di Renato Zangheri, a cura della redazione del sito sAm
Per i nostri auguri di buon Primo Maggio, riprendiamo alcune pagine della Storia del socialismo italiano di Renato Zangheri (1925-2015), sulle origini della festa dei lavoratori e delle lavoratrici, 120 anni fa.
La storia del I° maggio è nota nelle sue linee generali. Fin dal 1832 e 1833 si era sviluppato in Gran Bretagna un movimento per la giornata lavorativa di otto ore […]. Nel 1855 in Australia si ha un primo successo. Alcune categorie di lavoratori di Sidney e Melbourne, in particolare dell’edilizia, ottengono le otto ore, e indicono per l’anno successivo, il 21 aprile, una manifestazione per estendere la conquista a tutti i mestieri. Su una grande bandiera issata in un parco di Melbourne è scritta la formula, che già era circolata in Inghilterra: «Otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di riposo».
L’Associazione internazionale dei lavoratori aveva proposto nel suo congresso di Ginevra del 1866 le otto ore come limite legale della giornata lavorativa, soprattutto in base a considerazioni relative alla salute e allo sviluppo intellettuale degli operai. […]
Solo negli Stati Uniti, negli anni ’80, il movimento per le otto ore acquista una vera diffusione; vi prendono parte associazioni operaie, socialiste, anarchiche. Il I° maggio era il giorno in cui tradizionalmente venivano rinnovati i contratti e gli affitti. Alcuni fra i maggiori sindacati indicono per il I° maggio 1886 un grande sciopero nazionale. A Chicago, la città americana che conosce in quegli anni la crescita più rapida, manifestano senza incidenti 80.000 persone. Il 3 maggio si tiene nei pressi di una fabbrica un comizio contro numerosi licenziamenti seguiti ad una vertenza sul lavoro. La polizia apre il fuoco, vengono uccisi quattro lavoratori. L’indomani, nel corso di una manifestazione di protesta una bomba esplode in mezzo ai poliziotti, uccidendone uno e ferendone molti altri. I poliziotti sparano provocando altre vittime. Otto militanti sindacali anarchici sono processati come responsabili dell’attentato: giudicati colpevoli, mentre proteste e appelli per la loro salvezza salgono da ogni paese, quattro di essi, Albert Parsons, August Spies, George Engel e Adolph Fisher, sono impiccati l’11 novembre, Louis Lingg è trovato morto in cella alla vigilia dell’esecuzione, Samuel Fielden e Michael Schwab hanno commutata la pena nell’ergastolo, Oscar Neebe è condannato a quindici anni di lavori forzati. Nel 1893, dopo una grande campagna internazionale, il governatore dell’Illinois riconoscerà l’innocenza degli imputati. Gli anarchici impiccati, i «martiri di Chicago», divennero in molti paesi il simbolo della lotta per le otto ore.
[…]
Al congresso sindacale internazionale di Londra del 1888 il delegato belga Edouard Anseele propose di dedicare ogni anno la prima domenica di maggio ad una giornata di lotta dei lavoratori per gli obiettivi comuni, a partire dalla conquista della libertà di associazione in tutti i paesi. Nello stesso anno, l’American Federation of Labor fissò per il I° maggio del 1890 una giornata di mobilitazione per la conquista graduale delle otto ore, e inviò nel 1889 un proprio rappresentante a Parigi per chiedere la solidarietà del movimento operaio internazionale.
[A Parigi un congresso socialista internazionale «marxista», nel luglio 1889, presentò una risoluzione per una grande manifestazione da tenersi in simultanea in tutti i Paesi il I° maggio 1890.]
In Italia la notizia della manifestazione internazionale giunse attraverso una corrispondenza inviata da Andrea Costa, delegato a Parigi […].
La «particolare situazione di ciascun paese» conferì alla giornata del I° maggio 1890 caratteri diversi, non tanto però da diminuirne il valore unitario. Le principali divergenze riguardarono la scelta della data, se dovesse essere il I° maggio o la prima domenica di maggio: in questo secondo caso si sarebbe rinunciato a indire uno sciopero generale. L’entusiasmo era grande fra i lavoratori, i preparativi si intensificavano come per un contagio, prevalevano, contro il parere degli anarchici che volevano trasformare la manifestazione in una sommossa, le posizioni pacifiche, cresceva tuttavia l’allarme delle autorità; «misure energiche» venivano prese in Germania, in Austria, in Francia, in Italia per reprimere scioperi e cortei.
La data era particolarmente favorevole. Il I° maggio si celebrava da tempi immemorabili la festa della vegetazione. Non sempre il cristianesimo aveva approvato e fatta propria questa consuetudine. San Carlo Borromeo […] l’aveva osteggiata perché si poteva distinguere in essa la presenza di tradizioni pagane. […]
Ma vennero trovati con il tempo accomodamenti e compromessi. La Chiesa inserì nella sua liturgia le pratiche per la protezione e l’abbondanza dei raccolti. La Madonna sostituì le regine di maggio. Maggio diventò il «mese mariano», con i suoi riti e le sue devozioni.
Era un terreno profondamente scavato quello su cui i socialisti ponevano la festa del lavoro, il terreno dell’immaginario popolare, dei riti agrari, del culto religioso. Tanto maggiore risalto acquistavano su questa complessa base culturale le rivendicazioni che vennero avanzate delle otto ore, del suffragio universale, della libertà di associazione, della pace. Si ridestarono speranze millenarie, avvolte nei rituali della festa.
Erano quei riti «essenzialmente una metafora»? E questa metafora venne solo accettata «per la sua utilità pratica»? Abbiamo forti dubbi che il problema della sacralizzazione dei comportamenti e delle ricorrenze nel movimento socialista si possa risolvere con la semplice ipotesi della strumentalità. Poiché quei socialisti, si argomenta, erano atei e positivisti, il loro ammantare le feste di ritualità religiosa, e anzitutto quella del I° maggio, poteva non essere strumentale? In questa tesi si confondono, intanto, i dirigenti con le masse; ma soprattutto si evita di spingersi in quegli spazi psichici non riducibili a una precisa fede religiosa, e ad una coerente convinzione laica, spazi oscuri, solcati da esperienze culturali anteriori, difficili da sondare con i comuni strumenti della ricerca storica, non però impenetrabili.
È singolare come i voti e le attese sorsero al primo annuncio. Il nome di «vera pasqua» viene subito congiunto alla data del I° maggio. Scriverà Prampolini [nel 1892]: «[…] Il I° maggio! quello sarà il giorno della vera pasqua, della redenzione dei lavoratori». E Costa nel numero unico I° maggio 1892, pubblicato a Venezia: «C’è una pasqua pei cattolici; ci sarà, da ora in poi, una pasqua per lavoratori».
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Il risultato delle manifestazioni fu in molti paesi straordinario e sorprendente. […]
In Italia, nonostante la proibizione decretata dal governo Crispi, l’imponente mobilitazione della polizia e dell’esercito, gli arresti preventivi e le cariche per disperdere i cortei, la manifestazione si volge non senza successo, su parole d’ordine comuni.
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È difficile rendere con una semplice cronaca il risultato della giornata, che ebbe risonanze profonde. I giornali furono inondati di notizie interne e internazionali. […] Erano […] folle immense. Che cosa le univa e le motivava? Se provassimo ad analizzare, a scomporre […] troveremmo una infinita gamma di spiegazioni, ma non capiremmo il dato fondamentale, l’ispirazione comune. Era una risposta generale, quanto più possibile, ad una esigenza maturata dall’Europa all’America […]: l’esigenza del proletariato di emergere e di imporsi come attore sociale, di unirsi per contare, di manifestare per dare una voce alle speranze tante volte frustrate.
Questa esigenza era stata colta dagli ultimi congressi internazionali socialisti, ed era evidente da anni. Ma con il I° maggio la risposta oltrepassa ogni tendenza particolare. E sarà soprattutto dei socialisti, ma non solo, sarà degli anarchici, dei repubblicani, più tardi dei cattolici e di intere popolazioni. La ragione di questa capacità espansiva sta nella maturazione dei tempi, ma anche in ciò che la giornata si colloca, con intuizione geniale, in un luogo perenne dell’umanità, il luogo dei maggi, delle rinascite, della riproduzione della vita. Il dibattito sulla data è carico di questi richiami. Anche l’oscillazione delle intenzioni, giorno di festa, giorno di lotta, rassegna delle forze, richiesta di concessioni, proclamazione di un diritto, rivela l’ampiezza del significato più che l’incertezza delle spiegazioni.
È da pensare che quelle notizie straordinarie, che giungevano da tante parti, avranno persuaso anche i più umili e i più isolati di appartenere a un grande movimento, che aveva con sé la ragione e la forza, e dava il coraggio di combattere una battaglia che era stata fino allora impari e in alcuni paesi disperata.
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Su questa onda si inserì la decisione di ripetere la giornata negli anni successivi […]. […]
Ormai l’immagine di una giornata di risveglio insieme naturale e sociale ha acquistato i suoi contorni. E leggendo queste parole, questi documenti, ci convinciamo che non è per un errore di prospettiva storica se attribuiamo a quei primissimi anni la scoperta di una gran parte dei motivi che il I° maggio ha assunto. Subito questa giornata è stata quella che conosciamo, anche se dapprincipio si è svolta in alcuni paesi, e pure in Italia, più al chiuso che all’aperto, e se non ha guadagnato nei primi anni il respiro delle grandi piazze. Ma a questo mirava e riuscì a giungervi.
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Nel 1891 il carattere di massa della giornata venne confermato e ampliato. Una celebrazione clandestina si tenne per la prima volta in Russia, a Pietroburgo. In Austria e in Belgio venne indicato accanto alle otto ore l’obiettivo del suffragio universale. Manifestazioni ebbero luogo in Brasile, in Australia. Un ruolo più attivo delle donne appare in primo piano in Italia: scioperano le operaie delle manifatture tabacchi di Roma, Firenze e Venezia.
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[L’]esito più importante è che il I° maggio introduce una cesura nel tempo, entrando nel calendario […]. «Un potere nascente che voglia affermarsi – ha scritto Elias Canetti – deve procedere a un nuovo ordinamento del tempo». Non credo, non so, se l’autore di Massa e potere pensasse a un potere che si instaura dal basso, dalle masse. Ci suggerisce in ogni caso una connessione, che in un’Italia povera di date nazionali, ebbe forse più che altrove un senso di affermazione civile oltre che sociale e di classe.
Nota. Tratto da Renato Zangheri, Storia del socialismo italiano, vol. 2, Dalle prime lotte nella Valle Padana ai fasci siciliani, Einaudi, Torino 1997, pp. 404-408, 416, 420-421, 422-423, 424, 431-432.
Potendo, si veda tutto il paragrafo dedicato al Primo Maggio (pp. 403-434) all’interno del capitolo VI, Cultura e politica. I miti e le masse (pp. 369-434).
Non ci sarebbe stato possibile sistemare questa piccola antologia senza l’aiuto di amici. Come si fa a verificare un testo o un numero di pagina quando le biblioteche sono chiuse (o mal fornite)? Non tutto è disponibile in rete, e quel molto che c’è non è sempre accessibile a tutti. Allora bisogna pensare a chi può avere il libro in casa, scrivere o fare telefonate, avere la fortuna di trovare la persona che oltre al libro ha la pazienza di fare le verifiche per te e spedirti le risposte. Per il Primo Maggio 2020, trascorso ancora nella “fase 1” della quarantena per il coronavirus, un pensiero grato ad amici e compagni, e un pensiero anche alla necessità di avere buone biblioteche pubbliche (e di trovare un modo per riaprire al più presto intanto quelle che ci sono).
domenico canciani dice
grazie storiAmestre per questo bell'articolo. tante cose non sappiamo, non ricordiamo, facilmente dimentichiamo. ma quest'anno risuona di più questa connessione tra festa dei lavoratori per le 8 ore e rinascita della natura. In Francia, mi dice la prof., regalano mughetti il primo maggio, come noi la mimosa 8 marzo… un invito antico e attuale a rinnovare e cambiare i rapporti sociali, produttivi e con il pianeta e la natura.