di Claudio Pedron
Due mascherine in lino verde-grigio (ma stoffa e colore ormai sono consunti), cucite a mano, con quattro laccetti dello stesso colore.
Le ho trovate in fondo a un cassetto di una cassettiera in cantina, che non avrei mai aperto se non ci fosse stato il lockdown. La cantina in questione si trova a Battaglia Terme, in provincia di Padova: sono tre stanze in cui son stati raccolti 100 anni di oggetti appartenuti ai miei bisnonni, ai miei nonni – compresi i rami venuti da fuori per via di matrimonio – e ai nostri vicini. Le cose dei miei genitori sono invece ancora al piano superiore.
Ho passato il lockdown nella loro casa perché ai primi di febbraio ho dovuto lasciare Firenze, dove vivo e lavoro, perché mio padre era finito in ospedale e aveva bisogno di assistenza. Il 22 febbraio sono rimasto bloccato lì.
Quando mi son reso conto che non potevo più uscire da casa dei miei, la cantina, all’inizio, mi è sembrata un «bene rifugio». Potevo immergermi nei ricordi più lontani della storia della mia famiglia, attraverso migliaia di oggetti, libri, bottiglie, vestiti. Un modo per sfuggire alle paure più profonde che arrivavano dall’esterno e all’impossibilità di riprendere mio padre, rimasto in quarantena in ospedale.
Ho cominciato a dividere gli oggetti per importanza, partendo dal centro della stanza e procedendo a spirale verso l’esterno, così da poter camminarci in mezzo e cambiarli di posto riassegnando nuovi valori d’importanza. Al ritorno di mio padre avevo fatto un po’ di pulizia e di spazio ed ero riuscito ad avvicinarmi alla cassettiera in questione.
Era quella di mia nonna materna, Anna Maria Ceresoli, nata nel 1899 a Battaglia e morta a 100 anni nel 1999. Piccola di statura, doveva a questo e al suo nome, il soprannome di “Nana”. Era figlia di un falegname e di una ostessa che a loro volta erano nati qui, perché i loro padri lavoravano nel famoso, adesso, castello del Catajo, come capomastro e giardiniere.
Mia nonna mi raccontava che aveva imparato il mestiere di sarta da una signora che lavorava, come decine di altre donne in paese, per Carlotta Ciprian la quale dopo aver fatto la merlettaia per qualche anno per la ditta Jesurum di Venezia, aveva aperto una propria ditta. Così mia nonna, che era arrivata appena alla terza elementare, sapeva usare ago, filo, forbici e macchina da cucire – tutte cose che ritrovo in cantina. Sapeva fare cappelli, guanti, sciarpe, fazzoletti, merletti – tutti oggetti presenti nella cassettiera. Spostando questo mucchio di roba, ho trovato in un angolo un fagottino, che stavo per lanciare nella raccolta differenziata del secco. Non so per quale motivo, forse perché amo il lino, forse perché in casa nostra prima di buttare qualcosa bisogna indagare, valutare e decidere con accortezza, ma mi sono fermato per aprire l’involto. Ed ecco i due ragni di lino che vedete nella foto.
Me ne sono messo subito uno sul viso, finendo per tossire tutta la sera. Ho portato i due pezzi di stoffa al piano di sopra e li ho lavati. Mia nonna diceva sempre che tutto tornava utile, che tutto poteva essere riusato e che le cose, belle o brutte, si ripetevano. Se apriva un rubinetto di sicuro lo scarico era tappato, se trovava un filo di sicuro aveva un gomitolo dove avvolgerlo, e per un bottone spaiato c’era la scatola dei bottoni. Tutto poteva esser ricucito. E a quanto pare anche la mia storia si stava ricucendo con quella di mia nonna. Me la vedo nel 1918, a 19 anni, mentre cuce le mascherine per tutta la famiglia, all’arrivo della “Spagnola”. Un paio per ogni persona. L’aveva già fatto per Caporetto, quando aveva cucito, per tutti, dei sacchettini per documenti e soldi da tenere nella biancheria intima in caso di fuga. E la posso rivedere, al cessato allarme per l’epidemia, che ripone le mascherine, legate tra loro, all’interno della cassettiera, in un angolo perché: “No se sa mai…”.
Cristina salvan dice
Ciao Claudio,
mi ha fatto molto piacere trovare questo tuo racconto.
Carlotta Ciprian era la mia bisnonna! Ho letto il tuo scritto a mia mamma, ora 92 enne, che ricorda bene la tua nonna!
Un caro saluto!
Cristina Salvan
Maurizio dice
Complimenti bellissimo racconto che apre panorami di storie intime e pubbliche, quanto mai attuali
Renato Vecchiato dice
Una bella condivisione di micro storia familiare. GRAZIE
mauro pitteri dice
Mia nonna materna, Donata De Filippis di Vasto, anche lei classe 1899, ha avuto la spagnola. Me lo raccontava spesso dicendo che stava per morire ma che si era votata a padre Pio e che lui l'ha salvata. Mio nonno ragazzo del '99 stava terminando il servizio militare come aviere a guardia dei dirigibili a Verona. Chissà se avranno usato le mascherine anche loro.
Cristina Memo dice
no dai… ma quanto bello e interessante è questo ritrovamento?????