di Giovanni Levi
Terzo intervento in merito a quanto accaduto a Parigi e in Francia. Dove Giovanni Levi invita a riflettere su temi diversi da quelli della libertà di stampa.
La libertà di espressione è senz’altro uno degli aspetti della vicenda, ma sarebbe molto riduttivo parlare di quello che è successo a Parigi solo come un problema di libertà di stampa. Non è un caso che alla grande manifestazione di Parigi abbiano partecipato numerosi capi di stato che impediscono anche la più elementare libertà di stampa insieme a molte altre libertà essenziali (delle donne per esempio). Quindi dobbiamo domandarci se le risposte che vengono e verranno date, che saranno certo in direzione di controlli di internet, violazioni di libertà di stampa ecc., siano una risposta legittima e in ogni caso sufficiente a atti terroristici.
Mi pare che dobbiamo discutere anche di altro. Innanzitutto la violenza. Nell’Islam non c’è autorizzazione alla violenza aggressiva, ma c’è autorizzazione alla violenza contro l’oppressione. Dunque la risposta corretta doveva essere una autocritica all’oppressione esercitata verso gli immigrati e i giovani delle banlieues, non nel senso di giustificarli se violenti, ma nel senso di capire cosa è stato sbagliato sin qui. Pensiamo al silenzio delle democrazie occidentali su Guantanamo, sul fatto che oltre 3 milioni di americani sono in prigione (e quasi 3 milioni sono neri), pensiamo a come meritoriamente cerchiamo di salvare gli immigrati nel Mediterraneo per rinchiuderli poi in specie di campi di concentramento. Pensiamo alla sordità dell’Europa su questi problemi. E pensiamo anche a Netanyahu e a Bennet.
In secondo luogo: la libertà. Quando Calderoli passeggiava con un maiale nell’area in cui doveva sorgere una moschea o quando girava con magliette offensive per l’Islam, avremmo dovuto esser solidali con lui in nome della libertà? La satira non è esente da responsabilità etiche e politiche, e anche la libertà implica responsabilità e non una irresponsabilità negativamente liberistica. Le vignette irresponsabili vanno criticate, naturalmente avendo in mente che la critica non ha niente a che vedere con la volontà di giustificare gli assassini.
Infine, quando è necessaria la violenza? Qual è il limite che abbiamo in mente sulla violenza giusta (la Resistenza per esempio) e quella ingiusta (le BR per esempio)?
Su tutto questo non ho e non abbiamo le idee chiare. Ma appunto è su questo che dobbiamo riflettere.
ivo mattozzi dice
Occorre distinguere le 2 questioni: quella della libertà di stampa, della libertà di opinione, della libertà di satira e quella della violenza omicida in nome di una ideologia (religiosa o politica o culturale).
Le tre libertà non stanno alla pari nello stesso calderone della libertà individuale. Vediamo di distinguerle:
1. libertà di stampa: vuol dire libertà di dare informazioni e libertà di ricevere informazioni (fondate su fonti documentabili o per lo meno affidabili) e libertà di accertamento e di critica delle informazioni diffuse. Non vuol dire che tutto quello che i mezzi di comunicazione possono pubblicare sia legittimo: le calunnie, le notizie infondate costruite per danneggiare, per infangare, per trarre profitto ecc. non sono legittime e spesso sono perseguite dalla magistratura (giustamente) [è recente il caso vergognoso e criminoso del metodo cosiddetto “Boffo” dal nome del giornalista fatto oggetto di oltraggi in nome della libertà di stampa].
2. libertà di opinione: alla base delle istigazioni alla violenza ci sono opinioni ingiuriose sulle persone o sui gruppi o sulle associazioni oggetti di violenza. Possiamo considerare lecite tutte le opinioni anche quelle che stanno all’origine della violenza? In Francia [dove la libertà di opinione e di stampa è stata rivendicata con tanta forza] non è stato imposto per legge che non si può scrivere che i Turchi non si sono macchiati di genocidio contro gli Armeni all’inizio del XX secolo?
3. Libertà di satira: mi basta un solo caso per far capire che non tutto è legittimo. Possiamo essere indifferenti di fronte alla satira che rappresentava gli ebrei in modo da farne oggetto di dileggio, di disprezzo, di scherno, durante il nazismo e durante il periodo delle leggi razziste in Italia? Quel tipo di satira – ostinata, replicata, diffusa – ha promosso le opinioni che hanno reso accettabili a tanti la deportazione e la reclusione degli ebrei in campi di concentramento. La rappresentazione satirica del dio cristiano o islamico o di Gesù o di Maometto può essere offensiva per i fedeli e può essere un incentivo al disprezzo dell’altro che pratica una religione disapprovata. La convivenza sociale ancora più che quella amicale e familiare ha bisogno del valore del rispetto delle personalità altrui. Non ci dovrebbe essere un senso di responsabilità e di limite da parte degli autori di satira? Se la loro satira scatena reazioni sproporzionate e vili e criminali come quelle degli assalti alle chiese cristiane non dovrebbero porsi qualche problema di coscienza?
Veniamo ora alla violenza assassina di tipo nazista come quella perpetrata in nome di una ideologia religiosa e politica. Essa è orribile e da condannare e da avversare con tutti i mezzi. I violenti che si arrogano la facoltà di privare della vita altre persone per odio delle loro opinioni o della loro condizione sociale o religiosa o politica vanno contrastati e possibilmente messi in condizione di non nuocere più con la reazione violenta [in mancanza di altri mezzi]. Le bande dell’ISIS o di BOKO HARAM andrebbero combattute con la guerra anche da parte di eserciti dei paesi occidentali. Esse non stanno facendo una guerra civile e interreligiosa [limitata ad un paese] ma una guerra contro le conquiste civili [tra cui la laicità dello stato] dell’ultimo secolo. E gli assassinii parigini sono stati fatti in nome di quella negazione. I terroristi non sono nemici della libertà di satira o di opinione, sono nemici di ogni conquista democratica.
domenico dice
“… anche la libertà implica responsabilità…”. “Le vignette irresponsabili vanno criticate, naturalmente avendo in mente che la critica non ha niente a che vedere con la volontà di giustificare gli assassini”.
ECCO IO SOTTOLINEO QUESTE FRASI DI G. LEVI CON LE QUALI SONO D’ACCORDO.