di Claudio Pasqual
Le stagioni in città: l’autunno, con animali domestici e animali “urbanizzati”. Gatti in casa e “gatti neri” a teatro. Iniziative politiche, verso un nuovo referendum per la separazione di Venezia e Mestre? Modi di chiedere la carità. Scritte e manifestini sui muri. Solidarietà ai carcerati. Ma si comincia con un salto all'indietro: all'estate scorsa.
Estate 2013, a mo’ di antefatto
Quest’estate, mi ero segnato che il 30 luglio è stata presentata al pubblico una nuova associazione, l’Associazione culturale “Città di Mestre”, presieduta da un avvocato mestrino. In settembre ho trovato in distribuzione un loro volantino che pubblicizzava un’iniziativa per il 27 settembre, “Mestre mia alla scoperta della città di ieri”, con proiezione di un filmato storico in municipio, stand gastronomici con “piatti della tradizione”, “proiezione architetturale foto storiche”, “costumi d’epoca”, “atmosfere poetiche” e “accompagnamento musicale” in piazzetta Coin. Quel giorno sono passato davanti al municipio e ho notato alcuni figuranti in abbigliamento di fine Ottocento. Il pieghevole ricordava anche gli scopi dell’associazione: “cercare un nuovo spirito cittadino, traendo ispirazione dall’antica Communitas Mestrensis. Perché Mestre ha bisogno di ritrovare la sua anima e il suo spirito di comunità andato perduto nel tempo con il ruolo secondario vissuto da Mestre”. Vi compaiono anche foto della città d’inizio Novecento e la nota citazione da La cameriera brillante di Carlo Goldoni (“Mestre xè deventà una Versaglies in piccolo…”).
Il pieghevole reclamizzava un’iniziativa pubblica per il 27 settembre, “Mestre mia alla scoperta della città di ieri”, con proiezione di un filmato storico in municipio, stand gastronomici con “piatti della tradizione”, “proiezione architetturale foto storiche”, “costumi d’epoca”, “atmosfere poetiche” e “accompagnamento musicale” in piazzetta Coin. Quel giorno sono passato davanti al municipio e ho notato alcuni figuranti in abbigliamento di fine Ottocento. Siamo alle solite: Novecento e modernità di Mestre negati, azzerati, dissolti, in un percorso a ritroso che dal XIX secolo arriva ai comuni medievali.
L’evento si avvale di alcune collaborazioni: il Centro Le Barche e la locale Confcommercio. Figura anche la municipalità Mestre-Carpenedo, che ha inserito “Mestre mia” nel programma di “Mestre in Centro”.
7 ottobre 2013
Negli anni, per le vie di Mestre ho visto, ma meglio sarebbe dire ascoltato, succedersi musicisti di strada di chitarra, di violino e violoncello, di flauto e di oboe, di fisarmonica, di misteriosi strumenti orientali, persino di pianoforte. Oggi in piazza è comparso un suonatore di banjo. New Orleans nella Pianura Padano-Veneta.
In un mio recente intervento pubblico, avevo fatto osservare come per qualche misteriosa ragione i writers avessero ignorato i tavoloni della recinzione del cantiere di M9 in via Brenta Vecchia, invitante pagina intonsa srotolata per decine di metri a disposizione di pennelli e bombolette spray. Neanche a farlo apposta, trascorsi pochi giorni la barriera è stata scritta e dipinta. Da qualche tempo la street art è nel mirino delle autorità, che l’accusano di vandalismo – confesso che nemmeno io apprezzo i tanti imbrattamuri autori di scritte maldestre, povere e banali. La risposta dei writers talvolta prende le strade dell’autoironia, sotto la quale traspare lo sberleffo. In via Brenta Vecchia qualcuno ha disegnato una figura umana di spalle, a grandezza naturale, il braccio sollevato a tracciare con la vernice rossa spray la frase “non si scrive sui mur…”, interrotta – l’arrivo dei tutori dell’ordine? – alla lettera finale.
9 ottobre 2013
Animali di città. I domestici e i selvatici. Riguardo ai primi, quasi scomparsi i gatti, in giro se ne vedono pochissimi (gli altri chiusi negli appartamenti?), ho l’impressione che in quest’epoca di incertezze e solitudine siano aumentati i padroni di cani, animali da compagnia. Mi pare anche di intravvedere una relazione direttamente proporzionale tra l’ormai diffusa pratica della pulizia proprietaria degli escrementi – manifestazione di senso civico – e il numero (crescente) di cartelli murali che con stili diversi, dalla metafora scatologica all’ironia all’invettiva, invitano a non scambiare vetrine e portoni per toilette canine. Sempre più abituati a padroni virtuosi, ci si aspetta ora che tutti lo diventino, e si protesta pubblicamente. Un’altra usanza discutibile, anche questa in aumento, è quella di sciogliere i cani, anche di grossa taglia, nei parchi pubblici cittadini, in mezzo a passanti, bambini e anziani.
Quanto ai selvatici, la nutria ha eletto a sua dimora le sponde del Marzenego dal palazzetto dello sport di via Olimpia al mercato ortofrutticolo di via Filiasi. In via Tasso, un piccione ha costruito il suo nido, accumulando un materasso di foglie e legnetti, nella nicchia triangolare alla sommità del pilone che sorregge un tabellone pubblicitario 6×3!
10 ottobre 2013
La gigantesca “R” di candida plastica installata in piazzetta Pellicani in occasione della tappa mestrina della “Repubblica delle idee”, organizzata dal quotidiano romano: ludi e monumentalità. Bambini giocano a rimpiattino rincorrendosi sul basamento, turisti stranieri si immortalano in fotografia sopra l’insolito manufatto, forse scambiato per un’installazione d’arte.
12 ottobre 2013
Mi consegna un volantino e mi chiede se voglio firmare per il referendum sulla separazione tra Mestre e Venezia. Rispondo che non sono d’accordo, fa eco alla mia frase come sorpreso ma non insiste anche perché io mi defilo. Esamino il foglietto di carta patinata. Il “Movimento per l’autonomia amministrativa. Mestre comune” non punta, mi sembra questa la novità, sulla contrapposizione antagonistica fra le due città, ma sull’idea di collaborazione nella separazione. Il simbolismo del volantino, ibridazione di verbale e iconico, è eloquente. “La nostra idea di Autonomia non è”, e qui si mostrano due mani strette a pugno nell’atto di fronteggiarsi, “ma”, ed ecco subito sotto due mani unite in una stretta, Mestre e Venezia, rappresentate con i rispettivi stemmi, “Valorizzate nella personalità Vincenti insieme”. L’orizzonte entro il quale collocare questa unità dei distinti è individuato nella città metropolitana, struttura politico-amministrativa rappresentata come virtuosa e garante di efficienza: “due comuni nella città Metropolitana = risparmi e migliore gestione”. Però mi sembra di distinguere nell’immagine della stretta un elemento che non si intona alla proposta: le mani si congiungono ma non serrano, il gesto manca di forza, di vigore, si avverte una sorta di ritrosia, una mancanza di calore; e poi in questo modo ci si saluta, quando ci si incontra ma anche al momento di prendere congedo. Mi colpiscono i due stemmi cittadini. Con scelta che non mi appare conciliante, per Mestre si riprende il blasone medievale, dell’epoca della dominazione trevisana, la croce bianca in campo rosso e la sigla CM (Communitas Mestrensis) – quello d’epoca veneziana ha campo blu, il leone di San Marco nel primo quadrante e la sigla MF (Mestre Fidelis); ma questi del Movimento hanno ideato un nuovo stemma anche per Venezia (compito che a rigor di termini dovrebbe essere semmai dei veneziani; e comunque, non ce n’è già uno bell’e pronto?): una testa di leone vista di fronte, dalla quale spuntano due ali spiegate, e sotto un libro aperto con la scritta “Venezia autonoma” – tanto per ribadire il concetto, e non “Pax tibi Marce” ecc.
Benché non abbia trovato riferimenti espliciti, mi accorgo che il presidente del Movimento è lo stesso avvocato mestrino che quest’estate ha presentato pubblicamente l’Associazione Culturale “Città di Mestre”. I nuovi autonomisti mestrini lavorano dunque su più terreni: assieme all’iniziativa strettamente politica, c’è l’intervento in campo culturale; hanno capito l’utilità di elaborare e proporre una specifica narrazione di Mestre e del suo passato che conferisca una legittimità storica alla richiesta di separazione amministrativa. A questo punto mi sembra davvero strategica la presenza del patrocinio della municipalità Mestre-Carpenedo del Comune di Venezia all’iniziativa di settembre.
La sera sono al teatro Momo a un concerto dedicato a Giovanna “Iris” Daffini, una delle interpreti più significative della nostra canzone popolare, voce di spicco del Nuovo Canzoniere Italiano. I Grimoon, una band franco-veneziana, propone un proprio brano, La compagnie de chats noirs. Il gatto nero fa parte della simbologia anarchica, in particolare degli anarco-sindacalisti americani, a rappresentare l’azione diretta e il sabotaggio. Prima dell’esecuzione, il cantante la dedica a tutti noi del pubblico, dice di essere felice di stare in mezzo a tanti gatti neri, se siam lì ad ascoltare è perché anche noi lo siamo certamente, dei gatti neri. Penso a me e mi guardo intorno, in tanti siamo sulla sessantina, parecchie signore, prima dello spettacolo le sentivo parlare di figli, cene e cinema. Pubblico “pensante”, certamente di sinistra, anche intellettuale e impegnato, ma l’azione diretta, il sabotaggio…
13 ottobre 2013
Esistono realtà dell’antagonismo sociale e politico anche a Mestre. Nello spazio fisico della città, la loro presenza è marcata da alcuni luoghi che esse hanno eletto a spazio permanente di comunicazione e propaganda, a mezzo di volantini e manifesti murali. Sulle colonne del portico di via Fapanni prima di via Pio X e su quelle della palazzina sul lato opposto al Centro Le Barche di piazzetta Coin hanno dovuto confrontarsi con l’ostilità dei proprietari, e così non sono più frequenti come un tempo. Possono invece rimanere relativamente indisturbati sull’angolo dell’edificio abbandonato della vecchia posta – dove un tempo il negozio Salviato vendeva biciclette – all’inizio di Piazza Barche. Oggi, accanto ad alcuni volantini contro il MUOS in Sicilia, campeggia un manifesto a colori, che raffigura braccia che si intrecciano fra le sbarre di una cella, a sostegno della protesta di un “coordinamento dei carcerati” da parte di “compagne e compagni solidali”. È un universo dunque, quello antagonistico, informale e magmatico, mutevole nelle aggregazioni ma anche vago nelle proprie autorappresentazioni. Mi sovviene che pure nei primi anni Settanta molti ciclostilati del movimento recavano firme altrettanto generiche di questa.
16 ottobre 2013
Al semaforo di via Miranese con via Piave un uomo chiede l’elemosina agli automobilisti in fila. Lo noto perché non ha per niente l’usuale apparenza e l’atteggiamento che puoi aspettarti da un mendicante. Di mezza età, ha un aspetto curato, coppola in testa, indossa un giubbotto in buono stato, regge sulla schiena per i manici un borsone modello griffato. Passa rapido da una macchina all’altra, l’aria seria, non supplica, non pietisce. Non so se sia italiano o straniero, sono in auto e al verde devo ripartire in fretta.
19 ottobre 2013
Tra i due passaggi a livello di via Gazzera Bassa, a un passo dal viadotto della tangenziale e dei binari della ferrovia per Treviso, c’è una casetta vecchia, bassa, leggermente rialzata sul piano stradale, con tre gradini che salgono all’ingresso e un vistoso abbaino sul tetto. È la sede della “Giovane Montagna”, associazione alpinistica, leggo nel sito, di ispirazione cattolica, nata a Torino nel 1914. A Mestre l’associazione esiste dal 1947 e conta circa 150 iscritti. A memoria mia, questa casetta me la ricordo sempre d’aspetto trascurato, i muri scrostati e grigiastri per la polvere e lo smog. Oggi però, passando di là, l’ho scoperta tinteggiata di fresco, tirata a lucido, come rimessa a nuovo. I muri sono stati pitturati di bianco, le cornici delle finestre di grigio, il portoncino di un rosso vivo. Sulla parete di sinistra del piccolo andito in cima agli scalini d’ingresso una discreta mano ha dipinto un idillico paesaggio montano. Soltanto più tardi mi sono reso conto della simbologia: gli infissi delle finestre sono a bande rosse e bianche, gli stessi colori dei cartelli indicatori sui sentieri di montagna. La sola cosa rimasta come prima è l’insegna sopra la porta con il nome dell’associazione e della sezione, ma qualcuno in vena di ironia ci ha appiccicato su un angolo un foglio A4 con su scritto a penna “BRUTTA INSEGNA PROVVISORIA (finché qualcuno farà di meglio)”. Il fatto che “brutta” sia cancellata e il commento tra parentesi fanno pensare a ripensamenti, o a una discussione in corso all’interno dell’associazione.
21 ottobre 2013
Al semaforo della ciclabile tra via Fapanni e via San Pio X tutti passano con il rosso, solo il ragazzino bangla aspetta paziente che ritorni il verde. Chi arriva alle spalle deve dribblarlo con una gimcana. Mentre attraverso, mi tocca arrestarmi di colpo per non essere investito da una donna in bici.
26 ottobre 2013
Pomeriggio di sabato. In piazza: il gazebo del Movimento 5 Stelle per un sondaggio sui lavori di piazzale Roma (il volantino in distribuzione è fortemente polemico verso il Comune, l’intonazione è sarcastica); quello degli ateisti impegnati nella campagna per lo sbattezzo; quello dei venetisti con le bandiere del Leone di San Marco. Davanti a Coin il gazebo di raccolta firme per l’ennesimo referendum sulla separazione amministrativa tra Mestre e Venezia. Una proliferazione di iniziative politiche concomitanti, una simultanea variegata campagna d’autunno. Niente che sia nuovo, che non sia già stato visto. Tranne che in un caso, per il tema e per la forza evocatrice della formula, per la rara capacità di mobilitare insieme ragione e sentimento. In piazzetta Coin la Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, associazione degli avvocati penalisti, ha sistemato la riproduzione a grandezza naturale di una cella carceraria. Così la “Giornata per sensibilizzare i cittadini sulla drammatica condizione dei detenuti in Italia” acquista, con la “cella in piazza”, un inusitato impatto emotivo. Si entra nella cella, una per quattro persone, ci si muove con impaccio nello spazio fra i due letti a castello, l’armadietto, un tavolinetto, gli scagnelli, il locale è angusto, claustrofobico, e dentro in questo momento siamo solo in due. Un loculo, un bugigattolo, quattro persone in piedi contemporaneamente possono rimanere soltanto a condizione di stare fermi o – come succede in genere – distesi sulla branda. Prigionieri due volte, del carcere e dei loro corpi. Noi si esce fuori quasi subito, loro ci passano chiusi dentro venti ore al giorno.
27 ottobre 2013
Una coppia di vigili fa sloggiare il mendicante davanti al negozio Tezenis di Via Allegri mentre attorno i ciclisti pedalano nell’area pedonale.
29 ottobre 2013
Al semaforo il venditore bangla di rose, con aria sconsolata, quasi si scusa: “non c’è lavoro!”.
4 novembre 2013
Per entrare nella profumeria di piazzale Candiani bisogna suonare il campanello e farsi aprire. Come nelle gioiellerie. Dentro c’è una sola commessa, una ragazza.
5 novembre 2013
La prima cosa che noto è il ritratto della Madonna appeso al bordo del tavolino, coperto da una tovaglia azzurrina. In piedi dietro il banchetto, immobile, c’è una suora. Sta là, davanti al Centro Le Barche, per raccogliere fondi per il suo convento, come sta scritto su un foglio in bella vista. Una scatola di cartone posata sul tavolino aspetta le offerte.