di Filippo Benfante
In occasione del settantesimo anniversario della morte di Simonne Vidal, moglie, dal 1919, di Marc Bloch, ripubblichiamo le note scritte da Filippo Benfante per il Quaderno di storiAmestre numero 3, dedicato alla memoria dello storico francese.
Queste righe sono per un altro anniversario. Il 2 luglio 1944 Simonne Vidal Bloch moriva all’ospedale di Lione, dove era stata ricoverata d’urgenza per una malattia non diagnosticata; era in città da qualche settimana, accorsa dopo aver saputo che il marito era stato arrestato; non era riuscita ad avere nessuna notizia certa, tanto meno quella della fucilazione avvenuta il 16 giugno.
Subito dopo la guerra, Lucien Febvre volle concludere così la sua Nota al testo per la prima edizione dell’Apologia della storia:
Infine, poiché si tratta di dedica e di pio ricordo, non posso non dire questo. C’è una persona alla quale Marc Bloch avrebbe senza dubbio dedicato, prima di morire, una delle grandi opere che attendevamo ancora da lui. Una persona di cui tutti coloro che conobbero e amarono Marc Bloch sanno con quale tenerezza esclusiva l’avesse circondato, lui e i suoi figli, e con quale abnegazione lo avesse coadiuvato come segretaria e come aiutante nei suoi lavori. Io sento come un obbligo al quale nulla – neppure quel sentimento di pudore sentimentale che era così forte in Marc Bloch – mi potrebbe impedire di obbedire, sento come un dovere la necessità di scrivere qui il nome di madame Marc Bloch, morta per la medesima causa del marito e nella stessa fede francese di lui.
Non ci avevo mai fatto molto caso. Forse è stata la formula, peraltro corrente in francese per indicare una moglie, «madame Marc Bloch» – che Febvre usava anche nelle lettere all’amico e collega1 – a mettermi fuori strada. Ho iniziato a segnarmi notizie sul conto di Simonne Vidal quando, per capire come potevo confezionare questo Quaderno con Elena Iorio, ho letto la biografia di Bloch scritta da Carole Fink. A p. 86 dell’edizione italiana ho letto che lei e Marc Bloch si sposarono civilmente il 19 luglio 1919, a Parigi; quattro giorni dopo ebbe luogo la cerimonia religiosa nella sinagoga di rue Buffault2. Simonne veniva da una ricca famiglia ebrea; durante la guerra aveva prestato servizio ausiliare, aveva ottenuto una decorazione per il lavoro che aveva svolto con i prigionieri e i profughi tra il 1914 e il 1918. Carole Fink non racconta nulla sul fidanzamento, su eventuali rapporti tra le famiglie d’origine. Aggiunge solo che lei
era una donna di tatto e intelligenza con una notevole inclinazione per la musica e le lingue straniere; dopo il matrimonio aveva aiutato il marito come segretaria, lo aveva assistito nella ricerca, lo aveva accompagnato nei viaggi. Era stata sua amica. Condivideva molti dei suoi interessi, leggeva praticamente tutto quello che scriveva e contribuiva anche a mantenere in casa quell’ordine che era indispensabile alla felicità di Bloch. Aveva a disposizione una dote consistente e abbondante personale domestico; era rinomata come diligente e parsimoniosa donna di casa.3
Nei primi dieci anni di matrimonio nascono sei figli: Alice (7 luglio 1920), Étienne (23 settembre 1921), Louis (26 febbraio 1923), Daniel (11 marzo 1926), Jean-Paul (26 agosto 1929), Suzanne (15 ottobre 1930). Questa è una delle poche cose che si possono raccontare. Di Simonne non si sa quasi nulla. Fa parte di quella dimensione privata, famigliare, che nessun biografo o studioso di Bloch ha potuto penetrare. Nel 1997, Étienne Bloch ha spiegato che due dei suoi fratelli ritengono un abuso qualsiasi rivelazione sulla vita privata del padre; per questo motivo non intendono rendere pubblica nessuna notizia sui rapporti famigliari e sui loro sentimenti, e hanno proibito la pubblicazione di qualsiasi documento privato e della corrispondenza di Marc Bloch con i figli, la moglie e altri parenti4. Carole Fink le ha potute consultare, ma non cita mai direttamente se non poche parole isolate; in genere fornisce solo rapide parafrasi.
Étienne, da un certo punto custode della memoria e dell’immagine pubblica del padre, curatore delle più recenti edizioni postume, è il solo a parlare un po’ di Simonne. Racconta che lui e i suoi fratelli non sospettavano nemmeno la profondità dell’amore che legava i loro genitori; forse dipendeva dal carattere del padre, non facile, poco incline a qualsiasi manifestazione d’affetto: «Per noi, era un padre autoritario e severo. Gli volevamo bene, certo, ma – perché non riconoscerlo – spesso ci faceva paura. […] Mia madre, invece, era la dolcezza in persona». Hanno scoperto solo dopo quanto fosse forte e passionale quel sentimento, leggendo la loro corrispondenza e le poesie che Marc scriveva per Simonne. La solidità della coppia, invece, era sotto gli occhi di tutti: «Lui condivideva tutto con lei. Lei gli faceva da segretaria, gli dattilografava tutti i manoscritti e tutte le lettere. Teneva in ordine le schede di appunti. Leggeva tutto quello che lui scriveva. Credo di non sbagliarmi dicendo che dalla penna di lui non è uscita una sola parola senza passare per il vaglio di lei»5.
Dai ricordi di Étienne Bloch, ci si immagina una donna pratica. Per esempio, mentre a Marc piaceva molto guidare ma non era un granché al volante, lei era una guidatrice eccellente, anche un po’ troppo sprint secondo il marito. Dopo aver letto questa considerazione, ho pensato in modo nuovo a un esempio che Bloch sceglie di fare nel paragrafo Nomenclatura del capitolo IV dell’Apologia: “Quando il mio vicino mi dice: «Esco in vettura», devo intendere che parla di una carrozza a cavalli o di un’automobile? Soltanto la conoscenza che posso avere avuto, in precedenza, della sua scuderia o della sua autorimessa mi permetterà di rispondere”.
Simonne doveva badare a un marito esigente, a sei figli e alla casa. D’accordo, ricorda ancora Étienne, «si viveva in un confortevole benessere borghese, grazie al patrimonio di mia madre»: sempre in grandi appartamenti dove c’erano una cuoca, una governante e una tata per i bambini. Ma tutto doveva essere perfetto e quando, con la guerra, tutti i privilegi della condizione sociale son perduti, Simonne riesce comunque a far fronte ai bisogni della famiglia. Per questi ultimi anni c’è qualche notizia in più. Simonne accorre quando Bloch arriva in Bretagna, dopo l’evacuazione da Dunkerque, passando per l’Inghilterra, nel 1940:
A Cherbourg, Bloch aveva telegrafato alla moglie, che lo aveva raggiunto dopo essersi sistemata a Caen. Simonne Bloch trovò il marito, dopo tutte le sue avventure, «abbronzato e dimagrito», ma anche «operoso, energico, desideroso di rendersi utile in molte attività, ammirato e apprezzato dai soldati e dai colleghi ufficiali». Con la sua automobile riuscì a fare il giro della zona della Normandia occupata da quella che era stata un tempo l’Armata del Nord, trasferita da un momento all’altro verso le retrovie senza ufficiali, né piani né organizzazione.6
La disfatta francese non è ancora consumata fino in fondo. Pochi giorni dopo, Simonne lascia di nuovo i figli grandi, portando con sé solo il più piccolo, e va a recuperare Sarah Bloch, la madre che il marito adora, a Marlotte (Ile-de-France). Parte in macchina il 13 giugno, raggiunge la suocera e la preleva insieme ad alcuni altri suoi amici. Sulla strada del ritorno si ritrova nell’enorme flusso di profughi che stavano abbandonando Parigi, dove i nazisti sarebbero entrati il 14, e non riesce a passare la Loira. Fanno retromarcia e dopo varie avventure – tra l’altro l’auto resta in panne e il gruppo è costretto a passare alcuni giorni in campagna, quasi senza cibo né notizie, dormendo in macchina, non lontano dalle zone di combattimento –, il 24 giugno arrivano a Parigi, dove Simonne si procura un permesso di viaggio per ripartire verso sud, rientrare nella Creuse e riunirsi alla famiglia7. Arrivano a destinazione il 7 luglio, il marito aspettava lì già da tre giorni8.
Secondo Étienne:
Questo episodio, meglio di ogni altro, dimostra che mia madre non mancava né di iniziativa né di coraggio; credo che mio padre le fu particolarmente grato di questa decisione, azzardata e pericolosa, che lui non le avrebbe certo mai consigliato di prendere, ma che non aveva altro scopo se non proteggere sua madre.9
Étienne ricorda ancora che era la madre a uscire all’alba per fare la fila nei negozi di generi alimentari e di prima necessità.
Nel marzo 1941, Marc Bloch fece testamento: «lascio alla mia cara moglie o in sua mancanza ai miei figli la cura di provvedere ai miei funerali»10. Dall’aprile 1941 Simonne aveva cominciato ad avere problemi di salute, appariva sempre più fragile. Anche per questo Bloch chiese (e ottenne) un trasferimento a Montpellier per il nuovo anno accademico: sperava di trovarvi un clima migliore, meno rigido di quello di Clermont-Ferrand, e sperava che la moglie ne potesse avere qualche giovamento. L’11 giugno 1942 scrive a Febvre: «Mia moglie è stanca. È molto dimagrita»; è l’ultima notizia su Simonne che si trova nell’epistolario11.
Quando il marito entra in clandestinità e si stabilisce a Lione, lei riesce a fargli arrivare regolarmente cibo, vestiti, libri e altri generi indispensabili. Quando poteva, andava a trovarlo. Di recente, Maurice Pessis, compagno di Bloch nella resistenza, ha ricordato:
Doveva essere il febbraio 1944, quando la signora Bloch venne per qualche giorno a Lione. L’ultima sera, mi invitarono a cena. Era un ristorante discreto e caro. Parlavano poco. Quando, a cena finita, mi alzai per porger loro i cappotti, la signora Bloch mi anticipò. Era una persona timida, quasi furtiva, ma ferocemente determinata. Con piccoli gesti delicati gli fece indossare il cappotto e la sciarpa; con gli stessi gesti, lui fece altrettanto per lei. Poi si guardarono. Il loro amore dirompeva in questa cerimonia un po’ ridicola. Nella sala c’era un gran silenzio. Si vedevano – io li vedevo – per l’ultima volta.12
Étienne Bloch vide i suoi genitori l’ultima volta alla fine del 1943, prima di varcare la frontiera, passare in Spagna e unirsi infine all’esercito della Francia libera in Africa. A lui di ripercorrere brevemente l’ultimo scorcio di vita della madre.
Quando mio padre è partito per Lione, lei è rimasta sola nella nostra casa di campagna, con tre figli ancora ragazzi e – immagino – un’angoscia quotidiana. Raccontava tutto quel che accadeva a mio padre, e lui le scriveva almeno due volte alla settimana. Dopo l’arresto di mio padre, la morte di mio zio, fucilato come ostaggio, l’arresto […] di sua sorella, che sarebbe morta in un campo di concentramento, è venuta a Lione. Prima […] era riuscita a trovare un rifugio per i due figli più piccoli. Mia madre è stata ricoverata. È morta in completa solitudine a 50 anni.13
Allora ho pensato di mettere insieme questi pochi ricordi: per Simonne Vidal e Marc Bloch.
Nota. Tratto da Bloch notes. Domande e riflessioni nell’anniversario della morte di Marc Bloch (1944-2004), a cura di Elena Iorio e Filippo Benfante, Quaderni di storiAmestre, 3, 2006, pp. 71-76. Il Quaderno è nato da una giornata di studi organizzata nel giugno 2004, per il 60° anniversario della morte di Bloch, dagli allora studenti dell’allora Dipartimento di Storia di Ca’ Foscari (sul sito è da tempo disponibile la prefazione).
Ho fatto solo lievi modifiche formali al mio testo, scritto nel 2006, in particolare in merito all’itinerario seguito da Simonne Bloch nel 1940 per prelevare la suocera che si trovava a Marlotte. Non ho verificato se la bibliografia andasse aggiornata. Mi sembra opportuno segnalare che Étienne Bloch, che ho preso a testimone principale di queste vicende, è morto il 10 gennaio 2009; un suo breve ricordo, scritto da Salvatore Senese, si legge nella rivista di Magistratura democratica, “Questione giustizia”, 4, 2009, pp. 127-131. Étienne Bloch, che dopo la guerra intraprese una lunga carriera di magistrato, ha depositato il suo archivio presso l’Institut d’Histoire du Temps Présent; nella descrizione del fondo si sottolinea che queste carte documentano anche il suo impegno militante, in particolare in materia di carceri e trattamento dei detenuti.
L’idea di riprendere sul sito queste poche note è venuta sulla scia delle commemorazioni per il 70° anniversario della morte di Marc Bloch (16 giugno 1944-2014). Nell’occasione, i responsabili del sito del Corso di Laurea in Storia e del Dottorato di Storia sociale dell’Università Ca’ Foscari hanno avuto la gentilezza di rinviare al nostro Quaderno. Ripubblicandole ora, mi sembra di trovare un legame ideale con il ricordo di Giuliana Bertacchi scritto di recente da Piero Brunello. Chi si ricorda, che cosa resta, e come lo si racconta se si decide di provare a farlo: questioni, umane e storiografiche allo stesso tempo, che sono tra quelle alla base di storiAmestre. (f.b., luglio 2014).
- Cfr. M. Bloch-L. Febvre, Correspondance, éd. établie présentée et annotée par B. Müller, Fayard, Paris 1994-2003, 3 voll., passim. [↩]
- Tuttora esistente, al numero 28 di rue Buffault, 9e arrondissement [↩]
- C. Fink, Marc Bloch. Biografia di un intellettuale, La Nuova Italia, Milano 1999, pp. 86-87 [↩]
- Cfr. É. Bloch, Une biographie impossible, communication au colloque de Berlin, 25 avril 1997, testo disponibile sul sito della Associazione Marc Bloch www.marcbloch.fr; per lo stato della corrispondenza di Marc Bloch, cfr. Correspondance, ibidem [↩]
- É. Bloch, Souvenirs d’un fils, in Marc Bloch aujourd’hui. Histoire comparée & Sciences sociales, contributions au colloque international (16-18 juin 1986), textes réunis et présentés par H. Atsma e A. Burguière, Éditions de l’EHESS, Paris 1990, pp. 23-37, in part. pp. 23-28; la traduzione è mia. [↩]
- Fink, Marc Bloch cit., p. 246, le citazioni da lettere di Simonne ad Alice ed Étienne. [↩]
- I Bloch dal 1939 si erano trasferiti a Guéret, capoluogo del dipartimento; cfr. Fink, Marc Bloch cit., p. 218 [↩]
- Ivi, p. 252. Non è indicato esplicitamente da dove cominciò il suo lungo itinerario Simonne Bloch, ma si direbbe dalla stessa Guéret. La Fink basa la sua ricostruzione sulle lettere di Simonne alla figlia Alice, del 4 e 8 luglio 1940, e sulla lettera di Marc Bloch a Lucien Febvre dell’8 luglio 1940, ora pubblicata in Bloch, Febvre, Correspondance cit., III, Les Annales en crise, 1938-1943, pp. 90-91. Per anni la corrispondenza tra Febvre e Bloch riguardò quasi esclusivamente questioni professionali; le circostanze fecero sì che negli anni di guerra le vicende private e famigliari avessero più spazio. [↩]
- Bloch, Souvenirs d’un fils cit. [↩]
- Cito il testamento da M. Bloch, La strana disfatta. Testimonianza del 1940, introduzione di S. Lanaro, Einaudi, Torino 1995, pp. 163-164. [↩]
- Bloch-Febvre, Correspondance, III cit., p. 200. [↩]
- M. Pessis, Hommage d’un ami, in Marc Bloch aujourd’hui cit., p. 42. La traduzione è mia. [↩]
- Bloch, Souvenirs d’un fils cit. [↩]
Giovanni maccione dice
quando si entra nella vita delle persone, è come aver partecipato alla loro vita
gigi corazzol dice
capita, quando capita, che rileggere sia meglio che leggere e allora capita, capita sempre, di essere contenti e grati.