di Claudio Zanlorenzi
Il forte Mezzacapo a Zelarino (detto “forte alla Gatta” dal nome della località) fu costruito in calcestruzzo negli anni 1909-1912 per rafforzare il campo trincerato di Mestre, ma già nel 1915, smantellati i cannoni che erano protetti da cupole di acciaio, l’edificio venne adibito a deposito di munizioni. Dal 2004 l’associazione “Dalla guerra alla pace” ne promuove il recupero e l’uso pubblico (nel frattempo la proprietà del forte era passata dal Ministero della Difesa al Comune di Venezia). È nel corso di questa attività che l’associazione individua alcuni disegni e scritte nazifasciste sommariamente cancellate da uno strato di calcina e comincia a discutere su che farne.
1. Erano anni che si bazzicava dentro e fuori per il forte Mezzacapo, uno dei tanti del campo trincerato di Mestre, in località Gatta a Zelarino (Venezia). È un edificio in calcestruzzo lungo circa centotrenta metri e largo una ventina. Muri possenti e struttura defilata allo sguardo con, a poca distanza, due capannoni usati negli anni Trenta e Quaranta come laboratori per confezionare proiettili per la marina militare. C’erano anche quattro lunghe baracche in legno con tetto in amianto, pericolanti. A un certo punto sono state demolite e la zona bonificata. Per chi ha visto il film Stalag 17, erano fatte proprio così. Forse è anche per questo che con una infelice leggerezza nei tabelloni messi in opera di recente dal Comune si è scritto “che è stato usato come campo di prigionia”. Cosa che, dopo una ricerca basata su interviste e testimonianze (ci tornerò più avanti), si è rivelata non essere vera.
Faccio parte dell’associazione che si è presa l’impegno di recuperare e gestire tutta l’area: “Dalla guerra alla pace – forte alla Gatta” è il nome che ci siamo dati. Non è secondario poi, dato che parliamo delle scritte nazifasciste, fare presente che la natura associativa nostra è democratica, antifascista e pacifista. È anche altre cose ma è inutile dilungarsi. Le scritte con gli slogan fascisti sulla facciata del forte le abbiamo notate ovviamente, ma all’inizio le nostre priorità erano altre. Alcune erano talmente degradate che erano illeggibili, altre rovinate ma comprensibili. Sono una decina di scritte staraciane: Credere obbedire combattere!; Vivere non è necessario è necessario navigare!; oppure altre di genere antinfortunistico, tipo: L’ottimo artificiere deve astenersi dagli alcoolici!. Insomma le abbiamo prese con ironia, l’espressione di un tragico regime macchietta. E continuiamo a farlo: per capirci, all’inizio del 2012, nei nefasti giorni dell’affondamento della nave della Costa Crociere, uno dei nostri soci ha messo sotto la scritta Vivere non è necessario, è necessario navigare! un cartello con “Firmato Comandante Schettino”.
Il vero salto di qualità c’è stato quando, nel 2009, i due capannoni sono stati scoperchiati per rifare il tetto e abbiamo potuto vedere alla luce del sole le pareti interne. La pioggia aveva riportato alla luce nelle pareti di testa di ciascun capannone una grande scritta bilingue tedesco-italiano, sette metri di lunghezza tre metri di altezza, con tanto di aquila tedesca appollaiata sopra una svastica, e poi ancora una grande svastica da un lato e fascio bipenne dall’altro, bicolore nero e rosso, che era stata ricoperta da uno strato di calcina.
A questo punto non era possibile fare nessuna ironia. Con queste non si poteva scherzare. Testo in alto: “Italiener! Eure Arbeit ist ein Beitrag zum Sieg”; sotto: “Italiani! Il vostro lavoro è un contributo alla vittoria comune”.
2. Una volta restaurati i capannoni e messo in sesto il forte per le attività pubbliche, la questione delle scritte si è posta più pressante. Le due nazifasciste erano ancora coperte di calcina e qualche visitatore già ci avvicinava e ci chiedeva ragione delle scritte fasciste sulla facciata. Come associazione avevamo pensato di mettere dei cartelli che ne spiegassero il contesto storico e allo stesso tempo rimarcassero il nostro antifascismo. Lanciamo una discussione tra i soci nostri e alcuni amici, chiedendo se fare finta di niente per quelle coperte da calcina e lasciare andare perdute le altre, confidando nell’incuria e nel tempo. Riassumendo le risposte sono state: timore che possano diventare occasione e richiamo per neo o post-fascisti; consapevolezza che se ne facciamo un elemento del forte bisogna gestirle con sensibilità e intelligenza; nessuna paura di rimproveri da chicchessia forti del nostro antifascismo. In pratica perché nascondere un pezzo della nostra storia sotto il tappeto invece di farne occasione per studiarla e farci i conti? Perché mandare in gita ad Auschwitz i nostri studenti per vedere campi di sterminio e svastiche quando anche a Mestre ci sono segni che ricordano quel periodo?
Non è stata una scelta a cuor leggero: basta fare una ricerca in internet e vedere che in giro per l’Italia dove simili operazioni le hanno fatte amministrazioni di destra, ci sono state polemiche a non finire con l’ANPI (che è un’altra associazione a cui sono iscritto) o Rifondazione Comunista. D’altra parte anche nella torre di piazza Ferretto a Mestre si sono restaurate delle scritte fasciste e in quel caso non c’è stata alcuna polemica. Insomma abbiamo deciso che, compatibilmente con le risorse, avremo fatto qualcosa per restaurarle per poi gestirle con oculatezza, soprattutto quelle nazifasciste dentro i capannoni che noi usiamo per spettacoli, feste, incontri.
3. Decidiamo di fare una ricerca sulle scritte del forte. Mancando fonti d’archivio che potessero aiutarci ci siamo rivolti al complesso e articolato mondo delle fonti orali. Abbiamo cercato di sapere a quale uso fosse dedicato il forte da richiedere, unico nel campo trincerato, una tale abbondanza di scritte fasciste, nonché quale fosse stata la presenza tedesca durante la seconda guerra mondiale. Insomma: tolta la guarnigione, chi ci entrava dentro da giustificare questo imponente apparato di propaganda? Un anziano artificiere ci raccontò che nel 1938 dentro i capannoni ci lavoravano decine di donne, più diversi operai, che confezionavano proiettili per la marina militare (destinati a Napoli), cucivano sacchetti di baestite. Queste donne arrivavano da Mestre in camion. Un’altra persona ricordava che suo papà lavorava nei primi anni Trenta assieme ad altri operai a pulire proiettili. Una foto sbiadita ci mostra suo papà al forte con trenta civili attorno a un ufficiale. Per le scritte fasciste – quelle che, come ho detto, chiamiamo staraciane –, i destinatari dei messaggi dovevano quindi essere la guarnigione e il numeroso gruppo di operaie e operai che lavoravano al confezionamento dei proiettili. Esempi (alcuni li ho già citati) sono: Operare in silenzio, L’ottimo artificiere deve astenersi dagli alcoolici, Sii cauto, uniti agli slogan di incitamento guerresco Vivere pericolosamente (questa scritta palesemente in contrasto con Sii cauto), Vivere non è necessario è necessario navigare, Credere obbedire combattere. Scritte, quest’ultime, che avevano l’obiettivo di rafforzare lo spirito guerriero della nazione.
Dalle interviste degli anziani non risulta memoria di una guarnigione di soldati tedeschi. Sono saltati fuori ricordi di rastrellamenti tedeschi, di un soldato tedesco ubriaco e perso tra le vigne di Trivignano che poteva finire con la fucilazione di alcuni ostaggi davanti alla trattoria da Iobbe a Trivignano, di aerei caduti e spolpati di tutta l’attrezzatura dai contadini nel giro di una notte. In definitiva per le scritte bilingue siamo arrivati alla conclusione che sono databili dopo l’8 settembre del 1943, quando la Piazzaforte di Venezia era sotto il comando militare germanico e la conduzione del forte era italo-germanica.
Interessante è il fatto che la nostra ricerca sulle scritte ci ha portato in mezzo ai campi lungo la via Gatta, dove esisteva dal 1940, e rimase fino ai primi anni Cinquanta, una postazione antiaerea su terrapieno, con quatto cannoni e con tanto di guarnigione. La casetta che era il locale comando è ancora in piedi e mantiene due scritte dal sapore guerresco: D’acciaio i cuori e Celere il ritmo calmo il cuore. La postazione non ha mai sparato un colpo.
4. In occasione di un incontro pubblico al forte con l’assessora alla cultura del comune di Venezia Tiziana Agostini colgo l’occasione per spiegare cosa abbiamo intenzione di fare in merito alle scritte. Condivide la nostra idea e ci dà il via libera per il restauro. Senza la certezza del finanziamento – come sempre quando si ha a che fare col comune di Venezia –, decidiamo di contattare due restauratrici che lavorano per la Soprintendenza. Dopo vari sopralluoghi, alcuni tasselli di prova, decidono di accettare il lavoro. Impegno di spesa circa 6000 euro. Il lavoro che svolgono è lungo, complicato e professionale. Le due scritte nazifasciste vengono messe alla luce usando il bisturi. Per le altre si decide di rifare i lenzuoli bianchi di contorno alle lettere. Un paio di scritte sono vere e proprie scoperte: da illeggibili diventano leggibili, di alcune si salvano solo alcune lettere e qualche parola, ma la maggior parte diventano evidenti e leggibili. La ricostruzione avviene facendo delle mascherine in cartone per ogni lettera. Si scoprono dentro al forte anche scritte che non hanno niente a che fare col nazifascismo e cioè semplici indicazioni come “destra”, “sinistra”, “corridoio centrale”, ecc. Si restaurano anche quelle.
L’elemento interessante del restauro sta comunque nelle due grandi scritte nazifasciste. Intanto si scopre che la traduzione letterale dal tedesco all’italiano non è la stessa. In alto, in tedesco, è scritto: Italiani! Il vostro lavoro è un contributo alla vittoria. In basso, in italiano è scritto: Italiani! Il vostro lavoro è un contributo alla vittoria comune. L’aggiunta di quel “comune”, semanticamente e storicamente significa qualcosa. Condividere la vittoria non era nei piani germanici. È anche la conferma che l’hanno fatta i tedeschi dopo il 1943.
Poi, in un capannone la grande scritta nazifascista è scalpellata a metà, mentre nell’altro capannone è integra. È facile immaginare che alla fine della guerra si è cominciato con furore a cancellare i simboli del passato regime, ma che poi il furore si è dissolto e si è preferita una più tranquilla mano di calcina. Una metafora di quanto è avvenuto in Italia nel dopoguerra, dove si è soprasseduto colpevolmente alle responsabilità di gerarchi e fascisti vari. Meglio nascondere che cancellare o eliminare.
Abbiamo scelto ovviamente di non ricostruire con le mascherine la scritta scalpellata e di lasciarla così, leggibile per metà: storicamente è più interessante. Per scelta fin dall’inizio non coinvolgiamo la Soprintendenza nel timore di impedimenti burocratici e ritardi che ci potevano far perdere i finanziamenti. Ci prendiamo un rimprovero gigante dal tecnico del ministero, ma anche i complimenti perché i restauri sono stati eseguiti bene.
5. Per presentare i lavori di restauro invitiamo l’ANPI di Mestre. Nell’ottobre del 2011 partecipano un centinaio di persone. Il partigiano Mauro Bonifacio e un altro membro dell’ANPI, Ruggero Zanin, illustrano benissimo il senso del nostro lavoro di restauro: conservare un esempio del ruolo che assumeva la propaganda fascista arrivando anche a paradossi divertenti, ricordando come gli italiani sbeffeggiassero quelle scritte; ribadire l’importanza che le giovani generazioni abbiano testimonianza di un periodo nefasto che solo pochi testimoni oramai possono ricordare direttamente. L’assessora Agostini ribadisce poi la necessità di ricostruire la memoria anche dei “luoghi simbolo in negativo della storia”, di avere cioè anche occasioni di discutere di pagine di storia che non vorremo fossero state scritte, “la cui conoscenza però ci allontana dal rischio del suo ripetersi”. Francamente devo dire che avevo paura di avere delle contestazioni. Certo partecipava l’ANPI di Mestre, ma bastava? Su internet avevo letto di quanto accaduto in giro per l’Italia a seguito di operazioni di questo tipo.
A Montecassiano (Macerata) la giunta di centrodestra in occasione del restauro di Palazzo Priori ha indorato le scritte fasciste che c’erano sulle capriate. L’ANPI e i partiti di sinistra si sono infuriati e c’è stata una mezza sommossa. È finita che la Soprintendenza ha imposto la cancellatura delle scritte perché i lavori erano stati eseguiti senza autorizzazione.
A Guidonia, in provincia di Roma, un sindaco ha ricostruito in plexiglass una scritta fascista contro l’embargo del 1935 nella piazza centrale oggi intitolata a Matteotti. Anche in quel caso c’è stata la ferma protesta dell’ANPI e di Rifondazione Comunista.
Altri esempi si possono citare in tutta Italia. Recentemente ho letto che a Busca, in provincia di Cuneo, dopo i lavori di restauro di una scuola elementare sono saltate fuori scritte fasciste coperte da calcina. In questo caso la Soprintendenza ha imposto di non cancellarle. Il sindaco ha deciso di non decidere e di non fare restauri ma di “lasciarle così come ce le consegna il passare del tempo”. Insomma per lui si possono anche dissolvere sotto la pioggia.
Come si vede la questione non è semplice da gestire. Tant’è vero che la sera prima della presentazione mi telefona trafelato un amico, impegnato nella cura del sito ANPI a livello nazionale. Mi chiede cosa facciamo domani al forte, se è vero che inauguriamo delle scritte fasciste. Il tono è preoccupato. Gli dico che ci sarà l’ANPI di Mestre, che il loro sito riporta da tempo l’incontro, che ci sarà tizio e caio. Lui si rilassa e l’indomani non verrà. Rimane la questione di fondo: la garanzia di gestione democratica e antifascista delle scritte è fondamentale. Se la stessa operazione di restauro, identica identica, fosse stata fatta da una associazione combattentistica o militare, da una giunta di destra o da entità poco o per nulla definibili antifasciste probabilmente il restauro non sarebbe stato accettato. Neanche dalla nostra associazione.
6. Come le gestiamo, adesso, noi di “Dalla guerra la pace”. Le scritte sulla facciata del forte, quelle staraciane sono visibili a tutti. C’è la volontà di preparare un cartello che spieghi il loro ruolo storico della propaganda di regime durante il ventennio. L’uso è quindi storico-didattico. Quelle nazifasciste, con svastica e fascio littorio, sono coperte per non turbare la sensibilità dei cittadini in occasione dell’uso conviviale della sala che le ospita. Vengono mostrate al pubblico in particolari occasioni. Ogni anno organizziamo una mostra per celebrare la ricorrenza del Giorno della memoria. Vengono scolaresche in visita, si parla loro della Shoah e si mostrano i simboli del nazismo e del fascismo. Il 25 aprile di ogni anno, poi, il gruppo “Senza Freni” organizza un tour ciclistico sui luoghi della Resistenza a Mestre, con letture e riflessioni. Passano anche per il forte a vedere le scritte accolti da Bella ciao a tutto volume. Sono state mostrate anche in occasione di spettacoli teatrali: in uno di cabaret tedesco degli anni Trenta; oppure in occasione della festa della Repubblica quando Beppa Casarin ha cantato le canzoni della tradizione democratica del nostro paese.
7. Sbaglia chi pensa che la questione delle scritte sia di poco conto e si possa ridurre a uno scontro stantio sulla memoria della Resistenza o del fascismo. Molte persone rimangono colpite dalle scritte staraciane. I più ridono divertiti dalla idiozia di un Credere obbedire combattere, altre però chiedono ragione della loro visibilità e noi lo spieghiamo. Le scritte naziste sono più forti. Alcune persone sono colpite emotivamente. Una ragazza austriaca ha confessato di avere avuto delle vertigini, mai prima aveva visto una cosa simile. Analogamente, Piero Brunello mi ha raccontato che Paul Ginsborg e sua moglie Ayse Saraçgil, invitati a cena dentro il forte, camminando nella penombra sotto le torrette di guardia del forte, simili a quelle di un campo di concentramento, hanno confessato la loro profonda inquietudine. Paul gli avrebbe detto: Puoi capire quello che a noi ebrei ricordano questi luoghi.
redazione sito sAm dice
Questo personaggio che scrive il commento precedente (vedi qui sotto) è un nerboruto pseudonimista interessato più alla difesa del fascismo che della storia e della storiografia. La redazione del sito di storiAmestre (Filippo Benfante, Piero Brunello, Andrea Lanza, Enrico Zanette)
antonio guareschi dice
Questo personaggio che scrive è ovviamente un nerboruto antifascista piu’ interessato alle scritte fasciste che alla storia. Credo che, così come stanno venendo alla luce episodi di crimini e nefandezze alleate e partigiane (con adamantina indifferenza iqualche pseudo storico si dimentica troppo spesso di stalin e di Nagasaki ed Hiroscima), sia interessante riprendere le scritte del fascismo per salvare e documentare un momento storico (senza aggettivi). Qualche ridicola esponente comunista già presidente della Camera (mio Dio) voleva addirittura abbattere le maggiori opere del fascismo erette a Roma. Magari pensava anche di ripristinare le paludi pontine portandovi un po’ di malaria.
Quanto tempo dovrà passare ancora per accogliere tra gli storici la verità e la moderazione?
Antonio Guareschi