di Matteo Di Lucca
Prologo
Venerdì 13 aprile. Il Padova gioca all’Euganeo l’anticipo contro la Massese. Io e la Vale, dopo aver bevuto in compagnia di amici un paio di spritz, passiamo in macchina accanto allo stadio e intoniamo una serie di cori nella speranza che la squadra toscana faccia uno “scherzetto” ai biancoscudati. La Vale mi avverte che in curva del Padova c’è il ragazzo di una sua collega, che sicuramente incontreremo domani a un matrimonio. La speranza di un passo falso delle “gallinacce” aumenta ma, rientrato a casa dopo la serata, il televideo è brutale: il Padova ha vinto 3-1.
Sabato 14 aprile. In attesa degli sposi, costringo la Vale e un suo collega ad andare a bere un caffè. Usciti dal bar scorgo in lontananza la collega della Vale e il suo ragazzo, che si avvicina con ghigno impertinente e mi fa a bruciapelo: “+ 3”. Non accenno alcuna reazione e anche per tutto il periodo del pranzo (nota: 5 ore) non reagisco alle provocazioni e alle continue “gufate” del padovano fiducioso che domani una buona prestazione dell’Unione ci riporti appaiati in classifica.
Allo stadio
1. A mezzogiorno siamo già pronti per partire verso Sant’Elena con in mente ancora le parole e gli sfottò dell’ultras padovano. All’ultimo momento si aggregano un nostro amico padovano che insieme alla sua ragazza e a sua sorella vogliono venire a vedere la partita per poi fare un giretto in compagnia a Venezia. Accettiamo con qualche perplessità e incominciamo il solito lungo viaggio per raggiungere il Penzo.
La giornata è splendida e Venezia si mostra in tutta la sua bellezza. Giunti a Sant’Elena corriamo a fare i biglietti e decidiamo di entrare allo stadio con mezz’ora di anticipo. Entrati rimango stupito nel vedere il settore ancora vuoto: i gruppi che occupano di solito la curva sud non hanno fatto il loro ingresso, nessun capo ultras gironzola nei pressi della balconata.
Ipotizzo che sia stato organizzato uno sciopero del tifo mentre la Vale ritiene che il motivo sia il solito ritardo dei vaporetti che portano allo stadio. Ad un tratto dall’ingresso del settore arriva a petto nudo e con la maglietta in mano uno dei capi ultras che, salito sulla balconata tira un calcio fortissimo alla struttura in tubi innocenti. Con lui entra molta altra gente che ha l’aria di essere parecchio “incazzata”. Mentre il settore incomincia a riempirsi, decido di andare a bere un caffè e raggiungendo il bar, posto proprio accanto all’ingresso dei distinti, mi accorgo che molti ragazzi – di cui molti vestono la maglietta del gruppo “Nuova guardia” – si appoggiano uno a fianco all’altro alla rete metallica nella classica posizione di che deve essere perquisito. Non capisco bene che sta accadendo, la gente ha l’aria spaesata se non incredula: molti dei ragazzi sulla rete sono giovanissimi. Gli animi mi sembrano tranquilli e non resto a guardare più di tanto. 2. Quando riprendo posto sulle gradinate, vedo che il settore si è ormai riempito e le squadre stanno per fare il loro ingresso in campo. Il capo ultras sale sulla balconata e a gran voce spiega a tutti quello che è successo all’ingresso dei distinti. Durante le perquisizioni la polizia ha infatti imposto a molti ragazzi di togliersi le magliette recanti scritte come “Nuova guardia”, “Rude Fans” e addirittura “Ultras unisce razzismo divide”. Tutto questo per seguire i dettami della nuova legge Amato contro la violenza negli stadi che dal 30 Marzo di quest’anno vieta l’introduzione all’interno dello stadio di tutti quegli oggetti che possono diventare contundenti come megafoni, tamburi, aste per le bandiere ecc. Inoltre vieta la preparazione di coreografie e l’esposizione di striscioni a meno che non vengano inviate in questura non oltre il venerdì prima dell’avvenimento sportivo le fotografie che ne mostrino il contenuto.
Poiché non ero presente all’ingresso dei distinti durante quei momenti, riporto alcune lettere ricevute e pubblicate dal portale www.vesport.it. Spiegano perfettamente quel che è accaduto.
sono un tifoso che segue il Venezia da 30 anni e sono qui a scrivervi questa mail di protesta perché domenica ho assistito a scene che mai avrei voluto vedere in un contesto di festa come è per me la domenica in stadio!
Sono circa le 2 e 30 e come ogni domenica mi metto in fila, abbonamento in mano, fuori del settore distinti per assistere al match tra Venezia e Pro Sesto; la giornata è delle migliori e infatti la gente che affolla in quell’ora i cancelli d’entrata è molta.
Una volta entrato nel settore però tutto l’entusiasmo che avevo è venuto meno davanti a scene che, a mio dire, hanno veramente dell’incredibile: alla solita perquisizione gli agenti della Polizia di Stato, senza dare più di tante spiegazioni agli interessati (forse perché neanche loro sapevano bene del perchè stavano compiendo quei gesti), incominciavano a costringere i ragazzi che animano da qualche mese il settore distinti a togliersi le maglie sequestrando inoltre loro anche sciarpe e aste delle bandiere.
Ma la cosa che mi ha lasciato veramente stupefatto è vedere come questo nuovo decreto legge venga applicato senza quel “buon senso” che servirebbe in un contesto tranquillo come quello che si è venuto a creare negli ultimi anni a Venezia.
Ho assistito personalmente al sequestro da parte degli agenti di una bandierina e una sciarpa a un bambino che avrà avuto sì e no 10-12 anni che, tutto felice perché andava a vedere una partita di pallone, alla richiesta dell’agente, si riversa in una valle di lacrime perché privato della sua bandierina!
Inoltre, parlando con altre persone, sono venuto a conoscenza anche del fatto che a molte persone, donne incluse, è stato intimato di levarsi o comunque girarsi la maglietta per motivi che non sono stati delucidati con chiarezza.
Ora io mi domando questo: se veramente l’obiettivo è quello di eliminare la violenza negli stadi, perchè creare queste situazioni di tensione […]?
A mio modo di vedere domenica, impedendo alla gente di entrare con sciarpe e bandiere della propria squadra, non fornendo chiare spiegazioni di tali gesti, si è violata la più importante norma che vige nel nostro stato: la libertà individuale!
Antonio
Agli stilisti della Questura di Venezia non piacciono le t-shirt. Non piacciono le sciarpe. Non piacciono le felpe. Insomma non piace il look da tifoso. Preferiscono il blu notte.
De gustibus…..
E così è arrivato il divieto di accesso allo stadio per chi sfoggia le magliette del FUTBOL REBELDE, quelle antirazziste di ULTRAS UNISCE RAZZISMO DIVIDE, quelle dei RUDE FANS e della NUOVA GUARDIA. Non piacciono neppure quelle degli ormai scomparsi ULTRAS UNIONE.
Naturalmente tutto questo rigore estetico viene applicato a singhiozzo. Tu sì e tu no. Tu entri, tu o ti spogli o resti fuori. E via con lo strip alla Full Monty. Potevano almeno attrezzare dei camerini…
Agli stilisti della questura non piacciono neppure le bandierine arancioverdi sventolate da bambini di 7 anni. Quell’astina di plastica di 60 cm è un’arma davvero pericolosa. E poi le coreografie sono sovversive…
Gli stilisti della Questura di Venezia, veri esperti di look da stadio, non sopportano manco i tatuaggi. Peccato non poterli scuoiare ‘sti tifosi…. Questo è accaduto domenica allo stadio Penzo all’entrata del settore DISTINTI. E ci risulta che lo stesso sia avvenuto anche in altri settori.
In base a quale norma sia stata attuata questa umiliazione di massa di centinaia di cittadini non ci è dato sapere. Ci hanno detto che così si combattono violenza e razzismo negli stadi italiani. Quello che si combatte davvero è la libertà dei cittadini. Di pensiero. Di espressione. Di aggregazione. Non abbiamo chiesto permessi per i nostri striscioni. Non chiederemo il permesso per vestirci come ci pare. NON SI CHIEDE IL PERMESSO PER ESSERE LIBERI.
VMFC A SOSTEGNO DI UN IDEALE
[…] ciò che han visto i miei occhi domenica al P.le Penzo di Venezia mi ha fatto ACCAPPONARE LA PELLE!!!
Non ho visto dei celerini in divisa che, in una normale domenica di routine controllano se si introduce allo stadio materiale contundente o accendini pericolosissimi, NO, ho visto poliziotti in assetto di guerra (veramente) che con aria minacciosa vietavano l’ingresso di qualunque tipo di sciarpa, cappellino, MAGLIETTA(!), recante il nome ultras (o sinonimi, badate non sono esperto in materia ma mi sembra di aver letto tipo Nuova Guardia e RudeFans) a ragazzi e ragazzini. “Quella maglietta la deve girare, se no non può entrare!”, COSA!? Ma stiamo scherzando vero??? Ditemi che siamo su scherzi a parte! Vi prego.
[…] Francesco Rigo
3. Ora il capo ultras scaglia parole pesanti contro la legge Amato che vuole ammutolire il tifo e che vuole svilire questa forma di aggregazione e di espressione; contro la polizia; contro la società del calcio Venezia; contro le televisioni che ammazzano il calcio. Molti alzano le magliette incriminate e tutti applaudono. I cori iniziano quando la partita è già iniziata. Per il primo quarto d’ora abbondante sono tutti contro ciò che era accaduto all’ingresso del settore e contro la nuova legge. In successione si canta: “Non ci avrete mai, come volete voi”, “Odio eterno al calcio moderno”, “Il calcio siamo noi”, “I tamburi siamo noi” (accompagnato da un battimani che simula il solito ritmo dei tamburi). Alcuni cori contro i “caschi blu” e il nuovo coro sull’aria di una canzone degli 883: “Se togliete pure noi che rispettiamo le tradizioni, e gli stadi noi riempiamo con i cori e gli striscioni, resterete solo voi con le vostre televisioni, e solo allora potrete capire che il calcio è fatto di emozioni!”.
I cori di questo stampo si susseguono fino a che, verso il quindicesimo, viene assegnato un rigore all’Unione. Mentre Paolino Poggi si prepara a tirarlo il capo ultras invita tutto il settore a dare le spalle al campo in segno di protesta. Quasi tutti si girano, io mi metto a trequarti, vedo il rigore ed esulto, come altri, al gol. Un gesto non molto apprezzato dai capi ultras ma già da un paio di minuti, pur cantando e sostenendo la contestazione a questi ignobili episodi, avevo esternato alla Vale che secondo me era giunto il momento di sostenere la squadra.
Solo dopo venti minuti dall’inizio della partita inizia il tifo per l’Unione: partono i soliti cori come “Ricordo quand’ero bambino, sognavo una maglia e un pallone, ed ora che sono cresciuto l’Unione è il mio unico amor, se vedo il settore che esplode, sento un brivido al cuore, l’Unione è il mio unico amore, per te canterò fin che vivrò”; “Unione alè, Unione alè, in ogni stadio in tutta Italia siamo accanto a te, quando l’Unione segnerà dal settore s’alzerà, questo canto d’amor, che ci viene da cuor”.
Proprio mentre stiamo intonando “Pope” la Pro Sesto pareggia con un bel tiro dal limite dell’area, che sbatte prima sul palo e poi finisce in fondo alla rete. Il coro simbolo della tifoseria unionista nonostante il gol avversario non si ferma e il tifo aumenta di intensità a seguito della buona reazione della squadra al pareggio e l’espulsione per doppia ammonizione di un giocatore avversario. Tra tutti i cori, il più riuscito e partecipato è stato quello in cui il settore si divide in due parti uguali che si ribattono: “E siamo qua – siamo qua/ siam sempre qua – sempre qua /ovunque giocherai saremo sempre qua – sempre qua / e canteremo – canteremo /e grideremo – e grideremo / (tutti insieme) VENEZIAMESTRE NOI SIAMO I TUOI ULTRA”.
4. Nell’intervallo mi siedo stremato dal gran caldo, parlo con la Vale e gli amici e leggo la fanzine autoprodotta dai ragazzi di “A sostegno di un ideale”. Quando le squadre rientrano in campo il tifo non si è ancora organizzato e ci impiega un po’ prima di ricominciare. Nel secondo tempo mi concentro più sulla partita in attesa di un gol dell’Unione che ci regalerebbe tre punti importantissimi per la nostra classifica. Tuttavia a parte uno sterile assedio alla porta avversaria la squadra dimostra il suo momento negativo e soprattutto un sensibile calo fisico. Tra un coro e l’altro impreco contro alcuni giocatori, in particolare contro “l’acquisto di gennaio” Cocco che a dieci minuti dalla fine viene finalmente sostituito. Alla sua uscita viene giustamente fischiato dai “vecchietti” dei distinti; lui risponde con un provocatorio applauso. Il suo sostituto, Momentè, altro “acquisto di gennaio” in dieci minuti riesce a sbagliare quasi tutti i passaggi e si mangia un gol quasi a porta vuota. E nonostante il caldo torrido, la Pro Sesto ci fa venire i “brividi” con alcuni contropiedi che con altri avversari ci sarebbero costati sicuramente la sconfitta. Poi quando al quarto minuto di recupero Moro butta fuori di testa l’ultimissima occasione, l’arbitro fischia la fine dell’incontro. I giocatori dell’Unione cadono a terra stremati e delusi.
Nonostante il risultato, come in altre occasioni, chiediamo alla squadra di venire sotto il settore ma solo pochi di loro vengono a ricevere applausi e sostegno.
Epilogo
Mentre ricominciano i cori contro la legge Amato, ci avviamo sconsolati verso l’uscita. Mi fermo un attimo soltanto per ascoltare gli altri risultati del nostro girone. La gente sfolla delusa e convinta che sarà difficile raggiungere i play-off, visto il calo fisico della squadra rispetto ai primi mesi di campionato. Mentre ci avviamo a piedi verso Rialto per bere uno spritz in compagnia, esprimo tutto il mio disappunto e i miei compagni di viaggio fanno fatica a rincuorarmi. La Vale sostiene che comunque vada bisogna rimanere vicini alla squadra; le do ragione e intoniamo insieme “Noi non ti lasceremo mai/ noi non ti lasceremo mai/ al tuo fianco sempre noi sarem/ Veneziamestre alè”.
Questa domenica è andata così. Certo abbiamo passato una bella giornata e ci siamo un po’ abbronzati. Ma torniamo a casa con l’Unione che si allontana sempre più dai play-off, con la consapevolezza che questa nuova legge invece di frenare la violenza la istiga, grazie anche a certi atteggiamenti della polizia; e con la consapevolezza che i padovani “gufano” proprio bene.