a cura di Fabio Brusò
Domenica 12 settembre, il nostro socio e amico Fabio Brusò, insieme ad alcuni amici e compagni obiettori di coscienza al servizio militare negli anni Ottanta e Novanta, ha consegnato una lettera aperta agli organizzatori della 379a edizione della Fiera Franca di Chirignago. Il motivo è che l’Associazione Fiera Franca quest’anno ha deciso di dedicare la manifestazione alla “Leva militare/Naja”, celebrata con una parata che si è tenuta sabato 11 settembre e una mostra sul tema. La lettera degli obiettori propone piuttosto di interrogarsi sul senso e sull’opportunità di una rievocazione acritica verso un modello educativo che è stato contestato e non è da rimpiangere oggi, soprattutto per i suoi risvolti sessisti, misogini e omofobobi. A quasi mezzo secolo dall’istituzione del Servizio civile in Italia, che riconosceva la battaglia per l’obiezione di coscienza al servizio militare, a quasi vent’anni dall’abolizione della leva militare, l’invito è quello di riflettere sul concetto di difesa armata, di difesa civile/popolare noviolenta; e di fare i conti con la scandalosa spesa militare nel nostro paese,e con i fallimenti delle spedizioni militari, cui anche l’Italia ha partecipato e che in questi giorni sono sotto gli occhi di tutti.
In occasione della Fiera Franca di Chirignago da voi organizzata leggiamo che questa edizione 2021 è dedicata alla “Leva militare/Naja”, con “iniziative in riconoscenza ai ragazzi di LEVA/NAIA che a vent’anni hanno servito la patria e contribuito con essenziale supporto all’operatività e alla logistica dell’Esercito e delle Forze Armate d’Italia”.
Si parla di una mostra e di una sfilata con Protezione Civile e Associazioni d’arma, con in testa uno striscione “Grazie ragazzi di leva”. Comprendiamo che l’esperienza della cosiddetta naja sia ancora molto viva nella memoria di milioni di cittadini maschi, che fino alla fine del 2004 dovettero obbligatoriamente prestarsi al servizio militare. Una memoria controversa, legata a una esperienza fatta in gioventù e pertanto evocatrice di ricordi affettuosi e nostalgici.
Noi siamo un gruppo di persone che ha fatto scelte diverse. All’epoca ci siamo dichiarati obiettori di coscienza al Servizio militare, e abbiamo optato per il servizio civile sostitutivo obbligatorio, permesso dalla legge 772 del 1972. Lo facemmo con forti convinzioni antimilitariste, pacifiste e di nonviolenza. Per alcuni di noi questo ha significato un impegno notevole (8 mesi di servizio in più), altri dopo i 12 mesi hanno scelto il carcere per far riconoscere la pari dignità al servizio civile rispetto al servizio militare. Eravamo sicuri di fare una scelta di giustizia e di alto valore sociale, impegnandoci in esperienze civili e di solidarietà. Nel 1985 la Corte Costituzionale ha riconosciuto che il servizio civile contribuiva alla difesa senza armi. Il vostro impegno oggi nella protezione civile (senza armi) ci accomuna nel senso di difesa dello Stato (inteso come bene comune). Ci piacerebbe quindi ragionare sui limiti che comporta il raccontare in senso acritico e celebrativo un’esperienza così importante per tanti cittadini italiani.
Merita ricordare che la naja per molti giovani era vista come un’imposizione, vissuta come una perdita di tempo per dei giovani in piena formazione. Alcune volte la cronaca ci ha riportato situazioni di inutili umiliazioni, racconti di bullismo e violenza esercitati verso le reclute (il nonnismo). Essendo poi una organizzazione solo maschile spesso si è caratterizzata come sessista, misogina e omofoba.
Non a caso, nel momento in cui le molteplici sentenze della Corte Costituzionale hanno equiparato il servizio civile a quello militare la maggioranza dei giovani scelsero il civile, e anche per questo il Parlamento alla fine degli anni ’90 decise di sospendere l’obbligo della leva.
Rievocare in senso acritico un’esperienza così controversa, la cui reintroduzione ogni tanto viene proposta strumentalmente da qualche politico, come modello educativo per le nuove generazioni ci pone dubbi e domande, e ci chiediamo quale ne sia il senso.
Ci piacerebbe, piuttosto, confrontarci con voi per ragionare sulla scandalosa spesa per il sistema militare nel nostro Paese (che nel 2021 ha raggiunto i 25 miliardi di euro con una crescita dell’8%), del fallimento internazionale dell’intervento militare in Afganistan, guerra che è costata ai contribuenti italiani ben 8,7 miliardi di euro in vent’anni. A seguito di questo fallimento ancor più sentiamo di dover affermare con il compianto Gino Strada ed Emergency il nostro “No alla guerra”. L’esperienza della pandemia da Covid-19 e i fallimenti nei teatri di guerra ci dicono che le risorse oggi debbano essere investite su salute, ambiente, scuola e lavoro.
Per noi il concetto di difesa armata dev’essere integrato (e nel tempo sostituito) con il concetto di difesa popolare nonviolenta. Pensiamo che la difesa sia da estendere a tutti i campi del vivere civile (difesa del territorio, difesa delle conquiste civili, difesa del patrimonio artistico, ecc.).
Quindi, facendo nostro il dettato costituzionale che prevede che tutti i cittadini debbano contribuire alla difesa della patria, riteniamo che un servizio civile nazionale, esteso a tutti, ragazze e ragazzi, avrebbe senz’altro quella funzione formativa e di coinvolgimento per la crescita della coscienza pubblica e civile della nostra gioventù e quindi di tutto il Paese, così come oggi entrambi esercitiamo negli impegni delle associazioni civili (protezione civile, associazioni ambientaliste, associazione di solidarietà sociale…) a cui ci dedichiamo.
Venezia, 10 settembre 2021
Valter Rigoni, Fabio Brusò, Massimo Corezzola, Bernardino Mason, Pierangelo Molena, Alberto Laggia, Gianluca Trabucco, Mariano Montagnin, Luciano Scalettari, Carlo Giacomini, Loris Trevisiol
Nota. Riportiamo alcune foto dalla mostra di Chirignago, scattate di Fabio Brusò (12 settembre 2021).
Marco Toscano dice
Molto interessante, eloquenti le foto. Credo però che non si tratti di discutere sul senso delle operazioni militari italiane, il cui fallimento è appunto evidente, ma sulla forza profonda del legame tra virilità e servizio militare; altra cosa su cui riflettere mi sembra il fatto che i maschi si sentono persi quando (ed è questo che sta succedendo) vengono meno i sistemi disciplinari in cui erano inseriti, come la leva militare e il lavoro fisso…