di Maria Giovanna Lazzarin
Un resoconto dell’uscita del 17 ottobre 2009, organizzata nell’ambito dell’iniziativa Acque alte a Mestre e dintorni. Segnaliamo che sul sito di Pianeta Oggi Tv si possono vedere alcune video-interviste realizzate nella stessa occasione da Massimo Bonella.
Sabato 17 ottobre è una bella giornata. In piazza Pastrello a Favaro si ritrova una trentina di persone in bici: soci di storiAmestre, iscritti ai comitati allagati, famiglie con bambini, appassionati di uscite in bicicletta, consiglieri della municipalità di Favaro. Ci sono anche Alessandro Pattaro, un giovane ingegnere che si occupa di impatto ambientale e vuole fondare un Comitato di Liberazione Nazionale dei Corsi d’Acqua e Massimo Bonella, direttore di Pianeta Oggi Tv, che segue da vicino i comitati attraverso la sua rete.
Andiamo subito in via Monte Mesola, che non ha nulla del nome. In fondo alla strada c’è un centro di raccolta della “acque di prima pioggia” della Vesta, l’azienda d’“igiene ambientale” e altri servizi che serve le zone di Venezia, Riviera del Brenta-Miranese, Chioggia e Mogliano Veneto. Queste acque – come ci spiega Pino Sartori, dell’associazione La Salsola – sono quelle che cadono nei primi cinque minuti di pioggia e raccolgono tutto lo sporco delle strade: fumi di scarico, grassi, residui di pneumatici. Davanti a noi si vede, da sinistra: una spianata tonda di cemento, una specie di vasca quadrata recintata, una costruzione che somiglia a una chiusa e a destra un edificio rossastro. Sotto questo paesaggio di cemento, invisibili, possono starci sette piani di acque. L’impianto serve a depurare dall’inquinamento e a rallentare il deflusso delle acque in caso di forte pioggia.
Fabrizio Zabeo, del Comitato allagati Favaro, aggiunge che queste acque vengono poi buttate con delle pompe nella Fossa Pagana che sta subito dietro. All’inizio c’era una sola pompa, poi la Vesta ne ha aggiunte altre due, perché con le nuove edificazioni arrivava sempre più acqua. Ed è arrivato il primo guaio.
Torniamo indietro, imbocchiamo via Gobbi, poi sulla sinistra via Domenico Savio e alla fine ci troviamo all’incrocio tra il Collettore acque alte e la Fossa Pagana; questa zona, che sembra di campagna, già nel settembre 2006 era completamente invasa dall’acqua.
Fabrizio Zabeo ci mostra le foto dell’allagamento e ci fa capire di che guaio parlava: le tre pompe della Vesta, di cui sopra, buttavano più acqua (in metri cubi al secondo) nella Fossa Pagana, ma nel punto dove siamo adesso i tubi per portare la Pagana oltre il collettore acque alte erano rimasti gli stessi e non erano in grado di sopportare quel volume d’acqua. Semplicemente Vesta e Consorzio Dese-Sile non si erano parlati sui lavori.
L’acqua non riuscendo a defluire ha allagato tutta la zona circostante. Negli ultimi due anni è stato aggiunto un tubo di dimensioni più grandi sia in questo punto, come ci mostra Fabrizio, sia dove ci fermiamo poco più avanti, quando la Pagana sottopassa il collettore di Favaro. Il Comitato di Favaro, fotografando la situazione dell’allagamento quando era in atto, ha permesso di capire il problema e poi di affrontarlo.
All’incrocio con il collettore acque alte, la Fossa Pagana è ancora cementificata, come si faceva negli anni Settanta.
Dopo aver sottopassato il collettore di Favaro, la si vede nuovamente naturale, dopo i lavori del 2004. Tutto intorno campi appena ripuliti dal granturco, le case popolari della via Triestina si vedono in lontananza ma qui ci si sente parte della natura: passa un martin pescatore e una garzetta vola tranquilla.
Pino Sartori ci porta a vedere le fragmiti (le canne) piantate lungo la fossa per la fitodepurazione, ci spiega che le loro radici trattengono l’azoto e depurano le acque, creando anche un bel paesaggio.
Un signore ricorda che quando era piccolo a settembre andava a raccogliere le canne per fare scope di saggina e questo permetteva loro di far entrare un po’ di soldi in casa. Mi chiedo cosa rimarrà di questo posto quando costruiranno qui vicino la via Vallenari “bis” con gli insediamenti previsti.
Proseguiamo ed entriamo, col permesso dei proprietari, nella fattoria dei Sorato. Fabrizio Zabeo vuole mostrarci qualcosa. Ci lasciamo alle spalle la fattoria e arriviamo in un punto dove nuovamente la Fossa Pagana entra in un tubo, Fabrizio ci fa notare lo slargo che c’è oltre il ponte sotto cui passa il tubo e ci dice che quella dovrebbe essere una vasca di laminazione naturale per raccogliere le acque e farle defluire pian piano. Questa vasca era prevista, ma nel 2006 non era stata ancora fatta, e solo ora, dopo i disastri, è pronta.
Ma non basta, bisogna sempre stare attenti a quello che succede e cercare di capire prima le conseguenze di quel che si fa. Le fragmiti fanno la loro funzione, ma ogni tanto bisogna anche tagliarle (come un tempo facevano i contadini per le scope) altrimenti succede come è successo a settembre 2009, quando le canne, nel posto dove ci troviamo ora, sono diventate un muro e hanno impedito alle acque di entrare nel tubo e defluire, allagando così le case intorno. Se ne sono accorti i Sorato, che hanno tagliato il grosso delle canne, ma hanno dovuto venire col camion per portarle via.
“Va bene la fitodepurazione – dice Zabeo –, ma ci vuole anche la manutenzione!”.
Ritorniamo dai Sorato alle 17. Alcuni devono tornare indietro, gli altri proseguono fino all’idrovora di Campalto. La Fossa Pagana si va a buttare lì. Dal ponte su cui ci troviamo si vede da una parte l’idrovora e il suo bacino per metà fangoso, dall’altra la Pagana stretta nel cemento e puzzolente.
Fabrizio Zabeo ci spiega che il bacino dell’idrovora nel 2006 era pieno di fango fin dove si vede ancora il segno più scuro sulla facciata dell’edificio, per cui l’acqua che doveva entrare nel bacino non arrivava perché il bacino era o al suo livello o più alto; sicché le pompe non sono entrate in funzione per mancanza d’acqua, l’acqua era ferma a Favaro!
Perché non hanno tolto i fanghi prima? Perché, essendo inquinati, non sapevano dove metterli. Ora gli hanno trovato un posto nell’ex depuratore che sta lì vicino.
Ci guardiamo intorno e dovunque posiamo lo sguardo vorremmo essere altrove, ma guardando giù dal ponte, dove Fa fossa Pagana lo sottopassa, vediamo movimento nelle acque: sono carpe, tante, una grandissima, sembra un siluro, chissà che età ha.
Mestre, 24 ottobre 2009