di Filippo Benfante
Pubblichiamo il testo dell’intervento di Filippo Benfante durante la manifestazione per la scuola che si è tenuta a Firenze, in piazza Santissima Annunziata, il 23 maggio 2020. La manifestazione è stata promossa dal Comitato Priorità alla scuola, formatosi a partire da aprile, e si è svolta in contemporanea in molte città italiane.
Questa mattina mi son svegliato e ho pensato al Primo maggio. A parte quest’anno, per ovvie ragioni, il Primo maggio lo celebro con un gruppo di amici, che mettono su discussioni, canti, striscioni e mangiano insieme. Ognuno porta qualcosa, ogni anno ci sono persone in sintonia che si aggiungono. La manifestazione di oggi è nata così: piccoli gruppi, persone, amici, genitori che si conoscono perché i figli vanno a scuola assieme. Via via si sono uniti, in pochissimo tempo, e alla fine ognuno ha portato in questa piazza un’idea, un contributo, cose anche piccole ma fondamentali, un’altra persona, gli slogan, gli striscioni e gli imbuti. E qualcuno ha portato un’altra piazza di un’altra città: siamo in contemporanea in 19 città.
Dopo tutte le cose che ci siamo detti e che abbiamo scritto in queste ultime settimane, mi sembra che ne restino poche da sottolineare. Ne ho scelte tre.
Prima cosa: abbiamo dovuto ascoltare un completo rovesciamento dei discorsi.
Fino a febbraio c’era il fiume di retorica sui giovani e giovanissimi, i venerdì del futuro, le nuove generazioni che costruiranno e salveranno il mondo. Di colpo i minorenni si sono ritrovati “dimenticati”, “saltati” dai decreti, o peggio: inchiodati per sempre al ruolo degli untori.
Prima i ragazzi dovevano fare attività fisica, per non avere problemi di salute. In “fase uno” abbiamo dovuto chiedere che potessero avere una “mezz’ora d’aria”.
Prima non dovevano passare troppo tempo davanti agli schermi, adesso devono stare allo schermo per la didattica a distanza.
Prima dovevano leggere di più, adesso la didattica a distanza sembra non prevedere libri. Del resto anche le biblioteche fanno fatica a riaprire.
Prima ci voleva più scuola. Adesso invece meno scuola?
I giochi di prestigio retorici sono i nemici che dobbiamo combattere sempre nella nostra vita quotidiana.
La seconda cosa da sottolineare è: il tempo. Sono stati buttati via tre mesi, non possiamo permetterci di perderne altri tre. Giugno, luglio e agosto non possono passare in questa inerzia, per incompetenza, mancanza di coraggio, mancanza di fantasia e un quanto basta di scaricabarile e di malafede.
L’ultima cosa che voglio sottolineare è il significato di questa manifestazione e dell’espressione “priorità alla scuola”, che abbiamo scelto per darci un nome.
Questa non è una manifestazione di emergenza, è un programma; non è “solo” per la riapertura fisica delle scuole a settembre, ma per la scuola pubblica.
È grave che da questi mesi di blocco stia partendo una riforma della scuola centrata sulla didattica a distanza, che al massimo può essere uno dei tanti strumenti, ma non un programma.
Questa non è una manifestazione conservatrice. La scuola così com’era/com’è non ci va bene, ma la riforma approssimativa che cercano di introdurre in nome dell’emergenza va respinta.
Se c’è una cosa che l’emergenza ha rivelato è che senza veri servizi pubblici universali, e servizi pubblici adeguatamente finanziati, non c’è salvezza.
Noi pensiamo che la scuola pubblica vada costruita su nuove basi. Partiamo da più risorse per una scuola in presenza, classi meno numerose, più insegnanti e personale, spazi diversi oltre alla classe, all’aperto con un diverso rapporto con il contesto dove la scuola si trova.
Non ci vuole un’altra sigla, la DAD, in una scuola che è già piena di sigle. Ci vogliono contenuti e strumenti per diminuire la disuguaglianza, non per aumentarla.
Non vogliamo perdere un solo bambino, ragazzo, studente e futuro cittadino. Anche uno solo perso è troppo.
Nota. Il Comitato Priorità alla scuola ha inviato una lettera aperta alla ministra dell’Istruzione pubblica Azzolina il 18 aprile scorso, che si può leggere qui. Ha raccolto oltre 70mile firme in cinque giorni, salite ora a 85mila. La ministra non ha ritenuto di fornire alcuna risposta.
La manifestazione si è tenuta in contemporanea in 19 città; sono, in ordine sparso: Firenze, Bologna, Cagliari, Faenza, Genova, Modena, Napoli, Pistoia, Pontedera, Reggio Emilia, Roma, Trapani, Torino, Vicenza, Milano, Arezzo, Lucca, Taranto, Padova. Per vedere una sintesi per immagini dalle varie piazze, rimandiamo al reportage montato dal gruppo Napoli Monitor.
Lo slogan/striscione che ha accomunato tutte le piazze è stato “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, una famosa frase di Antonio Gramsci (è parte dello slogan sotto la testata del primo numero della rivista Ordine Nuovo, uscito il 1 maggio 1919).
La foto di apertura è di Elena Iorio. La foto dello striscione “Art. 34 – 2020…” è di Selvaggia Velo. La foto qui di seguito si pubblica su gentile concessione di Lorenzo Alba (Firenze).
domenico canciani dice
CONDIVIDO FILIPPO.SEMBRA UN MONDO ALLA ROVESCIA. POCI