornali: il Lierza esonda spesso, forse da sempre. Così racconta Ernesto Morgan, ex mugnaio del Molinetto, nel suo libro di memorie Il molinetto della Croda racconta, pubblicato nel 1995, ricordando le frequenti e terribili piene del Lierza. E così era successo anche lo scorso febbraio.
Ciò significa che si dimentica in fretta, non si ascolta chi ha memoria dei luoghi e non si leggono i libri di storia locale, alla faccia di chi non perde occasione per ricordare l’importanza delle radici, delle tradizioni e dell’identità culturale. Interessante notare a proposito che, stando a quanto riporta Paolo Calia (Il Gazzettino, 5 agosto), l’autore del libro sia lo zio di Mariagrazia Morgan, sindaco di Refrontolo dal 2004 fino all’aprile scorso. Del libro e della memoria di Morgan se ne parla poi solamente nell’intervista di Silvia Madiotto (Corriere del Veneto, 6 agosto); la Tribuna, per esempio, non lo cita.
Smetto di leggere, convinto che questo accavallarsi di posizioni non mi sia d’aiuto. A che serve riportare sui giornali tutte le posizioni, far suonare, come dicono i giornalisti, tutte le campane? A capire come sono andate le cose? Non mi sembra. Anzi, nel frastuono generale, l’unica finalità che conta davvero, risulta impossibile e si viene quasi costretti a prendere parte per gli uni o per gli altri assecondando interessi e vincoli identitari. È un peccato che per capire come sono andate le cose e come è ridotto il territorio si debba aspettare la magistratura.
- Vedi la voce Dissesto Idrogeologico di Bartolo Franceschetti in Enciclopedia Italiana, V Appendice, 1991, ora accessibile online. [↩]