di Mario Tonello
Pubblichiamo il testo dell’introduzione che il nostro amico e socio Mario Tonello ha fatto al convegno L’acqua è finita. Il futuro delle risorgive e dei fiumi di risorgiva che si è tenuto a Castelfranco Veneto il 26 ottobre 2019.
1. Siamo qui a Castelfranco questa mattina grazie all’ospitalità e alla collaborazione della Biblioteca comunale e del suo direttore, Matteo Melchiorre, che ha proposto alla nostra associazione, storiAmestre, di partecipare con questo convegno al progetto P=S+N (Paesaggio = Soggetto + Natura). Siamo grati anche alla Città di Castelfranco e all’assessore alla Cultura Franco Pivotti per i saluti che ha voluto portare e per l’importante contributo al dibattito.
Le riflessioni e lo scambio di informazioni cui abbiamo invitato i nostri relatori e tutti noi hanno origine dall’interesse che da molti anni muove storiAmestre per i rapporti tra emergenze idriche e cittadini, a partire dal volume collettivo curato da Maria Giovanna Lazzarin, che condurrà la seconda sezione del Convegno questo pomeriggio, e Maria Luciana Granzotto, dal titolo Acque alte a Mestre e dintorni, uscito nel 2013 nella collana “Quaderni di storiAmestre”, che ha rotto il monopolio veneziano di quest’espressione e portato a galla (scusate il gioco di parole) gli storici problemi idrici della terraferma. Da ciò anche è derivata la partecipazione al Contratto di Fiume Marzenego, le diverse mostre cartografiche e altre attività divulgative e didattiche, compresa la campagna per le risorgive del Dese qui a Resana.
Ma l’occasione più prossima è l’imminente scadenza delle direttive europee che indicano gli obiettivi del Deflusso Minimo Vitale dei corsi d’acqua e poi del Deflusso Ecologico.
Il primo parte dalla necessità di assicurare ai fiumi una consistenza tale da permetterne la funzione naturale e l’esistenza stessa, evitando che la loro portata venga derivata in maniera eccessiva per usi irrigui, industriali o civili.
Il secondo, il Deflusso Ecologico, accoglie la considerazione (di ovvio buon senso, a mio parere) che le acque non sono solo H2O che scende a valle verso il mare, facendo girare le turbine o diluendo gli scarichi fognari, ma anche un ingrediente essenziale della vita organica, biologica, vegetale e animale. Se l’acqua è insufficiente questi ambienti degradano e deperiscono, così come – se le qualità chimiche e biologiche sono insufficienti o pessime come troppo spesso accade – l’acqua non è più un fattore di vita, ma produce morte.
Quindi l’obiettivo delle direttive europee si può riassumere così: più acqua e più pulita.
2. Ma se per salvare il Piave bisogna chiudere (semplificando molto) le derivazioni che alimentano tutto il suo grande bacino idrografico, e per salvare i fiumi e i canali di cui è tributario bisogna mantenere o addirittura aumentare le derivazioni e la loro portata, come se ne viene fuori?
Siamo in pieno dramma. Come nelle tragedie greche, in cui il Fato chiamava gli uomini non a scegliere tra il bene e il male, ma tra due mali: Antigone difende la legge naturale degli affetti familiari dando sepoltura al fratello Polinice traditore della patria, ma così toglie legittimità alla legge dello Stato che ne vietava le esequie. La storia finisce appunto in tragedia: Antigone viene murata viva. Il re se ne pente e cerca di salvarla ma la trova morta suicida.
Nel nostro caso – si sente dire – dove sta la tragedia? Il Veneto è una delle regioni più ricche di acqua dell’intera Europa. Allora che problema c’è?
C’è che qui non c’entra il Fato a determinare il dramma: qui c’entra l’uomo, con i suoi conflitti e con i suoi comportamenti: cioè c’entra la società.
Il problema non nasce dalla contrapposizione romantica tra natura incontaminata e civiltà vorace e distruttrice, ma tra diversi modelli di civiltà. Per esempio, l’obiettivo molto diffuso della “rinaturalizzazione dei corsi d’acqua” non è un’istanza della “natura” ma della stessa civiltà, o almeno della sua parte cosciente e responsabile: in parole chiare, è un problema politico, o per essere ancora più chiari, un problema di potere.
Vedi il classico esempio della Serenissima che nel XIV secolo costruisce la barriera, la “Resta d’aglio” per ostacolare l’interramento della Laguna, ma provoca l’impaludamento della terraferma e la conseguente malaria e miseria.
Se dal convegno emergeranno analisi e indicazioni non dico per risolvere questioni di questa portata (aspirazione qui del tutto fuori luogo) ma almeno una delimitazione dei termini del problema, anche solo nell’ambito territoriale che ci riguarda e nelle sue condizioni specifiche, ci sarebbe di che essere contenti.
Mi aspetto molto dalla discussione che si svolgerà nella tavola rotonda in cui, con la moderazione di Pietro Casetta, Francesco Baruffi (titolo della relazione: Il piano di bacino/distretto tra fiumi di risorgiva e grandi fiumi: risultati e prospettive), Carlo Bendoricchio (Grandi e piccoli fiumi potranno continuare a vivere insieme?) e Bruna Gumiero (Dal Deflusso Minimo Vitale al Deflusso Ecologico. Qualità delle Acque. Inquinamento e salvaguardia biologica) porranno sul tavolo le rispettive competenze.
3. L’obiezione che ricordavo prima, per cui l’abbondanza di acqua rende comunque gestibile il nostro sistema idrico, oggi vacilla pericolosamente.
Anche in passato non mancavano le difficoltà, di cui ci ha parlato qualche settimana fa, in preparazione di questo convegno Giacomo Bonan (di storiAmestre e Università di Bologna) presentando uno studio Per una storia dei conflitti sugli usi delle acque. Industrializzazione del Piave. Territorio, ambiente, conflitti che contiamo di pubblicare sui siti di storiAmestre (storiamestre.it e ilfiumemarzenego.it) così come gli Atti di questo convegno.
(Conflitti? Un solo esempio, senza dubbio il più grave ed emblematico: il Vajont.)
Il fatto è che il nostro Veneto non è più così ricco di acqua, anzi sarà la nostra generazione, anche la mia che sono piuttosto anziano, a doversi misurare con una scarsità sempre maggiore di acqua disponibile, scarsità dovuta ai cambiamenti climatici. Questi cambiamenti causano effetti sempre più frequenti ed estremi non in un futuro difficilmente percepibile, ma sono già in atto, come abbiamo potuto constatare non solo per gli studi scientifici, ma per esperienza diretta degli eventi catastrofici da essi provocati (per esempio la distruzione di 1000 ettari di boschi nel Bellunese, giusto un anno fa).
È già un fatto e non una previsione la scarsità d’acqua nel nostro territorio, e quella poca è ancora ridotta da sprechi e soprattutto dall’inquinamento che la rende pericolosa per la salute e inutilizzabile anche per l’irrigazione.
Vorrei evitare di usare espressioni catastrofiste, ma anche di assumere un atteggiamento scioccamente scettico o riduzionista.
Ascolterò quindi con interesse e con piacere l’intervento di Andrea Sottani (dal titolo La disponibilità di risorse idriche sotterranee tra cambiamenti climatici e fenomeni di inquinamento: trend in atto) che punta lo sguardo sui principali fattori: i cambiamenti climatici e l’inquinamento.
Una osservazione un po’ più ravvicinata al percorso che va dalla elaborazione delle leggi che governano le acque alla progettazione degli interventi fino alla loro concreta attuazione, scopre che quello che potremmo chiamare “l’ultimo miglio”, le pratiche attuative, le concessioni di utilizzo, la strumentazione burocratica giocano un ruolo nient’affatto secondario. Ne discuterà Franco Schenkel (titolo della relazione: Dal dire al fare: linee di governo delle acque e problemi di attuazione) che nella sezione “Dal dire al fare” di oggi pomeriggio mostrerà come spesso non sia la burocrazia a frenare e condizionare la politica, ma piuttosto sia il potere politico a creare la burocrazia per adattare meglio le leggi a interessi particolari facendoli prevalere sul bene comune. Si sa, il diavolo è nei dettagli.
Il tema “Dal dire al fare” si svilupperà poi attorno al grande protagonista dei problemi che stiamo esaminando: l’agricoltura. Sarà Maria Giovanna Lazzarin a porre le questioni a Giustino Mezzalira di Veneto Agricoltura (che presenterà una relazione dal titolo Mitigazione climatica, innovazione e sostenibilità nella produzione agricola) e a Luca Lazzaro, della Confederazione Italiana Agricoltori e agricoltore lui stesso (il cui intervento si intitola L’irrigazione non è un capriccio). Secondo noi, agricoltura e agricoltori non sempre dicono la stessa cosa.
In questo sfondo piuttosto cupo, Stefano Salviati colorerà un po’ di rosa l’orizzonte delle nostre riflessioni, raccontando cosa hanno fatto loro a Bressanvido (Vicenza) per salvare le risorgive (titolo della relazione Salvare le risorgive, una proposta da disseminare: il Progetto LIFE Risorgive di Bressanvido).
Infine Giorgio Sarto tirerà le somme e ci suggerirà la direzione da dare al nostro lavoro futuro.
4. Un’ultima cosa. Qualche giorno fa pensavo con un po’ di ansia alla riuscita del convegno: verrà bene? Servirà a qualcosa? Poi ho visto la locandina, molto originale e interessante, ma in quei momenti l’ho letta per antifrasi, come un monito: le nostre parole leggere e filiformi (con qualche eccezione estrema) che veleggiano su un ampio cielo bianco e vuoto, in alto, molto lontane dal tenue richiamo alla realtà del paesaggio, tanto da scorgerne i tratti solo vagamente: ecco, ho fiducia che gli interventi di oggi mi rassicurino sulla loro aderenza alla realtà e sulla loro saggezza e concretezza. La concretezza di passioni e sentimenti che ci legano alle acque e alla nostra terra, secondo gli insegnamenti e l’esempio di Francesco Vallerani, a cui spetta il compito di aprire le nostre discussioni con la relazione Devozione fluviale e il sistema sorgivo: il ruolo dei corsi d'acqua minori.