di Carlo Miclet
Presentiamo il testo dell’introduzione fatta da Carlo Miclet all’intervento di Lucio Sponza sulla propaganda della BBC verso l’Italia durante la seconda guerra mondiale, in occasione dello “spunti-no storico” del 12 dicembre 2013. Dove si suggerisce che su un tema “mitico” come Radio Londra, a prima vista così popolare, la storiografia (in italiano) ha prestato poca attenzione.
Quando mi è stato chiesto di presentare lo “spunti-no” di Lucio Sponza , mi sono reso conto che sapevo ben poco di propaganda di guerra, di qualsiasi colore fosse. Ho cercato quindi di fare mente locale su quanto ricordassi su Radio Londra, l’unico tema di cui tratta l’intervento di Lucio Sponza su cui ho delle nozioni. È un tema che non ho mai approfondito, ma che mi è capitato di incrociare più volte: studio, cinema, letteratura, televisione. Le prime cose che mi sono venute in mente sono i tre punti e la linea della “sigla”, spesso scambiata per la Quinta Sinfonia di Beethoven, e cose del tipo “Margherita è bionda – La mucca ha fatto il latte – Il pappagallo è rosso – Aldo dice 26×1”.
Ho rispolverato allora la prima lettura che mi è venuta in mente: un breve saggio di Gianni Isola pubblicato nel 1997 ne I luoghi della memoria curati da Mario Isnenghi (I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, Laterza, Roma-Bari 1996). Isola parla di Radio Londra come mito, definendolo come uno dei più persistenti e radicati tra quelli legati alla seconda guerra mondiale. Mito che nasce subito, già nei primi anni di trasmissione, come testimoniano le scritte “W IL COLONNELLO STEVENS” che compaiono sui muri siciliani in occasione dello sbarco dei soldati anglo-americani (che si domandavano chi fosse costui). Mi sono accorto però che Isola stesso è vittima del mito. Infatti cita la scena iniziale di Roma città aperta in cui una camionetta tedesca perlustra la città dotata di apparecchiature per individuare chi fosse in ascolto di Radio Londra. Io il film l’ho visto l’ultima volta molti anni fa e questa immagine proprio non la ricordavo. Ho rivisto il film e questa scena non c’è. C’è una camionetta che gira per la città, ma va diretta alla casa del capo partigiano per arrestarlo. Quando i tedeschi suonano alla porta si vede la padrona di casa che apre la finestra per vedere chi sia e si sente la voce del Colonnello Stevens che dice “Parla Londra”. Un escamotage narrativo per contestualizzare la situazione. Nessun radiogoniometro montato sulla camionetta. Isola cita invece correttamente il libro di Giovanni Pesce, Senza tregua. La guerra dei GAP pubblicato per la prima volta nel 1967 (cito dalla terza edizione Feltrinelli, Milano 1974, pp. 105-106):
«Radio Londra. Come ogni notte, la voce del colonnello Stevens si fa strada a fatica, tra fischi strazianti e continuo grattare. Le parole escono monche dall’apparecchio, spesso incomprensibili; ora lontanissime, ora poco più vicine, sempre confuse dalle onde disturbatrici. È così ogni sera.
Ma, all’improvviso, quella notte di maggio, pare che il colonnello sia lì accanto: di scatto la sua voce giunge chiara e indisturbata alla gente raccolta in silenzio attorno alla radio, nelle stanze buie. Istintivamente qualcuno abbassa il volume. Anche sussurrate, ora le frasi sono perfettamente comprensibili.
In quel momento a Torino quattro ombre avanzano lungo la riva destra dello Stura. Cento tedeschi, dall’alto del ponte della strada per Milano, sparano ai quattro uomini che i riflettori, manovrati con orgasmo dai genieri, inquadrano e perdono. Le ombre si dirigono verso il ponte, poiché l’unica via di salvezza sta alle spalle dei tedeschi. A pochi metri dallo sbarramento, i quattro aprono anch’essi il fuoco. La reazione improvvisa sconcerta il nemico. Si apre un piccolo varco e i quattro passano. Subito, però, alle loro spalle tornano a splendere gli occhi accecanti dei riflettori e la sparatoria riprende violenta.
Dal posto di blocco, l’allarme viene lanciato al comando tedesco di Torino che invia prontamente rinforzi.
Il combattimento ineguale sembra non finire mai. Uno dei quattro cade, e da terra continua a sparare. Poi è colpito il secondo. Al terzo e al quarto tocca poco più tardi. Tutto questo, quanti ascoltano Radio Londra, dalla voce fattasi all’improvviso così limpida in quella notte di maggio, non lo sanno.
Molti l’apprenderanno qualche anno dopo. Altri lo ignorano ancora oggi.
Quella notte, poco prima dello scontro dello Stura, un rapido susseguirsi di tremende esplosioni a trecento metri dal ponte manda in pezzi la stazione radio, abbattendo le grandi antenne da cui, per mesi e mesi erano partiti i fischi strazianti e il rauco gracchiare che aveva impedito agli italiani di intendere pienamente il quotidiano messaggio di solidarietà del colonnello Stevens».
In poche righe Pesce fa capire l’importanza di sentire una voce diversa dalla propaganda fascista e l’interesse dei gappisti (e dei partigiani in generale) di tutelarla, e riassume i tentativi fascisti di impedire le ricezioni (in questo caso con mezzi tecnici, ma anche la legislazione che vietava l’ascolto vede un forte inasprimento durante gli anni della guerra). Brani di questo tipo vanno a rinforzare la dimensione del mito.
Per cercare di allontanarmi dal mito, ho fatto una rapida e sommaria ricerca bibliografica utilizzando il catalogo del Sistema Bibliotecario Nazionale. Volevo verificare se e quando sia stato studiata Radio Londra. E mi è successa una cosa strana, che va a rafforzare ancora di più la dimensione mitica: il primo risultato per rilevanza è un libro di Giuliano Ferrara intitolato Radio Londra (Euroclub, Milano 1990). Non l’ho visto, ma credo si tratti di un libro sulla sua trasmissione televisiva iniziata su Canale 5 nel 1989 (che poi si è trasferita su Rai 1 ed è durata fino al 2012). E qui si potrebbero aprire mille ragionamenti su propaganda e informazione, ma li rimandiamo ad altra occasione.
Tornando alla ricerca bibliografica e seguendo l’ordine cronologico si trovano prima una serie di pubblicazioni in italiano ma edite in Inghilterra negli anni della guerra e alcuni opuscoli della Repubblica Sociale Italiana con schedature di “Radio Londra e C.”, un libro del 1948 di Sam Carcano Appelius contro Buonasera e poi abbiamo un buco fino agli anni Settanta, quando Claudio Pavone fa microfilmare gli archivi della BBC e li porta in Italia. Nel 1976 esce una pubblicazione del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali con l’inventario di questo materiale, curato da Maura Piccialuti Caprioli (Radio Londra 1940-1945. Inventario delle trasmissioni per l'Italia, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, 1976), che contiene un saggio introduttivo su Radio Londra, credo il primo in italiano sull’argomento. Poi un altro buco. Fino alla fine degli anni Novanta quando, oltre al citato libro di Isnenghi con il saggio di Gianni Isola, viene pubblicata un po’ di memorialistica, alcuni saggi di storia militare e qualche atto di convegno. La mia ricerca è fatta di fretta e senza prendere in mano i libri: non ho informazioni più approfondite di quelle che mi può dare una scheda bibliografica e mi sono limitato al catalogo SBN. Ma da questa ricerca sommaria, si direbbe che Radio Londra pare un argomento sul quale si dà per scontato che esista una bibliografia infinita, ma in realtà non è così. Forse è un’impressione che può essere smentita facilmente dedicando maggior tempo e cura alla ricerca bibliografica: sicuramente gli appassionati della materia potranno mettere insieme una lista molto più completa della mia.
Se si fa una ricerca su google.it inserendo “Radio Londra” si trovano oltre 250.000 risultati (questo il 10 dicembre 2013). Il primo è ovviamente Wikipedia: le informazioni sono però scarne e sommarie. Riporta la trascrizione di un testo del 1941 letto dal colonnello Stevens sulle sanzioni previste in Italia per chi ascolta Radio Londra. Mi ha fatto però scoprire che fino al 1981, tutte le sere, la BBC trasmetteva verso l’Italia L’ora di Londra. Pare che fino a quell’anno circa 100.000 italiani la ascoltassero. Non ho idea di quale sia la fonte.
Dopo Wikipedia c’è un sito di “fan” nostalgici di Guglielmo Marconi che riporta anche una registrazione in codice: “Felice non è Felice – È cessata la pioggia – La mia mamma è bionda – La mucca non dà latte – Giacomone bacia Maometto – Le scarpe mi stanno strette – Il pappagallo è rosso – L’aquila vola”.
Si apre poi una pletora di pagine facebook di locali e discoteche e pagine di “contro informazione”, una rubrica del Foglio, una pagina dell’ANPI con recensioni di un libro su Radio Londra (recensione poco chiara: non ci sono nemmeno i dati del libro ma credo che sia quello di Maura Piccialuti Caprioli, Radio Londra: 1939-1945, con prefazione-intervista di Ruggero Orlando, Laterza, Roma-Bari 1979), una canzone di Ivan Graziani e così via. Insomma, la consacrazione di Radio Londra.
Ma allora cos’era Radio Londra? Da chi era fatta? E c’era solo Radio Londra? Lucio Sponza con il suo intervento, riesce a rispondere a queste e a molte altre domande.