di Giorgio Sarto
Per contribuire alla discussione sulle trasformazioni in corso nell’area attorno alla stazione ferroviaria di Mestre e sulle conseguenze che potranno portare alla viabilità e più in generale alla vita degli abitanti, riprendiamo a distanza di qualche anno un intervento di Giorgio Sarto relativo al complesso della ex Lavanderia militare di via Piave. L’articolo, che illustra anche un progetto di recupero dell’area risalente a circa vent’anni fa (e cominciato dieci anni prima), elaborato nell’ambito dei corsi sperimentali dell’istituto tecnico Massari di Mestre, presso il quale Sarto insegnava, non sembra aver perso la sua attualità. Il testo è apparso per la prima volta in Le voci di via Piave. Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave nel 2012.
Il quartiere Piave è significativo della storia urbana di Mestre, specificamente di quella novecentesca: la lunghissima sequenza delle case dei ferrovieri con i loro originari 643 alloggi ha tracciato a partire dal 1910 la crescita della città tra il centro storico e la stazione, espansione rafforzata dagli importanti interventi dell’IACP al Piraghetto dopo l’apertura negli anni Venti di via Piave, lungo la quale le costruzioni porticate dell’impresario Domenico Toniolo sono oggi tutelate dalla Soprintendenza. Vi sono altri ambiti di valore come i residui villini e palazzine, la chiesa, la piazzetta San Francesco e gli edifici di pregio limitrofi, l’ex asilo Vittoria ora complesso scolastico (ovvero l’Istituto canossiano), l’ex garage Touring ove l’eclettismo coesiste con il liberty, e pure la villa di impostazione razionalista che resta delle due che c’erano su via Piave, essendo l’altra stata sostituita da un recente invasivo condominio.
L’ex Lavanderia meccanica militare è patrimonio storico e architettonico importante in questo contesto ed è insieme ambito strategico per una radicale riqualificazione urbana che contrasti – assieme alle azioni su altri fronti – i gravi processi di degrado in corso.
Fig. 1. L’ex Lavanderia, veduta da via Piave
Fig. 2. Il complesso dell’ex Lavanderia, veduta aerea, da nord
L’altro ambito irrinunciabile – che qui si può solo accennare e che ha una rilevanza anche su scala metropolitana – per una nuova qualità e vitalità del quartiere e dell’intera città è quello della stazione: il più importante nodo ferroviario del nord est – come tale concepito fin dal 1908 e poi sempre più sviluppato – non ha una stazione degna di questo ruolo, nonostante vi siano stati nel corso dell’ultimo mezzo secolo piani e progetti in merito. L’ultima occasione persa è stato il progetto di Renzo Piano del 1993 che univa Mestre e Marghera con una “stazione a ponte” sopra i binari.
Oggi la questione viene riproposta, ma in un contesto di spazi compromessi e di debolezza del Comune che, anche a fronte dei molti ed eterogenei progetti che gravitano sulla stazione e che comportano investimenti di centinaia di milioni di euro, non ha svolto per tempo il suo ruolo di programmazione e coordinamento per l’interesse pubblico, al fine di rendere la stazione e il vasto ambito tra ferrovia e insediamento urbano uno dei luoghi più qualificati della città.
Fig. 3. Il frontone con la scritta sopra l’ingresso nord della ex Lavanderia
Una testimonianza storica e un complesso di valore
“Istituiti in Mestre, appena scoppiata la guerra, vari Ospedali di riserva per la complessiva capacità di oltre 1500 letti, allo scopo di evitare che la lavatura a mano degli indumenti dei militari, che qui affluiscono dal fronte, potesse cagionare lo sviluppo di malattie epidemiche, le Autorità militari della Piazza proposero, ed il Ministero approvò, che fosse costruita in Mestre una lavanderia a vapore”.
Così inizia la relazione1 del Comando del Genio della Fortezza di Venezia sulla realizzazione nel 1916 e in soli sei mesi della “Lavanderia meccanica militare”.
Nonostante i rapidissimi tempi dell’edificazione, il complesso (composto a ovest dallo stabilimento principale e dai suoi connessi – come la bella ciminiera alta 30 metri ora demolita e il piccolo ma prezioso edificio con portico sul lato occidentale – e a est da altri edifici costruiti dopo il 1916 per altri servizi militari) fu progettato e realizzato con i più avanzati criteri funzionali e tecnici di allora e con cura e perizia architettonica, per cui costituisce una testimonianza significativa della Prima guerra mondiale e di archeologia industriale che appartiene alla storia di Mestre come patrimonio collettivo da reimpiegare per la riqualificazione di un quartiere con forti connotati di degrado, e più in generale della città.
Mestre era stata già scelta dal Regno d’Italia, dopo la costituzione nel 1905 delle Ferrovie dello Stato, come principale nodo ferroviario del nord est e – prima ancora del piano di potenziamento ferroviario – come rilevante sede militare che vede agli inizi del Novecento il completamento del campo trincerato e la costruzione delle caserme di via Miranese e di viale Garibaldi.
La città viene investita pesantemente dalla Prima guerra mondiale come retrovia del fronte: la stazione è struttura cruciale per movimento di soldati e rifornimenti; oltre all’ospedale Umberto I vengono predisposti anche con requisizioni di edifici molti altri posti letto; oltre alla Lavanderia meccanica viene costruito in via Ca’ Marcello il grande Panificio militare, con oltre 60 forni e raccordato alla ferrovia, che verrà demolito nel 1933.
Dopo la ritirata di Caporetto del 1917, Mestre diventa ancor più un vasto sistema di ospedali (anche i tetti delle due caserme vengono contrassegnati da grandi croci bianche, come risulta da una straordinaria foto ripresa da dirigibile), ove vengono curati o muoiono soldati di ogni parte d’Italia e viene saturata la capacità della Lavanderia di sterilizzare, lavare e asciugare 50 quintali di tessuti in 10 ore, equivalenti alla biancheria di 4500 degenti.
Il nucleo principale del 1916 comprendeva un lotto di 5000 mq, mentre con i successivi ampliamenti il complesso è arrivato a occupare 15.400 mq.
Questo compendio fu tagliato in due dalla costruzione di via Piave negli anni Venti e i due lotti ai lati della nuova strada furono delimitati dal muro di cinta visibile anche oggi.
La parte a ovest della via misura circa 7000 mq, è oggi sottoutilizzata essendo adibita dalla Guardia di Finanza a parcheggio e deposito ed è quella che più interessa per una rivitalizzazione urbana di via Piave e del quartiere.
L’edificio principale di quest’area è appunto la ex lavanderia, “maestosa quanto semplice”, con pareti in mattoni a vista e composta da un corpo centrale e da due corpi laterali rialzati di un piano; all’interno vi sono al piano terra grandi ambienti a doppia altezza, molto illuminati dalle ampie finestre, con pareti trattate all’origine a marmorino e coperti da una bella struttura con capriate e travi a vista di larice che sostengono il tetto a padiglione magistralmente articolato.
Fig. 4. Particolare tra due finestre con la cura dei mattoni a vista e delle inferriate
Fig. 5. Particolare di finestra sopra una porta verso via Piave
I due più grandi spazi al piano terra sono divisi da un muro, perché il ciclo di lavorazione garantiva la completa separazione dei tessuti sporchi in entrata da quelli puliti in uscita: essi venivano sterilizzati a 100 gradi in tre macchine lisciviatrici, lavati in tre lavatrici meccaniche, passando poi a tre centrifughe e infine al locale dell’asciugatoio artificiale. Il modernissimo sistema (negli anni Ottanta, quando abbiamo effettuato il rilievo edilizio con i corsi sperimentali del “Massari”, c’era ancora una delle macchine del 1916) era alimentato da caldaie a vapore ma poteva funzionare anche elettricamente in modo da garantire la continuità della produzione in qualsiasi evenienza.
Rilievo edilizio e da oltre vent’anni proposte di recupero
L’intero complesso dell’ex Lavanderia è stato oggetto di un rilievo architettonico e di un progetto di recupero da parte del Triennio sperimentale a indirizzo edile e territoriale dell’Istituto “Giorgio Massari” dal 1988 al 1990, nell’ambito di un progetto didattico iniziato alla fine degli anni Settanta e durato quindici anni che ha dimostrato l’utilità di un operoso e competente rapporto tra scuola e territorio, producendo ricerche e oltre un centinaio di rilievi e progetti di edifici o di interi complessi storici da recuperare per la riqualificazione della città. Alcune di queste proposte sono state occasioni perdute – come la concentrazione degli uffici comunali di terraferma nell’area della ex caserma di via Miranese quando essa era con buona probabilità acquisibile – oppure sono poi diventate realtà o sono ancora di attualità: basti pensare a Forte Marghera e ad altri forti del campo trincerato, all’archeologia industriale sul Canal Salso, all’ex Cellina, all’ex CRAL Agrimont, all’ex Plip di via San Donà, al recupero della barchessa e piazzetta della Gazzera, oppure in centro all’ex Provvederia, a villa Settembrini e a villa Erizzo, all’ex Convento e poi ex Distretto militare di via Poerio, al garage Touring, e appunto all’ex Lavanderia militare.
Questo complesso è stato anche oggetto in quegli anni di un concorso di idee2 a dimostrazione che l’esigenza di inserirlo nel circuito vitale urbano esiste da venticinque anni; infine è stato inserito nel 2008 tra i progetti di recupero auspicati dall’Assessorato all’Urbanistica e oggetto di una delle ultime iniziative del “Contemporaneo” prima della chiusura.
Per quel che riguarda la proposta progettuale che avevo curato con gli studenti come docente del “Massari”, essa si basava sull’apertura dell’intero complesso alla città come polo attraente per i suoi edifici e spazi di qualità e per le attività pubbliche e private inseribili. Si prevedeva il riutilizzo di carattere collettivo e culturale dell’edificio storico principale e di tutti i suoi connessi e la definizione di due diversi spazi scoperti a nord e a sud della Lavanderia.
Fig. 6. Progetto di recupero, planimetria generale. Triennio sperimentale “Massari”
A nord una piazza ampia e aperta su via Piave (nonché prolungata oltre la stessa nel caso fosse acquisito anche il compendio a est), definita dalla facciata della ex Lavanderia e da un nuovo edificio con uffici e negozi (costruito al posto dell’attuale tettoia in cemento e del capannone che in questa ipotesi verrebbero demoliti) e ampliabile sul compendio est sovrapassando via Piave. A sud della Lavanderia un secondo spazio scoperto – quello ove si stendevano i panni quando era bel tempo e che guarda verso la stazione e verso il complesso dello storico ex asilo Vittoria – configurato come “piazza verde” in parte protetta dal muro di cinta.
Fig. 7. Parte ovest del progetto. Triennio sperimentale “Massari”
La bella ciminiera abbattuta viene rievocata da una ricostruzione-scultura in mattoni della sua interessante doppia struttura di base aperta e sezionata.
La conoscenza del complesso come testimonianza storica e architettonica, la sua posizione strategica nel cuore della città, le sue ampie potenzialità di riuso per spazi e attività attraenti, hanno suscitato e oggi, a fronte di fenomeni di degrado in atto, ancor più suscitano l’esigenza e la proposta di recuperare questo insediamento di valore, nato in piena guerra, per il rinnovamento e la riqualificazione urbana.
Qualcosa di questo tipo era stato intuito dai suoi costruttori, pur in un tempo in cui sembrava impedito e impensabile ogni orizzonte che andasse oltre l’urgenza e la tragedi della guerra: “si verrà presto a creare in quella località, un importante stabilimento militare di primo ordine il quale, mentre attesterà delle vive premure che la Nazione ha avute, durante la guerra, per l’igiene e il benessere dei suoi valorosi soldati, rimarrà, dopo, opera ragguardevole di civiltà e di progresso”.
Fig. 8. Progetto di recupero della Lavanderia militare. Triennio sperimentale “Massari”
Nota. Si riprende con qualche minima modifica e l’aggiunta delle due note l’articolo di Giorgio Sarto, Ex Lavanderia meccanica militare. Un patrimonio storico per la riqualificazione urbana, “Le voci di via Piave. Notiziario del Gruppo di lavoro di via Piave”, n. 10, aprile 2012, pp. 3-7, da cui anche le figg. 2-5 (le didascalie sono state leggermente modificate). Le foto sono di Giorgio Sarto. I progetti vengono dall’archivio Sarto.
Il numero delle Voci di via Piave era interamente dediccato alla ex Lavanderia militare e ospitava anche una intervista all’architetto Gianfranco Vecchiato, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Venezia (2005-2010), e interventi di Delia Murer, Nicola Pellicani e Loris Trevisiol.
- Nel 2004 ho reperito la Relazione dattiloscritta (sulla copertina scritto a mano “Monografia Lavanderia meccanica di Guerra in Mestre” in caratteri liberty (senza data, presumibilmente 1916) all’Archivio Parrocchiale di San Lorenzo. All’Archivio del Genio militare, presso l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio (ISCAG) di Roma esiste un fascicolo a stampa con il medesimo testo. Tutte le citazioni nel presente articolo provengono da qui. [↩]
- I risultati sono stati pubblicati – assieme a sei rilievi e progetti di recupero di rilevanti complessi storici del quartiere elaborati nel Triennio Sperimentale a indirizzo edile e territoriale dell’Istituto G. Massari – in Concorso di idee urbanistiche, a cura dell’Associazione Architetti Mestre, Comune di Venezia-Consiglio di Quartiere Piave 1866-Assessorato al Decentramento, Associazione Architetti Mestre, Istituto T. S. “G. Massari”, Venezia 1990. [↩]
poci dice
Sempre bello e attuale quel progetto che abbatte MURI. Tante cose che non sapevo. Grazie Giorgio, sempre documentato e chiaro.