di Gian Luigi Bettoli
Per i nostri tradizionali auguri di buon Primo maggio, riprendiamo alcune pagine da un libro recente di Gian Luigi Bettoli. Nei primi anni Cinquanta la festa del Primo maggio a Cervignano, nella Bassa Friulana, riprende la ritualità delle feste campestri, e allo stesso tempo accoglie la simbologia della sinistra socialista e comunista degli anni della guerra fredda. Il Primo Maggio del 1953 fu organizzato con la regia del pittore neorealista Giuseppe Zigaina, che filmò il corteo e la festa. Nel 2009, ricordando quel Primo maggio, Zigaina escluse che nelle bandiere ci fosse l’emblema della falce e martello (cosa al contrario attestata dal filmato), perché i braccianti erano “friulani, semplicemente friulani” ed erano mossi da “amore per la loro terra, per il Friuli”. Uno scherzo della memoria che mostra a che punto la retorica identitario “friulanista” ha soppiantato – o addirittura incorporato – ogni altro discorso.
Il legame tra lotte agrarie e operaie è alle origini di quella che è la più significativa manifestazione sindacale formalizzata in Friuli: il Primo Maggio di Cervignano.
La prima edizione viene datata da Gastone Andrian al 1946, visto che la precedente non aveva avuto una dimensione autonoma dai festeggiamenti per la Liberazione. Si tratta di un avvenimento che vede convergere dai paesi della Bassa i manifestanti a Cervignano, con modalità che tendono a stabilizzarsi in una ritualità che sopravvivrà allo scorrere dei decenni, pur all’interno delle modificazioni del contesto sociale e politico. Nel 1952-1953 la manifestazione viene anche organizzata sotto la regia dall’artista Giuseppe Zigaina, anche se tale impostazione verrà abbandonata negli anni successivi1.
Si tratta, sotto questo aspetto, non solo dell’esibizione di un’alleanza tra mezzadri, braccianti e operai che connota la struttura del sindacato e della sinistra friulana, in particolare nella Bassa, ma anche di un episodio di quella formalizzazione rituale laica, tipica di quella tendenza secondo la quale “il popolo crea continuamente i suoi riti, modificandone la forma e il contenuto”, studiata da Ernesto De Martino in un suo saggio sul Simbolismo sovietico2.
“Alla vigilia c’erano alcune famiglie che facevano come a capodanno. Facevano festa tutta la notte e poi la mattina venivano in piazza a Cervignano”3: è evidente la relazione con le antiche feste campestri, come nel caso sovietico: “Molti parlano nelle loro lettere della comparsa, nelle campagne, di feste del raccolto, di feste in onore del primo grano, e propongono che la festa del primo maggio, in quanto festa della primavera, dovrebbe essere celebrata anche nei campi, in mezzo alla natura, nei luoghi dove venivano celebrate le prime maievke rivoluzionarie”4.
La manifestazione, che diventerà con il passare degli anni un appuntamento unitario per tutte le organizzazioni sindacali, si ricollega alla tradizione delle prime manifestazioni socialiste dell’era prefascista, ma anche a quel generale processo di ritualizzazione e laicizzazione, che era stato un aspetto importante del primo movimento dei lavoratori, che dell’anticlericalismo risorgimentale aveva fatto uno dei suoi elementi identitari, accomunante repubblicani e radicali, anarchici e socialisti5.
Il Primo Maggio, in questa prospettiva “di un simbolismo civile, in pieno accordo con l’umanesimo socialista e capace di colmare integralmente il vuoto lasciato dalle forme religiose tradizionali” (De Martino, Simbolismo sovietico cit., p. 189), assume un ruolo centrale, rispetto ad altri fenomeni rituali che non trovano nell’Italia di quegli anni seguito adeguato, dai matrimoni civili agli ancor più rari “battesimi rossi”6.
Quali siano le caratteristiche della manifestazione cervignanese del Primo Maggio è possibile desumerlo dall’omonimo filmato realizzato nel 1953 da Giuseppe Zigaina, inedito ma utilizzato successivamente in due documentari7. Zigaina spiega, nell’intervista che costituisce la parte principale del documentario I due fiumi, del 2007, che ha realizzato Primo Maggio a Cervignano in una sola giornata, con pellicole comprate direttamente nei vari negozi di Udine, parte in bianco e nero e parte a colori.
Fotogrammi a colori dal film di Zigaina
La gran parte del primo documentario – realizzato da Lilla Cepak nel 1980 – ingloba, sembra integralmente, quello di Zigaina. All’inizio del corteo ci sono le bandiere delle potenze vincitrici della guerra. Si vedono affluire dai paesi dell’Agro aquileiese i carri trainati da cavalli, gente a piedi o con le barche sui canali, in bicicletta o in moto (che corrono in file regolari), con bandiere rosse, tricolori, della pace (quelle a patchwork dei primi anni, prima dell’adozione di quella a strisce arcobaleno che diventerà il modello formalizzato) ma talvolta anche di altri colori. Si individuano bandiere della Fgci con la stella a cinque punte, con falce e martello, del Pci e del Psi.
Sembra così smentita la testimonianza dello stesso Zigaina al Messaggero Veneto, nel 20098, secondo la quale:
Ho fatto togliere i segni della falce e del martello sulle bandiere perché i giovani contadini, che venivano con i genitori sul carro con il fieno, avevano in casa solo bandiere italiane e austriache. Ma chi erano loro? Erano friulani, semplicemente friulani. Ma allora non c’erano bandiere friulane.
Ho capito che i braccianti del Cormor avevano una loro personalità, un loro amore per la loro terra, per il Friuli. Non avevano mai messo sulle bandiere la falce e il martello. Così, nel film del ’53, si vedono solo bandiere rosse, ma senza simboli.
Fotogrammi in bianco e nero dal film di Zigaina. Nell’immagine a sinistra è ben visibile la bandiera con la falce e martello
Si tratta di un buon esempio dell’attenzione con cui bisogna affrontare gli slittamenti di significato (e degli stessi dati oggettivi) che derivano non solo dal fluire del tempo, ma dalla modificazione dei contesti in cui si raccolgono le testimonianze. Lo Zigaina che crede di rivedere il Primo Maggio del 1953 (senza controllare le sue stesse immagini) non è più il pittore neorealista di quegli anni, ma un intellettuale che ragiona nel quadro dell’ideologia postcomunista dell’inizio del XXI secolo, dove all’identità di classe internazionalistica si sono sostituiti altri riferimenti identitari, come il comunitarismo friulanista.
Il documentario continua con i fotogrammi della manifestazione, con in primo piano i volti dei partecipanti. Immagini con la gente vestita a festa per l’occasione, in corteo a piedi, in bicicletta, con i carri che attraversano la città: a fianco di quelli trainati dai cavalli, sfilano i pochi arcaici trattori. Le bande musicali, i bambini con le bandierine tricolori, gli striscioni dei pionieri (l’equivalente di sinistra degli scouts), gli sportivi sui carri e a piedi inquadrati come le divise delle squadre. Un carro con i simboli e gli slogan della Cgil, in mezzo ai carri addobbati con festoni colorati e rami d’albero, come a carnevale. Gli operai degli stabilimenti (principalmente il Cantiere di Monfalcone e la Saici di Torviscosa) con i cartelli con le rivendicazioni, oppure il nome della fabbrica composto dalle lettere portate sui vestiti dei primi manifestanti, cui seguono gli operai in tuta. Il palco del comizio finale con i dirigenti sindacali e politici9.
Il più recente filmato di Mauro Tonini contiene pochi minuti delle immagini tratte dal film del 1953. Vi si vedono i cortei di motociclette e biciclette; i carri trainati dai cavalli, addobbati con le bandiere rosse con grandi falce e martello e quelle della pace e tricolori, oppure con un grande pannello che inneggia alla Cgil; i bambini a piedi con le bandierine di carta tricolori; i musicisti della banda seduti sui carri; i manifestanti a piedi con diverse bandiere10.
Nota. Tratto da Gian Luigi Bettoli, Il volto nascosto dello sviluppo. Contadini, operai e sindacato in Friuli dalla Resistenza al “miracolo economico”, Olmis, Osoppo (Udine) 2015, pp. 110-112, con minime modifiche e adattamenti.
Il libro (350 p., 14 euro) può essere richiesto direttamente all’editore Olmis.
Le immagini sono tratte dall’opuscolo Primo Maggio a Cervignano. Immagini e racconti, a cura di Alessandro Dose, Andrea Moro, Tolmezzo 2012, pagine non numerate.
- Gastone Andrian, Memorie di un protagonista della bassa friulana, Reggio Emilia, Cooperativa Consumatori Nordest-Diabasis, 2004, vol. I, pp. 99-100; all’evento sono dedicati inoltre: Primo maggio a Cervignano. Immagini e racconti, a cura di Alessandro Dose Tolmezzo, Andrea Moro, 2012 e Alessandro Dose, Primo Maggio a Cervignano, in Ferruccio Tassin (a cura di), Sarvignan, Udine, Società Filologica Friulana, 2012, pp. 369-374. [↩]
- Ernesto De Martino, Simbolismo sovietico, in Id., Furore Simbolo Valore, Milano, Feltrinelli, 2002 (I ed. 1980), pp. 183-190. La citazione è a p. 184, tratta da una lettera inviata nel 1959 dall’operaio A. Usakovskij alle Izvestia. [↩]
- Riferita in Dose, Primo maggio a Cervignano cit., testimonianza di Firmino Pozzar, Fiumicello. [↩]
- De Martino, Simbolismo sovietico cit., p. 186. [↩]
- Cfr. il capitolo Chiese infette, preti immorali, possessioni diaboliche: l’anticlericalismo socialista, in Gian Luigi Bettoli, Una terra amara. Il Friuli Occidentale dalla fine dell’Ottocento alla dittatura fascista, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 2003, pp. 245-273. [↩]
- Complessivamente l’atteggiamento del Pci è sotto questo aspetto assai arretrato rispetto al movimento socialista, oscillando tra un tradizionalismo opportunistico – subalterno alla mentalità popolare ed all’esigenza di dialogo con la Chiesa cattolica – ed atteggiamenti privati incoerenti riguardo a suoi esponenti di primo piano. Cfr. al proposito il recente Anna Tonelli, Gli irregolari. Amori comunisti al tempo della Guerra fredda, Roma-Bari, Laterza 2014. [↩]
- Lilla Cepak, 1953. Primo Maggio a Cervignano di Giuseppe Zigaina, film, Rai Trieste, 1980; Mauro Tonini, I due fiumi. Zigaina e Pasolini l’arte, la vita e la morte, film, Città di Cervignano del Friuli/R.A.M. Ricerche Audiovisive e Multimediali, 2007. [↩]
- Riportata in Primo maggio a Cervignano cit. [↩]
- Si veda Cepak, 1953. Primo Maggio a Cervignano cit. Il documentario comprende anche spezzoni sul lavoro nel primo dopoguerra (con immagini dei lavori alla Saici: lo scarico del legname dai barconi nel porto fluviale e quello dai vagoni ferroviari; il taglio della canna; lavori edili e di sterro) e un’intervista a Mario Lizzero sullo sciopero a rovescio del Cormor. [↩]
- Tonini, I due fiumi cit. [↩]