di Giannarosa Vivian
Mettendo ordine nei cassetti in casa di mio papà, un giorno trovai un foglietto ingiallito ripiegato in quattro. La calligrafia è quella di certi documenti ottocenteschi, il linguaggio è curato, la firma illeggibile.
Scritta su un foglio stretto e lungo, questa ricetta del baccalà alla vicentina sembra una poesia con qualche rima nel passaggio da una fase di lavorazione all’altra, per esempio: “Prendete / 1 ½ di baccalà bagnato / tagliatelo a pezzi / ben asciugato” e alla fine “cuocete al forno / moderato e dovrà / esser leggermente / gratinato”.
Incorniciai questo foglio in legno di radica, e in occasione di un pranzo domenicale a casa mia, mostrai il quadretto a mio papà Giovanni, chiedendogli la provenienza. Giovanni – allora aveva 84 anni – scrisse sul retro del quadro: “Questa ricetta mi è stata data dal cav. Salin nell’autunno 1947”. Firmò con nome e cognome e mise la data, 2 gennaio 2000.
Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo un totale di sette anni passati tra il servizio militare in Marina e la guerra a bordo di incrociatori nell’Egeo, Giovanni si era ritrovato senza arte né parte. Perso il lavoro di prima della guerra in una fabbrica di Porto Marghera che produceva alluminio, persa l’occasione di continuare a fare il mestiere di suo padre cioè il commerciante di frutta in campagna, Giovanni decise di iscriversi a un corso professionale per cuochi, e cominciò a fare esperienza in alberghi di località turistiche, prima a Abano Terme e poi a Venezia. Negli ultimi anni di lavoro, prima del pensionamento, si stancò di fare il ponte della Libertà in moto anche con vento e pioggia, e si trasferì in un albergo a Mestre di fronte alla stazione ferroviaria. Il cavalier Salin era stato il suo primo maestro di cucina.
Per il baccalà alla vicentina io continuo a seguire questa ricetta.