di Carlo Cappellari
Il nostro amico e socio Carlo Cappellari continua l’esplorazione del quartiere dove abita durante la fase 2, quella della “convivenza con il virus”.
Un mulino a Carpenedo
Carissima Compagnia Gongolante,
da quando è iniziata la fase due ed è diventato possibile visitare i congiunti i rapporti fra mia moglie e la nostra vicina di pianerottolo si sono intensificati sul presupposto che il fatto di avere un pianerottolo che congiunge i nostri due appartamenti faccia di loro due “congiunte”. Hanno iniziato, quindi, a fare insieme una passeggiata quotidiana sempre nel rispetto del distanziamento personale e rigorosamente mascherate.
La vicina conosce il dedalo di viuzze a nord del nostro caseggiato molto meglio di mia moglie e quindi è lei che traccia itinerari vari e sempre diversi. Venerdì sera, di ritorno dal giro quotidiano, mia moglie mi ha annunciato di aver visto un mulino con tanto di ruota e di aver parlato con il proprietario dicendogli che io sono un appassionato e che mi avrebbe portato in visita il giorno successivo.
Dovete sapere che non tutti i mulini stanno lungo i fiumi e in particolare a Mestre ve ne furono due che non avevano nulla a che spartire con il Marzenego (anche se potete trovarne informazioni in un volumetto intitolato Il Marzenego. Vivere il fiume e il suo territorio, vecchia pubblicazione – risale al 1985 – promossa dal Comune di Venezia-Assessorati al decentramento e all’ecologia, da un Gruppo di ricerca sul Marzenego e dell’allora Consiglio di Quartiere 14, Cipressina-Zelarino-Trivignano).
Entrambi si trovavano in prossimità del ponte che attraversava il fossato lungo le mura di Castelvecchio davanti a Porta Altinate, di cui sono rimaste le tracce sulla pavimentazione al gomito di via Caneve.
È un resto da distinguere bene dal torresino che invece sta all'angolo fra via Parco Ponci e piazzale di porta Altinate meglio noto come Parco Ponci.
Le acque che alimentavano i due mulini pubblici di Mestre venivano dal Dese attraverso un canale che attraversava proprio il territorio di Carpenedo. Stai a vedere che, se il canale portava tanta acqua da alimentare due mulini a Mestre, magari ne metteva in moto uno anche a Carpenedo.
In effetti so che a Carpenedo ce n’è stato uno: il mulino Zajotti in via del Rigo, di cui ho letto qualcosa nel volume di Claudio Pasqual e Mauro Pitteri, Mestre tra Ottocento e Novecento (Canova, Treviso 2003, p. 126). Tempo fa avevo contattato un discendente della famiglia, che mi ha raccontato che il mulino in realtà era alimentato a energia elettrica. Nelle cronache famigliari in quanto fu una infelice e brevissima iniziativa imprenditoriale del nonno, il critico letterario Adolfo Zajotti.
Via del Rigo costeggia villa Zajotti e di fronte al gigantesco esemplare di sophora japonica inizia via Vallon e proprio di via Vallon mi aveva parlato mia moglie. Sarà stato quello il mulino che aveva visto? Qualche traccia che mi era sfuggita?
Sabato, per scoprirlo, ho dovuto aspettare il pomeriggio. Sono uscito con mia moglie, sostituendo la sua usuale congiunta, abbiamo imboccato via Vallon percorrendola per circa 400 metri fino al pino capitozzato dove inizia via delle Cave, che secondo googlemaps non esiste.
Appena entrata si è girata verso di me e mi ha indicato sulla destra il bellissimo ancorché capitozzato, pino cembro dicendomi: “siamo arrivati”.
Proprio sotto il cembro c’è il mulino, che per la verità è un po’ una escrescenza del tronco.
Sull’altro lato del tronco c’è un presepio stabile la cui fattura richiama però molto quella di un “casone” dato il caratteristico tetto di paglia.
Mia moglie ha suonato il campanello e il padrone di casa è uscito a prendersi i meritati complimenti per la sua opera. Ci ha anche aperto l’acqua che alimenta il corso d’acqua facendo girare la ruota. L’accento del signore mi sembrava caratteristico e per niente napoletano (malgrado il presepe): ci ha raccontato che era nato a Pellestrina, ultimo di otto fratelli, ma suo padre era di Arzerello nel piovese ed era approdato a Pellestrina in quanto infermiere all'ospedale; a Pellestrina aveva conosciuto la moglie che era di Mirano ma che andava a trovare i nonni all’isola d’estate.
Da lì è stato tutto un narrare di ricordi. E io mi sono ritrovato a pensare al Quaderno di Giannarosa Vivian, con le sue zie di Pellestrina.
Basi grandi
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