di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Nuovo appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol.
Serve coraggio, di Alain
Serve coraggio. Che cos’è la forza senza il coraggio? Se ci si chiede cos’è mancato alla Camera dei deputati uscente e, soprattutto, ai radicali, la risposta che bisogna darsi è: il coraggio. Non nei singoli individui, ma collettivamente. La paura si acquisisce: bisogna guardarsene, bisogna armarsi contro di essa. Tutti questi uomini di sinistra sono molto intelligenti. Direi quasi che sono troppo intelligenti. Con questo voglio dire che c’è uno squilibro tra la loro cultura intellettuale e la loro forza d’animo. Sono specchi che riflettono idee.
Effetto naturale del passaggio all’irreligiosità. Certo, bisognava pur arrivare a regolare la mente sull’oggetto e, in tal modo, perdere l’abitudine di credere. Ma è anche vero che una mente priva di credenze è come una bussola che impazzisca al minimo cambiamento esterno. Aspettano troppo. Attualmente ciascuno di loro è, temo, una specie di registratore d’opinioni molto sensibile, troppo sensibile. Non fanno a tempo a riunirsi che già sono in cerca di quello che sarà l’esito di quella riunione. Insomma, ciascuno di loro misura l’influenza che gli altri esercitano su di lui, senza riflettere abbastanza sull’azione da lui esercitata sugli altri. Abitudine dell’uomo istruito, educato a rappresentarsi correttamente le realtà esteriori.
Per coloro che maneggiano le cose, sia pure. Ma qui si tratta di un universo fatto di uomini in cui ciascuno rende conto ed è responsabile del sentimento comune. È un miraggio tipico delle assemblee il fatto che ciascuno sia dominato dall’opinione del proprio vicino.
Tramite questo fatale meccanismo, un’assemblea arriva al punto di non volere nulla. I trascinatori di folle lo sanno bene. Il loro argomento è sempre lo stesso: agire su un uomo per mezzo dell’opinione che si suppone essere quella degli altri, proporgli di fare unione, chiedergli dei sacrifici e, in questo modo, indebolire subito quel poco di volontà e di coraggio che quello era sul punto di mettere sul tavolo. Non proporre nient’altro se non ciò che ha delle possibilità di essere accettato, ecco la regola sbagliata. Cominciare con delle concessioni, ecco la tattica sbagliata.
Il principale ostacolo all’iniziativa di ciascuno è questa pesante massa composta dagli altri, che è necessario rimuovere. Quest’idea, sempre troppo percepibile e troppo presente sotto forma di ronzio e di rumore, fa sì che ci si dimentichi di un’altra idea semplicissima e del tutto evidente, vale a dire il fatto che ognuno contribuisce a formare, a orientare e a innalzare questo sentimento comune. Insomma, una volontà ferma compie spesso senza fatica il passo che l’intelligenza ponderatrice riteneva impossibile.
Se nessuno osa sostenere la pace per l’ottima ragione che nessuno osa sostenere la pace, ci ritroviamo in un triste circolo vizioso: «Posso io volere e sperare in mezzo a della gente che né spera né vuole?» Se tutti hanno contemporaneamente questo pensiero, come possono uscirne? Serve dunque, da parte di ognuno, un’ostinazione eroica e un grosso sforzo, soprattutto all’inizio. Ma già sento gli ingenui deputati chiedersi: «Cosà farà questo Parlamento?» – al modo in cui si dice: «Ma domani piove?». Eh, ingenuo che sei: in questo momento si tratta di volere, non di sapere.
18 maggio 1914
[Tratto da Alain, Propos sur les pouvoirs. Éléments d’éthique politique, a cura di Francis Kaplan, Gallimard, Paris 1985, pp. 263-264, traduzione di Giacomo Corazzol; il titolo è redazionale].
Nota. Alain scrisse questo Propos all’indomani delle elezioni politiche dell’aprile-maggio 1914, che avevano registrato la vittoria della sinistra repubblicana (in particolare dei radicali) e la crescita del partito socialista (SFIO). Uno dei temi principali della campagna era stato quello della pace. Tre mesi dopo sarebbe scoppiata la prima guerra mondiale. Il presidente della repubblica Poincaré lanciò allora, il 4 agosto, l’appello per una “Union sacrée”, perché tutte le forze del paese (dai partiti ai sindacati) si unissero nello sforzo bellico. L’invito fu accettato. (Il principale esponente dell’ala pacifista, Jean Jaurès, leader della SFIO, era stato assassinato qualche giorno prima, il 31 luglio, da un nazionalista, Raoul Villain.)