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Una “quasi capitale” ebraica (dimenticata) della Terraferma veneta. Mestre alla fine del Trecento

21/12/2021

di Renata Segre

Riprendiamo alcune pagine dal libro di Renata Segre, Preludio al ghetto di Venezia. Gli ebrei sotto i dogi (1250-1516), pubblicato qualche giorno fa dalle Edizioni Ca’ Foscari e disponibile online. Nel suo studio l’autrice ricostruisce la storia della presenza ebraica a Venezia prima dell’istituzione del Ghetto nel 1516. Smentendo “il mito” di uno stanziamento di ebrei a Venezia solo dal 1516, Renata Segre documenta come, a partire dalla fine del Trecento, Mestre fosse “centro nevralgico” della comunità ebraica insediata sulla Terraferma veneta. Attorno al castello e in quella che è l’attuale calle del Gambero operavano infatti banchi di prestito feneratizio, e avevano sede una sinagoga, un ostello e un cimitero ebraici. Queste vicende – è il caso di dirlo: di “una città invisibile” – sono ora riportate alla luce da Renata Segre grazie a una ricerca ventennale, e alla documentazione conservata nell’archivio dell’Antica Scuola dei Battuti a Mestre. 

Alla stregua di Treviso, anche Mestre era divenuta città suddita veneziana nel Trecento; alla stessa stregua di Treviso, e dopo Padova, anche a Mestre i toscani (in questo caso, più precisamente, dei fiorentini) avevano dovuto cedere il passo, ritirandosi progressivamente da quell’attività di credito e di esazione dei dazi, di cui erano stati a lungo i protagonisti. Ma dalla nostra angolatura, Mestre, come già evidenziato, spicca per una sua particolarità: durante quasi un secolo e mezzo (almeno fin verso il 1509) fungerà da centro nevralgico – quasi capitale – della comunità ebraica insediata sulla Terraferma veneta. Associando una posizione geografica di massima prossimità a Venezia al distanziamento per via dell’acqua da navigare, meglio riproduceva, anche plasticamente, lo scarto che Venezia aveva sempre inteso serbare nei confronti di questi infedeli. Una visione teleologica, e pure teologica, cui non facevano difetto concretezza e lungimiranza: la presenza dei banchi ebraici, e delle attività indotte, sarebbe stata in grado di trasformare Mestre da borgo fortificato a difesa della capitale in una vera città popolosa, prospera e vivace, se Venezia l’avesse sinceramente desiderato.

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Archiviato in:La città invisibile, Renata Segre Contrassegnato con: Mestre, pagine scelte, storia dell'ebraismo in Italia, storia di Venezia, XIV secolo

“Mestre ha un buco nero”. Immagini da un presidio

17/12/2021

a cura di redazione di storiamestre.it, foto di Claudio Pasqual

Sabato 12 dicembre 2021 si è svolta a Mestre una manifestazione promossa dal Comitato ex Umberto I Bene Comune, a cui hanno aderito cittadine, cittadini e associazioni, tra cui storiAmestre. Dopo una prima sosta in via Circonvallazione, il presidio si è spostato all’entrata del vecchio ospedale, davanti al padiglione Cecchini, per concludersi dentro l’attuale parcheggio, in riva al Marzenego. Toccando questi luoghi – definiti il “buco nero” della città – la manifestazione ha voluto protestare per l’abbandono in cui versa l’area, e avanzare richieste per un intervento comunale sui padiglioni storici, che restano pubblici anche dopo la vendita dell’area al gruppo di supermercati Alì, e per la “restituzione del verde pubblico” ai cittadini.

Documentiamo la mattinata con alcune foto scattate dal nostro amico e socio Claudio Pasqual.

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Archiviato in:Claudio Pasqual, La città invisibile, redazione sito sAm Contrassegnato con: manifestazione, Mestre, ospedale

Il pomeriggio del 12 dicembre 1969. Pagine da un libro

11/12/2021

di Corrado Stajano

Per l’anniversario della strage di piazza Fontana, riprendiamo alcune pagine da un bel libro di Corrado Stajano. Un sopralluogo, durante una esplorazione della città cambiata, è occasione per tornare con i ricordi al pomeriggio del 12 dicembre 1969: Stajano, appena rientrato a Milano in treno, si fece portare da un tassista in piazza Fontana. La notizia aveva appena cominciato a girare in città. Riuscì a entrare nella sede della banca devastata prima dell’arrivo delle autorità; solo allora fu fatto uscire.

Nel pomeriggio del 12 dicembre 1969 ero tornato da Roma e alla Stazione centrale avevo preso un taxi. In piazza Fontana, mi disse il tassista, è appena successo qualcosa di grave, è scoppiata una caldaia alla Banca dell’Agricoltura e si parla di molti morti. Gli dissi di portarmi alla banca, non più a casa. In piazza Fontana c’era solo qualche ambulanza, qualche macchina della polizia e dei carabinieri, si sentiva che da via Larga stavano arrivando i pompieri. Non c’erano ancora curiosi. I sopravvissuti, informi ossessi, uscivano barcollando dal portone della banca e si scontravano, nell’aria nerastra, con i barellieri che correvano in senso contrario.

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Archiviato in:Corrado Stajano, La città invisibile Contrassegnato con: anniversari, Milano, pagine scelte, Piazza Fontana

Auguri con storiAmestre. Appuntamento a Forte Mezzacapo, 17 dicembre 2021

10/12/2021

di sAm

Dopo l’interruzione del 2020, riprendiamo la consuetudine degli auguri e del brindisi di fine anno in presenza. Lo facciamo insieme ad altre associazioni, in un pomeriggio al Forte Mezzacapo. 

Le associazioni di Chirignago-Zelarino si fanno gli auguri presso il forte venerdì 17 dicembre, dalle 17 alle 18,30. Scambi di auspici per delle buone feste e di voti per un anno migliore, e chiacchiere mentre sullo sfondo saranno proiettati documentari su Mestre e Marghera del XX secolo.

storiAmestre si associa a Dalla guerra alla pace-forte alla Gatta, I Celestini, I Sette Nani, MCE-Movimento Cooperazione Educativa, Polisportiva Arcobaleno Trivignano, TeraFerma, Associazione Culturale Arcobaleno Chirignago, FIAB Cicloliberi, Circolo amatori bocce parco Rodari, Gruppo Zelarino e dintorni…

Si invita chi partecipa a contribuire al rinfresco portando qualcosa da bere o da sgranocchiare.

Per scaricare la locandina, cliccare qui.

Archiviato in:Agenda, sAm

Vigilante del piano formativo. Una supplenza in DAD capovolta

07/12/2021

di Giulio Vallese

Una nuova cronaca del nostro inviato nel mondo della scuola, ora insegnante vincitore di concorso straordinario, ma ancora non in ruolo. Questa volta un caso singolare di “classe capovolta”, per parafrasare una delle espressioni del gergo scolastico di oggi. A proposito, mentre i giornali riferiscono le ultime idee del Governo in carica in termini di innovazione della pedagogia e dei contenuti disciplinari, ecco alcuni spunti per pensare alla figura dell’insegnante “tutor”.

Ho una supplenza. Che rogna, è in una sede diversa da quella in cui sarei dovuto andare per il resto della giornata, il che mi obbliga a fare molta più strada nel traffico del mattino per poi dovermi spostare nell’altra sede dove non si trova mai parcheggio. Preso dal fastidio, mi accorgo solo dopo della singolare dicitura in corsivo vicino al nome del collega da sostituire: «classe in presenza, docente in DAD». Che significa? Se non ricordo male, le nuove regole prevedono che se un insegnante si trova in quarantena fiduciaria è tenuto a fare lezione collegandosi da casa. Una specie di DAD capovolta con gli studenti a scuola e il professore a casa? E io, come sostituto, che devo fare? In teoria il collega è presente, quindi chi sostituisco? Di solito le supplenze consistono nel fare sorveglianza alla classe in modo che non succeda niente di pericoloso e i ragazzi facciano qualcosa di sensato, studino, ripassino, facciano esercizi… al limite si riesce pure a fare due parole, ma in questo caso, che devo fare? 

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Archiviato in:Giulio Vallese, La città invisibile Contrassegnato con: cronaca, scuola

Le debolezze degli uomini andrebbero storicizzate. Una nota su storiografia e processi postumi

05/12/2021

di Alberto Cavaglion

Anche quest’anno Sannicolò ha pensato a noi di storiamestre.it e a chi segue queste pagine: “per il vostro sito di storia e storiografia”, ci ha lasciato queste due righe e una lettura. Alberto Cavaglion riflette sull’uso politico delle biografie, sulla selezione delle fonti per ricostruirle, sulla contestualizzazione degli episodi: quando la storiografia invece di essere «studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano», diventa una requisitoria; quando invece di avvicinarsi con riguardo al passato, diventa una rivendicazione di superiorità morale dei posteri; o ancora un modo per affermare la propria autorevolezza in un campo disciplinare. Cavaglion parte dai più recenti episodi di un lungo «processo» allo storico dell’età antica Arnaldo Momigliano (1908-1987), imputato di compromissione con il fascismo fino alle leggi razziali del 1938, avviato sulle pagine della rivista Quaderni di storia di Luciano Canfora sin dai primi anni Ottanta.

1. «Fare i conti con il passato», «fare i conti con il fascismo». Sono espressioni che ritroviamo in molta storiografia e anche in molte pubbliche conversazioni. Non escludo di essermene servito io stesso, ma ho fatto in tempo a pentirmene. Da un lato lavori molto seri si sono mossi lungo il crinale fra fascismo e postfascismo; dall’altro lato è andato diffondendosi un cliché accusatorio e moralistico discutibile: i fantasmi del fascismo tendono a confondersi con il sottile piacere di macchiare l’immagine di questo o quell’altro grande personaggio, svelandone «terribili segreti».

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Archiviato in:Alberto Cavaglion Contrassegnato con: antifascismo, Arnaldo Momigliano, biografia, fascismo, san Nicola, storiografia, strenna

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