di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Terzo appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol. Dove, tra le altre cose, si precisano i rapporti di Alain con la pioggia. Nato in Normandia e vissuto a lungo tra Normandia e Bretagna prima di trasferirsi a Parigi, ne parlava con cognizione di causa. I link alle puntate precedenti si trovano in fondo all’articolo.
Stoicismo, di Alain
Può essere che abbiamo frainteso gli stoici più famosi, come se ci insegnassero solo a resistere ai tiranni e ad affrontare i supplizi. Quanto a me, nella loro saggezza virile vedo più di un utilizzo possibile, anche solo contro pioggia e temporali. Come è noto, la loro riflessione consisteva in un movimento teso a distaccarsi da un sentimento penoso e a considerarlo come un oggetto dicendogli: «Tu fai parte delle cose, non di me». Al contrario, coloro che sono del tutto privi dell’arte di vivere come re su uno sgabello lasciano che il temporale entri in loro: «Sento il temporale in lontananza; sono impaziente e turbato assieme. Tuona dunque, cielo!» Per chiamarlo col suo nome, questo è un vivere da animali, con il pensiero per soprammercato. Perché, stando alle apparenze, l’arrivo del temporale modifica l’animale in tutto il suo essere, non diversamente dal modo in cui, in pieno sole, una pianta si incurva all’ingiù, mentre all’ombra si raddrizza; l’animale però di tutto questo sa ben poco, proprio come noi, nel dormiveglia, non sappiamo se siamo felici o tristi. Questo stato di torpore è buono anche per l’uomo ed è sempre riposante, anche nei momenti di maggior travaglio, a patto che l’infelice si rilassi completamente. Intendo alla lettera: bisogna che tutte le membra siano ben appoggiate e che i muscoli siano rilassati; esiste un’arte di comprimerli a riposo, che è una sorta di massaggio interiore e che è l’opposto della contrazione, causa di collera, insonnia e ansia. A coloro che non riescono ad addormentarsi dico volentieri: spaparanzatevi a gatto morto.
Ora, se non si è in grado di discendere a questa condizione animale, che è poi l’essenza della virtù epicurea, è necessario allora svegliarsi con decisione e in qualche modo balzare fino alla virtù stoica. Sia l’una sia l’altra son buone: è la via di mezzo che non vale niente. Se non si è in grado di sprofondare nella condizione temporalesca o piovosa, bisogna allora respingerla, staccarsene; dire: è pioggia, è un temporale, non sono io. Più difficile, senza dubbio, quando si tratta di un rimprovero ingiusto, di una delusione, di una gelosia. Queste bestiacce vi si incollano addosso. Alla fin fine però bisogna azzardarsi a dire: «Non c’è da sorprendersi se dopo una delusione simile son triste: naturale come la pioggia e il vento». Questo consiglio irrita i passionali, i quali si vincolano, si legano da soli, abbracciano i loro travagli. Li trovo identici a quei bambini che strillano come somari e che, accorgendosi della propria stupidità, si irritano ancor più e strillano più forte. Potrebbero liberarsi da soli dicendosi: «Non è niente: è solo un bambino che strilla». Ma non sanno ancora vivere. Del resto l’arte di vivere è troppo poco conosciuta. Tuttavia, sono convinto che uno dei segreti della felicità è essere indifferenti ai propri umori: se disprezzato in tal modo, l’umore ricade nella propria vita animale e si ritira come un cane si ritira all’interno della propria cuccia. Ecco, a mio avviso, uno dei punti più importanti della morale pratica: distaccarsi dai propri errori, dai propri rammarichi, da tutte le miserie della riflessione. Dire: «Questa collera passerà quando lo vorrà». Come un bambino che nessuno sente strillare, passerà all’istante. George Sand, che aveva testa, ha ben rappresentato quest’animo regale in Consuelo, opera potente, troppo poco letta.
31 agosto 1913
[Stoïcisme, in Propos sur le bonheur, Gallimard, Paris 1985, pp. 153-155, traduzione di Giacomo Corazzol]
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