di Maria Luciana Granzotto
La guida turistica viene usata da turisti, da forestieri e da coloro che devono essere guidati nella scoperta di un territorio che non conoscono. Questa condizione di partenza garantisce ampi margini di libertà ai compilatori delle guide. La guida descrive il patrimonio ambientale e culturale di un dato territorio secondo il principio della verosimiglianza che include l'uso dell'artificio letterario. Deve affascinare, illudere, convincere che vale la visita, compilano e "vendono" l'immaginario che ruota attorno a un luogo. Ha l’intrinseca vocazione di orientare l'occhio del turista. Insegna dove guardare e cosa cercare, impone percorsi che si frazionano in tanti arrivi-partenze verso nuovi arrivi. Disegna geometrie di flusso, stabilisce gerarchie tra i luoghi secondo implicite regole storiche, estetiche, artistiche. Nega visibilità e realtà a tutto il resto che, nella maggior parte dei casi, è della città o del territorio la parte preponderante in termini di popolazione, abitato, socialità. Occulta evidenti segni urbani perché non si sintonizzano con il racconto del territorio e creano imbarazzo.
Mestre è conosciuta a livello nazionale, si sa che è vicina a Venezia e a Porto Marghera. Su di lei pesa essenzialmente un giudizio estetico negativo: Mestre è moderna perciò brutta, caotica, inquinata. Venezia è antica, meravigliosa, unica, preziosa, fragile, è così importante che della sua salvaguardia si occupa la comunità internazionale. Lo stesso non si può dire per Mestre.
La guida turistica è un genere letterario che crea pre-giudizi e immagini mentali. Quindi il punto di partenza è cosa si è voluto vedere di Mestre e quale immagine mentale è stata e viene propagandata. I testi utilizzati in questa esposizione appartengono in maggioranza a guide turistiche e sono:
1. G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, edizioni del 1926 e del 1956 (ristampato nel 1988).
2. Guida di Mestre, Marghera, Favaro V.to, Chirignago, Zelarino, 1963.
3. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Venezia e dintorni, 1969.
4. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Venezia, 1985.
5. In viaggio… comune di Venezia Mestre, (Comune di Venezia), dicembre 1999
1. La guida del Lorenzetti ha goduto di una certa fortuna. Quando venne pubblicata per la prima volta fu presentata come la guida moderna di Venezia, considerando i cinquant'anni trascorsi dalla precedente compilazione di luoghi storici e la presenza di una ricca appendice di indicazioni pratiche per il viaggiatore, come hotel, ristoranti, trasporti ecc. Grazie agli aggiornamenti sostenne la prova del turismo di massa degli anni Sessanta e Settanta. L'ultima ristampa da me consultata è del 1988.
Nell'edizione del 1926, anno in cui Mestre diventa frazione di Venezia, nella sezione relativa alla terraferma, Mestre non compare come distinto soggetto urbano. Individualità cittadina e interesse storico le sono negate. Per trovarla la si deve cercare tra le righe dedicate a Porto Marghera che, in quegli anni, si andava costruendo. Di Mestre si scrisse solo: "la più popolosa città di provincia, importantissimo nodo ferroviario e di una vasta zona limitrofa". Mestre allora era riconducibile a una importante stazione dei treni posta, in connessione con i tronchi ferroviari e i canali che attraversavano l'area dell'allora nuovo porto commerciale, e delle due zone industriali creando un sistema integrato di trasporti marittimi e su rotaia. Mestre nasceva già come città moderna. L'altra dote di Mestre era la sua ricchezza demografica. Nelle pagine del Lorenzetti si legge una anticipazione di infrastrutture in progetto: futuri tracciati ferroviari avrebbero superato i valichi alpini e penetrato il cuore del continente europeo. A poco meno di un secolo di distanza la questione delle interconnessioni tra la terraferma mestrina con lontane aree economiche si ripropone su scala più ampia: la Comunità Europea sta definendo la realizzazione del "corridoio cinque", cioè l'asse ferroviario che metterà in rapida comunicazione Kiev-Lione attraversando Budapest, Lubiana, Trieste e Mestre-Venezia per poi proseguire nella pianura padana verso la Francia. L'investimento di ingenti risorse pubbliche era negli anni Venti per la Venezia insulare che, grazie ai mezzi offerti dal progresso, avrebbe riacquistato il suo ruolo di florido emporio, crocevia di comunicazioni marittime e terrestri, com'era al tempo della Serenissima, conservando intatto il suo "incomparabile" patrimonio artistico. Creare "una nuova città del lavoro", da mettere di fronte all'antica, partire dal margine lagunare per poi dilagare verso l'interno, dove si trovavano aree vastissime da bonificare, interrare, colonizzare. E dove era acqua ferma di palude e di barena, la frazione malsana dei Bottenighi, edificare una città giardino, Marghera, per dare case nuove, salubri, economiche a quanti sarebbero stati espulsi da Venezia a causa del continuo sviluppo demografico. Il numero era allora stimato intorno alle 30mila persone.
Nell'edizione del 1956 la sezione relativa alla terraferma veneziana porta il titolo Mestre e comprende il centro industriale, il quartiere urbano di Marghera, il porto di Venezia insulare, la zona portuale di Marghera e le prospettive di sviluppo. La parte del territorio in rapida trasformazione e modernizzazione. Si segnano i confini: tra Venezia e la terraferma sono i pilastri ornati coi leoni marciani del ponte automobilistico, costruito nel 1933. Tra Mestre e Marghera quartiere urbano è il cavalcaferrovia di Mestre. Il cavalcavia di San Giuliano connette e divide l'area veneziana da Treviso e Trieste. Questo percorso ideale ha come punto di partenza piazzale Roma. Di Mestre si dice che fa parte del comune di Venezia dal 1926, ha una storia che viene raccontata brevemente (origini romane, nel medioevo fu dominata dagli Ezzelini e dagli Scaligeri, fu poi territorio della Repubblica Veneta fino alla caduta), ma di questa storia, si sottolinea, ha conservato pochissime tracce concentrate nel centro della città: la Torre dell'Orologio, la chiesa di San Lorenzo e la scuoletta dei Battuti. Mestre è ancora nodo ferroviario di grande importanza, è regina nei trasporti, sia di lunga che di breve distanza: è punto di confluenza di linee ferroviarie nazionali e internazionali, trasporti filoviari la collegano coi dintorni. Si passa a Marghera, dove si mescolano zona industriale, quartiere urbano e nuovo porto commerciale. Fabbriche, strade, binari, rotatorie, condomini, canali e banchine portuali rappresentano la visibile e concreta soluzione ai problemi di Venezia che sono qui elencati: a) dare opportunità di lavoro "all'esuberante popolazione" veneziana; b) aprire nuove possibilità alle categorie industriali; c) salvaguardare il patrimonio artistico; d) collocare in periferia aree edificabili per industrie e abitazioni senza limiti territoriali. Lavoro e case ai disoccupati e agli sfrattati di Venezia. Incastro perfetto di soluzioni ingegnose, cassa di risonanza per le classi dirigenti veneziane. Artefici celebrati di questa nuova organizzazione territoriale e produttiva sono il capitano Luciano Petit, il quale aveva voluto il porto già nel 1903, e il conte Volpi, il "grande realizzatore", responsabile della triplice iniziativa di porto, industrie, quartiere urbano. I problemi appartengono al passato, il presente dimostra che le scelte sono giuste. Lo provano il grande volume di traffico di merci sbarcate e imbarcate, i 30 mila operai e impiegati che lavorano nelle industrie e abitano la "città giardino". Il futuro prevede un ulteriore ampliamento verso sud, nelle zone barenose di Fusina per altri 3000 ettari di bonifica: la terza zona industriale.
2. Nel 1963 viene edito un libretto che porta il titolo Guida di Mestre, Marghera, Favaro Vto, Chirignago, Zelarino commissionato dall'agenzia "La Segretaria". L’agenzia si occupa di rinnovo patenti, caccia, pesca, passaporti, compravendita e affitto di immobili. Non è una guida turistica, è uno stradario suddiviso per lettere d'alfabeto, all'interno ci sono delle pagine pubblicitarie, alla fine i dati relativi alla popolazione della terraferma secondo il censimento del 1961 (158.355 ab.). Non c'è introduzione che chiarisca il motivo della pubblicazione, anche se possiamo indovinare il senso di disorientamento e spaesamento che colpiva sia i vecchi che i nuovi abitanti davanti alla rapida crescita demografica e abitativa di Mestre. Di ogni strada, piazza o via si indicano l'inizio, la fine, l'incrocio con altre strade, qualche elemento caratterizzante come trattoria, capitello, canale, stabilimento, la località, la filovia o l'autobus che la percorreva. Il tutto è preceduto da "brevi cenni storici di Mestre". Le origini di Mestre risalgono a tempi assai remoti, perciò la sua posizione non venne a definirsi per caso. Il succedersi degli avvenimenti nel passare del tempo ha trasformato la sua importanza, senza però modificarne la fisionomia essenziale di nodo stradale di grande importanza. […] in essa convergevano le più importanti vie di comunicazione: la Flaminia che conduceva a Roma, la Claudia Augusta a Trento, la Postumia, la Flavia e molte altre importanti arterie rivolte alle lontane province romane. Quindi Mestre, destinata a questa funzione fin dal tempo dell'impero romano, è nodo stradale, non più ferroviario, di grande importanza, luogo di transito e di sosta per merci e persone. La nuova immagine si definisce negli anni in cui si dotava l'Italia di autostrade e si ponevano le basi per lo sviluppo ipertrofico, tenendo bassi i prezzi di benzina e automobili, del trasporto su gomma. Si sottolinea l'importanza della città durante il dominio della Serenissima e ancora di più con gli austriaci quando, nel 1845, Mestre è una "grande Mestre" perché sede di un distretto che comprendeva sette comuni e ventitré frazioni con 16mila abitanti.
3. Nella Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Venezia e dintorni, 1969. Si definisce Mestre come: moderna città in continua espansione, frazione di Venezia e centro della terraferma, fulcro residenziale e commerciale della vicina, grande area industriale di Marghera. Emerge in questa definizione una strutturazione gerarchica e ordinata del territorio. Marghera serve a Venezia, come viene ribadito qualche riga più avanti in cui si motiva la nascita del porto e della zona industriale, come Mestre a Marghera. La città cresce nella sua importanza: il racconto della sua storia si amplia considerevolmente e si incrementa il numero degli edifici storici degni di nota. Di Porto Marghera si sottolinea la sua estensione, più di 20 milioni di metri quadrati, certamente si vuole stupire e meravigliare, anch'io che leggo rimango stupita. Penso alle migliaia e migliaia di persone che si muovono quotidianamente nei percorsi urbani contigui e limitrofi alla zona industriale e non ne percepiscono la grandezza. È uno spazio sottratto all'immagine mentale che gli abitanti hanno della città, è uno spazio militarizzato.
4. Nella Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Venezia, 1985, l'itinerario descrittivo parte ancora da Venezia, piazzale Roma, e prosegue, attraverso il ponte della Libertà, verso la terraferma, arricchendosi di simboli e di storia recente: Il moderno diventa modernariato. Dal ponte invitano a godere la visione di Porto Marghera, del quale distinguono elementi vistosi del paesaggio industriale che si affaccia sul margine lagunare: la centrale termoelettrica di Fusina, una sorta di altissimo campanile, il grande arco che cavalca il canale navigabile. C'è posto anche per una breve digressione sul più grande intervento di edilizia pubblica a Mestre, che comportò un altro esodo dei veneziani, nel secondo dopoguerra: villaggio San Marco costruito per "ospitare" (deportare) 10 mila persone. Di Mestre si scrive che è: un insediamento di antica origine pesantemente snaturato nella sua struttura urbana dall'espansione di questo secolo che, a ritmi incalzanti dagli anni venti agli anni settanta, ne ha accompagnato la crescente funzione di bacino residenziale e commerciale di Venezia. Per la prima volta ci si interroga sull'origine del toponimo Mestre. Si conclude che è oscuro ma di probabile origine paleoveneta. Nella guida di Mestre voluta dall'amministrazione comunale nel 1999 si fa risalire il toponimo al nome gentilizio romano Mester, Mestrius. Non si esclude il legame col leggendario principe anatolico alleato dei troiani, Mesthle, sbarcato sulle coste venete come Antenore, il fondatore di Padova, città che da tempo ambisce a sottrarre il capoluogo di regione a Venezia. C'è molto di storia cittadina, si parte dai romani e si arriva fino agli anni cinquanta del Novecento. C'è piazza Ferretto ma anche piazza Barche (XXVII ottobre), le città virtuali: Mestre medievale, Mestre luogo di villeggiatura nel Sei-Settecento con le ville dei patrizi veneziani, l'Ottocento e gli edifici Liberty, il Novecento con Marghera quartiere urbano. Uno dei luoghi più ignorati di questo comune, sorta di presenza ostile enucleata dal resto della città, a cui si rapporta con le sue strutture formalmente dirompenti. È proprio in queste, estrema espressione della cultura industriale, risiede il fascino dell'insediamento, dove darsene, canali e imponenti impianti si integrano dando vita a un ambiente unico la cui visita non è certo priva di interesse. È una sorta di requiem per il centro produttivo di Porto Marghera, siamo al fascino dell'archeologia industriale. Dopo l'aumento del costo dei prodotti petroliferi, il problema negli anni Settanta e Ottanta è la riconversione produttiva e l'ammodernamento tecnologico degli impianti e la drastica contrazione del numero dei lavoratori. L'ideologia che sostenne la nascita e la creazione del porto commerciale e delle grandi industrie continua ad essere propagandata, pur con qualche blanda critica al capitale veneziano. Si scrive: "La concezione del tutto originale che fu alla base della nascita di Porto Marghera derivò dai falliti tentativi ottocenteschi di risolvere l'estenuante crisi economica di Venezia dal suo interno. Falliti per la scarsa inclinazione del capitale locale ad affrontare i rischi connessi a investimenti non tradizionali sia perché la stessa cultura locale, vigile nei confronti dei valori storico-ambientali condusse una agguerrita opposizione verso ogni innovazione; un'altra serie di ostacoli, difficilmente superabili erano sul piano dell'efficienza e dei costi. […] La carta del rilancio economico di Venezia andava giocata in terraferma, si fece strada l'idea che si dovesse puntare su un insediamento di tipo rivoluzionario il porto industriale. […] nacque così il primo esempio al mondo di porto industriale: il successo fu subito enorme e le conseguenze sul territorio veneziano di grande rilievo".
Le conseguenze furono lo sconvolgimento dei tradizionali assetti e rapporti gerarchici tra le parti della terraferma veneziana: l'annessione dei cinque comuni nel 1923-1926, la costruzione del ponte automobilistico, la nascita del quartiere urbano di Marghera, l'accentramento territoriale e amministrativo.
La storia di Porto Marghera è precisa e dettagliata, si individuano quattro fasi di sviluppo: 1920-40, 1945-63, 1963 fino alla crisi petrolifera 1974, 1975-85. Viene trattata anche una parte dei problemi ambientali, solo quelli che riguardano Venezia, l'acqua alta. Si ricorda la grande campagna di stampa nazionale e internazionale seguita all'alluvione del 1966 che bloccò i lavori di costruzione della terza zona industriale.
5. In viaggio…comune di Venezia Mestre è una guida di Mestre senza Venezia. Voluta dal comune, è prevista principalmente per un uso interno, è cioè rivolta agli abitanti di Mestre. Dentro c'è la storia di Mestre e dei suoi "borghi", come vengono chiamati, Carpenedo, Chirignago, Zelarino, Favaro, Marghera, più le informazioni amministrative (numeri utili), culturali (musica dal vivo, gallerie d'arte, cinema e teatri) e commerciali (ristoranti, discoteche), le pagine pubblicitarie. L'immagine scelta per la copertina è piazza Ferretto, nelle prime pagine le foto degli edifici simbolo del centro di Mestre: il palazzo dei Provveditori, viale Garibaldi come boulvard alberato, il municipio, la chiesa di San Martino, la torre dell'Orologio, l'Excelsior, la galleria Matteotti. Manca San Lorenzo. Il testo è curato dal prof. Giancarlo Tronchin ed è l’esito di una ricerca sul territorio con gli studenti del Turistico di Mestre. Di Mestre si dice che è "una conurbazione le cui periferie si confondono con i comuni limitrofi (Riviera, Miranese, la Castellana, il Terraglio, la Triestina). […] è il nodo, il crocevia tra i flussi di traffico che vengono da sud […] e vengono ridistribuiti verso est, ovest, nord e verso nord-est. […] Oggi chi arriva all'aeroporto di Tessera, specialmente nelle ore notturne, ha l'impressione di trovarsi di fonte a una metropoli: le luci della strada e dei relativi abitati la fanno assomigliare a una gigantesca struttura tentacolare".
Questa conurbazione, metropoli dalla struttura "tentacolare", sembra all'autore che sia poco amata dai suoi abitanti, definiti immigrati di prima o seconda generazione, perché questi sarebbero ancora legati ai centri di origine quali la laguna e le aree agricole circostanti e perché il tessuto urbano è stato devastato da geometri, architetti, costruttori, committenti pubblici e privati tra gli anni '50-80 sotto l'occhio distratto o complice di chi avrebbe dovuto programmare e controllare. Solo di recente si sarebbe risvegliata l'attenzione per questa città da parte dei cittadini e dei suoi amministratori. E quindi i segnali che testimoniano la nuova attenzione degli amministratori: la nuova-antica piazza Ferretto, la nuova-medievale via Palazzo, il parco di San Giuliano (definito dal sindaco Costa, nel giorno dell'inaugurazione, il più grande d'Europa), la rinascita del bosco di Mestre, il polo tecnologico di Marghera. La visita al centro storico diventata un viaggio attraverso i secoli, il punto di partenza è il municipio di Mestre. Segue l'analisi meticolosa di tutti i segni reali e virtuali che attestano la sua lunga e antica storia urbana e le sue molteplici funzioni, cercando di ribaltare l'identità di città solo moderna che le era stata attribuita nei primi decenni del secolo. Nell'epilogo si accenna agli eventi e alle manifestazioni, alcune sono di origine antica come la fiera di San Michele, altre, a sfondo storico, sono recenti come il Palio dei Borghi e la Sortita. In chiusura la guida afferma la propria funzione propedeutica: "Questa città come già si è detto ha molte più risorse ed attrattive di quanto i suoi cittadini non credano. Sta un po' anche a loro e a Voi che leggete lo scoprirle".
Quale sguardo la città rivolge su di sé a cavallo del nuovo millennio? Quello di una autorappresentazione compiaciuta, un centro diffuso che diventa luogo pregno, denso di memorie, è la città innamorata di se stessa. Mestre ora comincia a pensare in grande, si candida "capitale" dei futuri assetti territoriali nella nuova gerarchia tra i centri che si andrebbero a disegnare con la realizzazione dell'area metropolitana. Il suo entroterra potrebbe estendersi fino alle contigue periferie industriali di Padova e Treviso, avrebbe lo sbocco sul mare che le altre città non hanno. I porti di Mestre sarebbero la Marittima per i passeggeri nella Venezia insulare, per le merci Porto Marghera. Mancano ormai solo i cittadini celebri e lo sguardo degli scrittori per gettare via e far dimenticare il corpo informe di città Golem che ancora la imprigiona, evocata e creata ottant'anni fa dai "rabbini sapienti" per obbedire agli ordini e svolgere i lavori sporchi e faticosi, inadatti a mani aristocratiche.
Lo sguardo degli scrittori
A dire il vero si è già tentato con lo sguardo degli scrittori. Forse mancano solo gli uomini celebri.
Nel libro del 1991 La terraferma veneziana Mestre, la Riviera del Brenta, la Miranese, la Noalese, la Castellana, il Terraglio, l'Altinate c'è il capitoletto "Mestre nella letteratura" dove coraggiosamente si imbastiscono una serie di testi letterari in cui Mestre viene citata. Questi sono: La cameriera brillante di Carlo Goldoni, Storia della mia fuga dai Piombi di Giacomo Casanova. Hemingway, in Addio alle armi, cita la città per un bordello che era in villa Rosa frequentato dagli ufficiali alleati. Carlo Emilio Gadda fa riferimento a Mestre come importante centro delle retrovie nella prima guerra mondiale nel suo Diario di guerra e di prigionia. Giuseppe Berto nel Male oscuro racconta l'incontro con una ragazza in via Piave. Nantas Salvalaggio ambienta le prime pagine di Fuga da Venezia nella caserma Matter. Gianfranco Bettin racconta l'esodo dei veneziani verso la terraferma mestrina nel suo romanzo Qualcosa che brucia.
Viene da chiedersi se la letteratura di Mestre sia la cronaca dei quotidiani, la sola capace di raccontare la città, o se oggi i luoghi, le sue piazze, i suoi quartieri potrebbero candidarsi come soggetti di una narrazione letteraria. Oppure, cosa manca ancora?
Zianigo di Mirano, gennaio 2006