di Licisco Magagnato
Sono da poco disponibili al pubblico ottantatré lettere che si scambiarono Licisco Magagnato e Luigi Meneghello, edite da Francesca Caputo e Ettore Napione sotto il titolo «Ma la conversazione più importante è quella con te». Lettere tra Luigi Meneghello e Licisco Magagnato (1947-1974), (Cierre, Sommacampagna-Verona 2018). La ricorrenza del giorno dei morti ci offre il pretesto per riprendere alcuni brani di una lettera di Magagnato a Meneghello datata 2 novembre 1954.
Caro Gigi,
Appena ricevuta la tua lettera così appassionata e nostalgica – oggi è anche il giorno dei morti, con un bel sole di San Martino che fa bene sperare delle elezioni americane e degli incassi arretrati in vista – sento il bisogno di scriverti con altrettanta foga autobiografica.
[…] ieri, girando sotto un bel sole tiepido per il Cimitero, facevo il solito elzeviro che, per fortuna non scrivo mai lasciandolo diventare concime dentro – oh, non più di uno schitto di merlo, s’intende – e che ora ti riassumo per chiamarti un po’ vicino al mio attuale stato. C’era una gran quantità di gente lieta e indaffarata, com’erano lieti e indaffarati nei giorni dei morti solatii gli attuali visitati: con questo bel clima tutti esprimevano la gioia di girare, tanto più che hanno asfaltato i vialetti e perciò c’è meno fango ai piedi e meno sassolini traditori sotto i portici. […] ero senza mio figlio, che da una settimana aspettava la gran festa di questa sua prima visita nel giardino ignoto; c’era stato la mattina con la Lidia1, una delle poche terrorizzate dal luogo, che fantasticava nella vana ricerca di una tomba piacevole di vetro, coi buchi, per immarcescibili persone fresche, senza solitudini ed inutile fracasso. Ma di tali stati d’animo americani – e non lo dico con sottintesi negativi, ma solo pensando alle infantili e vergini malinconie dei personaggi medi della commedia americana – di tale paura primitiva e pre-religiosa nessuno ieri era vittima nel nostro camposanto. E per tornare ai personaggi che più mi colpirono, c’erano più borghesi che popolani, ma tra questi una bella famigliola di una troietta dei nostri tempi con sua madre e suo marito, che di fronte ad una nuova tomba di bambini, uscirono in una commossa esclamazione “che bei angioleti”, nel più schietto spirito Maison Tellier: e, per completare il quadro, non so se ricordi la portinaia del casino dei torretti quella con la grande zazzera tinta di nero fumo e inchiostro blu, girava lentamente nell’aiola delle suore, non so se per un richiamo ancestrale o alla ricerca di una sorella sepolta. In mezzo a tutto questo bel campomarzo di gente non si poteva naturalmente pensare ai morti col trepido affetto di un padre al letto del figlio malato; anzi non riuscivo nemmeno a sentire il rimorso che mi prende talora a vedere come mi sono consolato della morte di mio padre, lui che si ammalò a vedermi dallo spioncino della cella di sicurezza, e che s’inumidiva gli occhi ogni volta che pensava alla poliomielite2. Ma era, credo, lo stato di pienezza dell’età che ti dicevo.
Nota. Lettera di Licisco Magagnato a Luigi Meneghello, datata 2 novembre 1954, ora in «Ma la conversazione più importante è quella con te». Lettere tra Luigi Meneghello e Licisco Magagnato (1947-1974), a cura di Francesca Caputo e Ettore Napione, Cierre, Sommacampagna-Verona 2018, pp. 186-189, i brani citati alle pp. 186-187.
Licisco Magagnato (1921-1987), storico dell’arte e direttore del Museo Castelvecchio di Verona dal 1955 fino al 1986, fu nel gruppo antifascista animato da Antonio Giuriolo e partecipò alla Resistenza nel Veneto, militante nel Partito d’Azione. Nei libri in cui Luigi Meneghello (1922-2007) ha raccontato queste vicende (I piccoli maestri e Bau-sète!), Magagnato compare sotto il suo nome da partigiano, ovvero “Franco”.