di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Quarto appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol.
Discorso (socratico) di un semplice cittadino, di Alain
Il libero pensiero è invincibile: l’esempio di Socrate lo prova quanto basta. Più che ucciderlo non si è potuto fare. Cosa volete fare di un uomo che per prima cosa annuncia di non sapere nulla e di sapere di non sapere nulla? Che fare di un uomo che, per quanto gli è possibile, sta dove gli è stato insegnato di stare e pone delle domande, passando al setaccio le risposte, senza essere mai soddisfatto? Gli darete del tardo di spirito: vi risponderà che lo sa fin troppo bene. Gli direte che vede difficoltà là dove tutti gli altri non ne vedono. Vi dirà: «Tanto meglio per chi capisce in fretta. Ma è forse una buona ragione perché io mi arrenda prima di aver capito?»
Su questo punto qualche grande sofista – il che significa qualche oratore, giurista, sapiente – lo riprenderà dicendogli: «Chi sei tu dunque per immischiarti in questioni di diritto, giustizia, felicità, sulle quali mostri di essere così impreparato? E così uno spirito gracile come il tuo vorrebbe misurarsi con dottrine prodotte nei secoli da uomini eminenti? Vuoi giudicare di Dio, di ciò che egli permette e proibisce, dei misteri, dei sacrifici, della virtù e di cose simili benché tu stesso riconosca di essere un uomo in tutto e per tutto ignorante? Pretendi di contendere con maestri illustrissimi come se la tua limitata facoltà di giudizio dovesse regolare l’ordinamento delle città e la condotta dei cittadini. Fila a scuola, Socrate! Fila a scuola!»
Da allora questo discorso è stato fatto varie volte. E spesso il semplice cittadino rientra allora nel suo guscio e lascia dire che approva anche lui. Potrebbe però, alla maniera di Socrate, rispondere più o meno così: «Nulla mi obbliga a pensare in modo pronto e brillante. Il mio spirito è senza dubbio lento e intorpidito. Sia come sia, però, è di lui e soltanto di lui che sono responsabile. E sento chiaramente che è lui a fare di me un uomo. Non posso tradire il mio spirito: devo anzi onorarlo. Ma lo onorerei assai male e, anzi, lo tradirei, mi sembra, se dicessi di comprendere ciò che non comprendo e di ammettere ciò che mi appare falso o incerto. Nei confronti del mio spirito ho il dovere di veder chiaro nei miei giudizi e, qualora non ci veda chiaro, di dubitare. In mancanza di meglio, non c’è nulla di cui vergognarsi nel dubitare: voi stessi siete ben lontani dal saper tutto. Vergognoso, al contrario, sarebbe se voi o io dessimo per certa una dottrina che ci sembrasse solo vantaggiosa, o solo verosimile.
Questo vuol dire ingannare gli altri e, a volte, anche ingannare se stessi, che forse è anche peggio. Ecco dunque perché non dirò mai di essere d’accordo con voi se non lo sono, o che mi avete convinto se così non è. Al contrario mi preoccuperò di dire a voi e a tutti che dubito, se dubito, e che un ragionamento non mi sembra buono, se non mi sembra buono. Per quanto sia ignorante, o proprio perché sono ignorante, bisogna che mi aggrappi a questo mio dovere di non riconoscere come vero nulla se non ciò che mi appaia tale con tutta evidenza.
Ho letto che questa è la regola che Cartesio si era dato, e oso dire che essa mi si addice anche più di quanto non si addicesse a lui: perché quante volte ho giudicato senza sapere? Quante volte non mi sono accodato all’opinione altrui trascinato dall’autorità, dall’interesse, dall’amicizia. Mi sono reso conto però che tutto questo non è degno di un uomo. E poi, parliamoci francamente, se prendessi per dimostrate le dottrine che voi sostenete pur vedendoci ben poco chiaro al solo scopo di ricevere le vostre lodi, o un buon impiego, non somiglierei forse a un cane che si rizza sulle zampe per ricevere uno zuccherino? Ebbene, visto che su questo punto siamo d’accordo, scelgo di essere un uomo, e sono in attesa delle vostre prove».
[Tratto da Alain, Minerve ou De la sagesse, Hartmann, Paris 1946, pp. 289-291, traduzione di Giacomo Corazzol, che ha anche attribuito il titolo al brano]
PS. Ci è stato segnalata, e segnaliamo a nostra volta con piacere, la recente pubblicazione di un volume di propos nella traduzione italiana di Anna Maria Rodari: Alain, Propositi di felicità, elliot, Roma 2013. Si tratta di una riedizione di Alain, Sulla felicità, Editori Riuniti, Roma 1992. Si veda una recensione di Franco Marcoaldi su La Repubblica di lunedì 25 febbraio 2013, p. 58.