di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Cominciamo l’anno nuovo con il filosofo francese Alain letto e tradotto a Giacomo Corazzol. Con un pensiero particolare rivolto a tutti gli impiegati.
Bando ai convenevoli, di Alain
È inutile inveire, e non riesco a sopportare i luoghi comuni che si leggono e sentono dappertutto a proposito del venir meno della disciplina. È evidente che attorno a noi sta avvenendo un grande cambiamento. È evidente che il rispetto per le istituzioni – intendo dire un rispetto tutto fondato sulla gerarchia – è all’incirca morto. Ormai anche l’ultimo degli impiegati non esita a giudicare i propri capi. I padreterni non sono più salutati come una volta. È forse un male per la disciplina? Questo bisognerebbe esaminare.
Cominciamo col dire che era per i pigri che il rispetto costituiva una risorsa. La lusinga e i modi servili piacevano a tutti i capi – o, se non proprio a tutti, poco ci mancava. E diciamo pure che le maniere di una persona determinano i nostri sentimenti anche quando non sarebbe il caso: se appena ha un po’ di senso della misura, un uomo educato ci piace. Anche i complimenti ci piacciono: il più diffidente in tal senso si lascia irretire dieci volte al giorno. Ed è a forza di convenevoli e di lusinghe che spesso, contro ogni previsione, gli scrocconi ottengono ciò che desiderano. Questo meccanismo era ben compreso da qualsiasi impiegato senza scrupoli che avesse bisogno di farsi perdonare qualcosa o di chiedere un permesso. Si aggiunga poi che chi ha troppe mancanze da rimproverarsi non si leva contro le ingiustizie apertamente e con vigore. Qualsiasi spettacolo di piccoli intrighi o che mostri il trionfo dei pigri è di per sé corruttore, perché quelli che fanno il lavoro per gli altri e che lo fanno senza nutrire alcuna speranza presto si accorgono di essere stati ingannati. È in questo modo che, sotto il mantello del rispetto, la disciplina va perduta senza che i superiori se ne accorgano. Questa tradizione amministrativa è riassunta in due formule: «Niente zelo» [frase che, a quanto si dice, Charles-Maurice de Talleyrand – il famoso ministro che fu al servizio di Luigi XVI, della Rivoluzione, di Napoleone e infine dei Borboni restaurati – era solito rivolgere ai suoi sottoposti, NdR] e «Niente storie». Detto altrimenti: «Lavorate poco». Tutta una serie di giochi di raffinatezza per schivare le sanzioni e rispetto quanto se ne voleva. È evidente che questo spirito è oggi un fossile, buono solo per i musei. È forse un male? Dobbiamo forse piangere?
Voglio però condurre ancor più lontano quest’uomo rispettabile che mugugna per mali immaginari. «Chi stimate di più? – gli direi. Chi volete per amico? Un uomo che fa inchini troppo profondi? Un uomo che va a fare visite di ossequio alla moglie del suo capo? Un uomo che esprime le proprie opinioni solo dietro a porte ben chiuse? Un uomo che pensa meno al lavoro che fa che all’opinione che ne fornisce? O, al contrario, un uomo libero e anzi perfino frondista nei suoi discorsi; un uomo che preferisce attendere ciò che gli spetta un po’ più a lungo piuttosto che andare a lusingare e a sollecitare; un uomo che denuncia senza mezzi termini un’ingiustizia di cui è stato testimone; un uomo che, una volta fatto – e fatto bene – il proprio lavoro, respinge con vigore tutti i rimproveri che ritiene immeritati; un uomo che giudica i suoi simili non sulla base del potere che hanno ma sulla base dei loro meriti; un uomo che ha della dignità, magari persino un po’ troppa? Questo è l’uomo che preferite, è evidente. Ebbene, fate qualcosa per lui invece di favorire sistematicamente bassezza e ipocrisia, persino contro i vostri stessi sentimenti».
2 gennaio 1912
[Alain, Les propos d’un normand de 1912, Institut Alain, Paris 1998, pp. 6-7, traduzione di Giacomo Corazzol; il titolo è redazionale]