di Stefan Zweig, a cura di Davide Zotto
Sulla scia di Marco Toscano, altri amici cominciano a condividere con noi le loro letture sulla prima guerra mondiale. Davide Zotto ha scelto alcune pagine tratte da un articolo di Stefan Zweig uscito nell’agosto 1914, durante la terza settimana di guerra.
Più breve è ora il sonno del mondo, più lunghe le notti e più lunghi i giorni. In ogni Paese della sconfinata Europa, in ogni città, via, casa, stanza, il respiro quieto è sopito e più corto, agitato; come in un’unica notte d’estate afosa e soffocante, questo nostro tempo arroventato incendia le notti e confonde i sensi. […]
Ora l’umanità tutta è agitata, di notte come di giorno, un impellente, spaventoso stato di veglia sfavilla tra i sensi eccitati di milioni di persone, il destino penetra invisibile dalle migliaia di finestre e porte, e scaccia il sopore, scaccia l’oblio da ogni giaciglio. […]
Nessuno ormai è solo con se stesso e il proprio destino, ognuno scruta l’orizzonte. Di notte, nell’ora in cui si è coricato, solo e sveglio nella casa protetta e sprangata, il suo pensiero vola ad amici e a terre lontane: forse, a quella stessa ora, si compie parte del suo destino, un attacco della cavalleria a un villaggio galiziano, un assalto per mare, le cose che, proprio in quell’attimo, avvengono a migliaia, e a mille miglia di distanza, toccano la sua vita. […]
Ora i più pacifici sognano battaglie, nel sonno colonne di soldati danno l’assalto e cadono, all’eco dei cannoni il sangue freme nell’incertezza. E se sussultano per lo spavento, anche da svegli sentono il fragore dei carri tonanti, lo stridio degli zoccoli. Tendono l’orecchio, si affacciano alla finestra: e per le strade desolate sfilano davvero, in lunghi ranghi, carri e destrieri. Qualche soldato conduce per la cavezza uno stuolo di cavalli. Avanzano pazienti con passo lento, pesante e sonante sul chiassoso selciato. Anche loro, che di notte altrimenti riposerebbero tranquilli dal lavoro nelle calde scuderie, anche gli animali sono privati del consueto sonno […].
Nulla, nulla può trovare pace e riposo in giorni simili, l’umanità ha trascinato nella sua battaglia assassina gli animali e la natura. Più breve è ora il sonno del mondo, più lunghe le notti e più lunghi i giorni. […]
Una guerra, finora, era sempre stata un’infiammazione isolata nell’enorme organismo dell’umanità, […].
C’è sempre stato chi rimaneva estraneo, ci sono sempre stati villaggi non raggiunti dalla notizia di quell’eccitazione, che dividevano placidamente la vita in giorno e notte, lavoro e riposo […] ora la febbre scuote tutto il suo organismo, il terrore il cosmo intero. Non c’è officina in Europa, non c’è fattoria sperduta, né borgo nel bosco a cui non sia stato strappato un uomo perché prenda parte al combattimento […].
Quando la febbre sarà diminuita, tutto acquisterà un valore nuovo a nostri occhi, e ciò che adesso è simile sarà diverso. Le città tedesche: con quale sentimento le guarderemo dopo questa lotta. E Parigi: quanto diversa, inconsueta, apparirà ai nostri sensi! Lo so fin d’ora: dopo la pioggia di bombe tedesche sulla cittadella, non potrò più sedere con gli stessi amici, ospite nella casa di Liegi con lo stesso sentimento; tra alcuni amici al di qua e al di là del confine calerà l’ombra dei caduti che assorbirà il calore delle parole con il gelo del suo respiro. Noi tutti, da un giorno all’altro, saremo costretti a cambiare modo di pensare per colpa di questo sterminato oggi […].
Nota. Tratto da Stefan Zweig, Il mondo senza sonno, ed. or. Die schlaflose Welt, “Neue freie Presse” (Vienna), 18 agosto 1914, ora tradotto in italiano nella raccolta che ne riprende il titolo: Id., Il mondo senza sonno, trad. Leonella Basiglini, Skira, Milano 2014, pp. 9-17, disponibile anche online.